Amo la spiaggia ciottolosa, ma
quello che si può fare sulla sabbia è impossibile tra gli scogli. Castelli, per
esempio, scrivere e poi cancellare con un’onda, e poi riscrivere mentre un
rigagnolo lento accorre a resettare. E poi a riprovare, tanto sai che è un
gioco tra te e il mare. Seduta sul bagnasciuga l’acqua lambisce la parte immersa
con onde prive di forza e il sole
asciuga in un baleno. Dopo un anno eccoci di nuovo qui tra piacevoli chiacchierate, a tu per tu con l’acqua. Vorremmo contenerlo
tutto ma non si lascia domare, ci viene incontro come un innamorato, a volte
sereno, altre arrabbiato e poi capriccioso. Il mare ci risolleva, alleggerisce
i nostri pensieri e allevia la tensione delle frenetiche giornate. Ci
comportiamo come bambini ai primi passi, un po’ lo temiamo, poi ci immergiamo,
risaliamo, nuotiamo. Tutto per noi, con richieste precise: che l’acqua sia
all’occorrenza calda e poi fredda, e poi pulita, con onde piccole, senza vento,
di un intenso verde. Vorremmo ci ispirasse,
ci rapisse e noi tra le sue braccia come se Nettuno venisse a prenderci e portarci lontano. E
quando sei immerso nell’acqua fino al collo, disponi di un’altra prospettiva. Dal
mare vedi la forma della terra, la vegetazione, la costa, il cielo di un altro
colore, i riflessi del sole, la gente, lì piccola che passeggia al bar, sul
bagnasciuga, così piccola che da lì il mare sembra a confronto un leone. E ti
chiedi perché si corre nella vita, se
sono poi le piccole cose a farci stare bene. Libertà è sentirsi trasportare
dalle onde, guardare il corpo vagare tra il fondale e la superficie, e se sei
fortunato ci vedrai i pesci guizzare, con i bambini che ridono nelle ciambelle
a giocare come se stessero ancora nell’acqua fetale. E sopporti gli schizzi, gli
schiamazzi, mentre galleggi guidato dalla corrente. In riva al mare si guarda
lontano l’orizzonte, la linea immaginaria dove cielo e terra si toccano e dove
finiscono i nostri ragionamenti e ogni frase trova il suo punto. Carichiamo l’orizzonte
di idee, sogni e attese. Una linea magica, nata dalla nostra
mente, che pesa e vaglia. Se il mare è una tavola, l’animo plana, si distende.
Così facciamo caso ai colori, ai profumi, persino ai pensieri altrui. Se invece
il mare è alto, agitato, con onde che si infrangono e fanno rumore, anche
l’animo travaglia. Ma la cosa migliore è
stendersi a prendere il sole, immobili, con gli occhi chiusi, dando spazio alla
ragione o ai progetti, come un’auto che ora procede e dopo rallenta, in
un’architettura di immagini. E poi la musica, un juke box incalzante che
inietta adrenalina con un ritmo, un
ritornello o tanti ricordi di estati
passate. Ad occhi chiusi, sulle note di canzoni anche lontane, come sapore di sale, o col solo gorgoglio del
mare, siamo veramente soli, con i nostri pensieri anche su una spiaggia affollata,
tra gente conosciuta, in un ambiente a nostra misura. L’estate fa evaporare le
nostre apprensioni e ci riporta alla natura, noi figli dell’acqua. Ci richiama la
forza delle onde, il tremolio a pelo d’acqua, il colore oro delle onde illuminate
dal sole, le imbarcazioni in ogni direzione come i mulinelli della nostra
mente, la trasparenza che ci rende chiaro il fondale, il lievitare sulle onde quando
ci appoggiamo ad esse e voliamo lontano. Il mare è il nostro grande amico, ci
accoglie mostrandoci tutto il suo volto
senza nasconderci nulla. Bel tempo o minaccioso, niente tiene per sè.
Dovremmo prendere esempio e comportarci allo stesso modo chiaro e trasparente, che non nasconde, allo stesso
tempo, e accogliere chi viene a noi. Così come conoscere e controllare le
emozioni per poterlo solcare quando si presenta nelle sue varie vesti senza per
questo crederlo offensivo.
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