La finestra sulla strada

Lo studio è l'unica stanza della mia casa, a piano terra, che affaccia sul marciapiede della strada. D'estate, quando mi trovo già dalle prime ore del mattino in questa stanza, con la finestra aperta, molto spesso e mio malgrado, sento le voci dei passanti e partecipo ai dialoghi, quando capannelli di persone si fermano proprio sotto la finestra. A volte sono solo persone di passaggio, altre volte sostano proprio sotto la finestra e altre ancora riesco a sentire le loro voci per lungo tratto. Divento testimone della vita degli altri e ascolto continuando il mio lavoro, talvolta con un sorriso sulle labbra, altre volte con disappunto quando capitano battibecchi o diverbi, altre ancora con piacevole sorpresa ad ascoltare due innamorati che si scambiano promesse. Questa mattina sono stata invitata alla conversazione di una mamma a telefono con il figlio, un bambino. Ha esordito così: "Amore mio, amore di mamma, cuore mio, quanto ti voglio bene...mangia tutta la pappa con nonna ci vediamo a pranzo..." E poi non la smetteva più di insistere con il bambino affinché le mandasse dei baci, ma non era contenta. Li chiedeva più forti, e poi altri e altri ancora. Pensavo a quanto avesse ragione Catullo a volerne cento e altri cento ancora e poi mille dalla sua Lesbia. Corsi e ricorsi poetici che si ripropongono in versione materna. Io partecipavo a quest'amore quasi tirata con forza e portata giù nella strada, stordita da questi baci continui come una filastrocca senza fine.
I baci della mamma mi hanno fatto ricordare di un altro dialogo ascoltato qualche tempo fa tra due ragazzi, due innamorati seduti sulla vespa parcheggiata che ho potuto vedere affacciandomi dopo che il dialogo si era fatto shakespeariano. Tra la finestra e la strada passano tre metri soltanto e quando mi affaccio vedo le persone dall'alto, ignare della mia presenza. La cosa un po' mi fa sorridere, e poi cerco di chiudere la finestra per non partecipare come un'intrusa alla vita che si svolge sotto i miei occhi. Ma  non posso restare barricata dietro una finestra chiusa e aprirla è indispensabile.
 
A volte non ci faccio caso se non quando vengo scossa come uno che mi dà uno spintone ad ascoltare per non poterne fare a meno. I due ragazzi, di cui parlavo prima, erano l'uno di fronte all'altra e il ragazzo chiedeva alla ragazza quanto lo amasse e soprattutto voleva sapere se lo amasse. Lei rispondeva flebilmente di sì, "tantissimo" e lui, non essendone convinto, la scuoteva come un sacco da cui far cadere qualcosa. "Ti amo, sì, ti amo!" e lui: "Che significa, devi farmi qualche esempio, non capisco, sembra quasi che mi prenda in giro!" Dopo una ventina di minuti che paludarono in questo dialogo, sentii una voce squillante e forte che diceva:" E va bene, lo hai voluto tu, ho messo la macchinetta per i denti e non posso parlare, adesso non mi vorrai più, ma io ti amo ti amo e ti amo..." Preoccupata per non sentire più nulla mi affacciai e la scena che si vedeva dall'altro era veramente incantevole: lei piangeva e lui la teneva così stretta baciandola che seguì un silenzio interminabile, incuranti dei passanti e di tutto il resto. Mi sentivo come il "deus ex machina" una burattinaia che dall'alto tendeva i fili all'occorrenza o piuttosto un' osservatrice d'onore che vedeva tutto ma non poteva partecipare. Mi sono sentita una spia! Ma assistere non sempre è piacevole. Un  signore,  in una manovra per parcheggiare, finì addosso all'altra macchina e con nonchalance la lasciò così e andò via. Il proprietario dell'altra, al suo arrivo, invocò tutti i santi aumentando la dose e l'ira al suo apparire. Non giungendo a un accordo, dovettero chiamare i vigili che portarono via l'auto e li trasferirono al comando.   
 
Qualche sera fa, verso le undici e trenta un signore si è fermato proprio sotto la finestra a parlare a telefono. Ho sentito  tutta la conversazione visto che  la mia scrivania è parallela alla finestra. Raccontava a un amico il motivo per il quale voleva lasciare la sua donna, forse la fidanzata o non saprei. Tra le cause addotte quella che la donna era insopportabile, lo controllava per non fidarsi di lui, lo opprimeva. L'amico dall'altro lato gli avrà detto che questo poteva anche significare di volergli bene non per forza di essere asfissiante, e manifestava di non essere d'accordo. Lui parlava in modo accanito come se volesse strappargli un consenso per quello che aveva intenzione di fare. Alla fine decise che se il giorno dopo la ragazza non avesse fatto quello che le diceva, l'avrebbe lasciata, dicendolo come un  verdetto.
Ancora c'è stato un inseguimento tra una ragazza e il suo ragazzo finito sotto la finestra e mentre lei strillava per non voler essere toccata, lui la schiaffeggiava. A quel punto insorsi  e lo guardai dall'alto con un rimprovero e lui mi rispose male facendomi capire di farmi i fatti miei. Allora andai a prendere una brocca d'acqua e gliela versai addosso dicendo di sparire che avevo chiamato i carabinieri. Lui credette che scherzassi, ma quando sentì la sirena voleva scappare tirandosi via anche lei, ma non ce la fece e la lasciò a terra. Poi la portarono via. 
      Vorrei traslocare al primo piano, lato interno della casa per non avere la gente dentro lo studio. Ma è una stanza così spaziosa, soleggiata, dove  ho il pianoforte, i quadri che mi piacciono e la possibilità di essere staccata dal resto della grande e dispersiva casa. Un po' mi dispiacerebbe isolarmi adesso che vivo mille vite e peripezie con gli altri anche solo con il pensiero e continuando a scrivere, alzandomi solo all'occorrenza  per quei casi che destano preoccupazione o quando si tratta di una questione da dirimere dove serva un parere da testimone. Assistere alla vita dalla finestra come una spettatrice mi dà anche la possibilità, senza volere, di partecipare a situazioni diverse in cui mi devo interrogare su cosa farei io al loro posto e questo mettermi continuamente in discussione mi fa vivere anche le vite degli altri.
 
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