E’ piacevole andare per marine
quando non sono prese d’assalto per la calda stagione. Sono luoghi intensi, piene di vita, di storie, che parlano attraverso l’acqua del mare, i sassi a
riva, le barche ormeggiate, le onde sul bagnasciuga. E’ riposante ascoltare il tremolio delle piccole onde che giungono, si infrangono e ricadono con suono d'acqua canterina. Le barche, poste in disordine con quelle
funi dell’ormeggio, dondolano come bestiole legate. E i colori dei legni attirano
gli occhi, messi uno sull’altro: pennellate che si lasciano andare oltre i bordi, tonalità passate rapidamente sui fianchi. Barcollano lente nell’acqua
cristallina, ricca di pesci che giocano a rincorrersi. Sui bordi stracci
colorati, qualche maglia lasciata sbadatamente
dai pescatori, dimentichi, alle prese con la merce da scaricare, e poi una
tanica, una piccola bottiglia…Più in là barche sulla sabbia, alcune
sottosopra, altre nelle mani dei pescatori per una mano di vernice.
Un odore di sale irrancidito giunge alle narici, come se in giro ci fossero alici e, mentre guardo,
un gabbiano attraversa lo specchio di mare e si dirige verso lo scoglio della
Margherita. A sinistra gli ombrelloni allineati, chiusi, dello stesso colore arancione, assumono forme di soldati pronti a spiegarsi. La spiaggia deserta, la sabbia
umida, lo stabilimento all’ombra, pone al riparo dalla voglia di bagnarsi in un
mattino lento a carburare. In lontananza la scogliera fa da confine al mare e al
cielo e chiude la rada in un giro di boe colorate. Marina! Il silenzio e i movimenti
lenti producono malinconia. Attendono…giorni che passano uguali sulle cose.
Anche la fune, che tiene stretta la barca alla banchina, è sfilacciata, sta lì da tanto, ma regge al tempo con pazienza, anche umida e slabbrata. Giù
nell’acqua qualche alga, pesciolini e onde al galoppo. Scivola un gabbiano che preleva la sua preda e si rialza in volo. Qui c’è un mondo intero, un silenzio che parla da solo. In esso si
confondono i pensieri, la luce del sole che avanza risveglia e sostiene.
Marine, luoghi di venti, tempi lenti, bambini al gioco in riva
al mare, prima che il sole arrivi. Pescatori allineati sulla
scogliera con retini e ami riempiono il secchiello che trabocca di pesci monelli, che schizzano, giocano, sbattono. Viandanti solitari scalzi, attraversano la battigia con
la testa lontano, portano in mano ciabatte consunte dal sale. Su tutto si alza
l’orizzonte a dare un confine ai pensieri e ai colori. Marine, ricordano gli
odori della nostra infanzia, le ciambelle colorate, secchielli e palette. Sanno della fatica del mare che sbatte a riva, della sabbia che subito
si asciuga e diventa d’oro. Marine di
pietre e di terre bruciate, di pesci raccolti nei secchi e steccati con i panni
di pescatori ad asciugare. Marine che sembrano luoghi incantati, di libertà e
di sogni, dove una volta c’erano i volti di quelli che non ci sono più. Marine a ricordarci del tempo
passato e che non ritorna. Guardiamo l’orizzonte fermandoci su quella
linea come se dovesse dirci qualcosa sul nostro conto. Tutte lì le speranze, lontano,
in un posto dove ancora non siamo stati.
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