Mia figlia, una volta, di fronte a una mia amica che si rivolgeva alla sua piccola esordendo con l'espressione "Bell'a mammà", mi accusò di non averle mai detto una cosa del genere. Cominciò in modo ironico, prendendomi in giro, ma poi ne tirammo fuori un confronto.
Intanto non l'avevo mai pronunciata in assoluto con nessuno dei tre figli. Pensa che cosa sarebbe successo, a questo punto, se l'avessi detto ai fratelli e non a lei.
Nella lingua napoletana esprime l'amore viscerale della madre verso il figlio, un legame profondo, al di sopra di ogni altra cosa. Qualunque cosa accada, lei ci sarà sempre e dalla sua parte. Una continua manifestazione d'affetto, come un mantra.
A Napoli ogni mamma infila queste due parole in un dialogo con i figli. C'è pure la forma contratta: "A mammà".
Per esempio: "Bell'a mammà, cerca di studiare che poi avrai buoni voti". Oppure: "Che dici, bell'a mammà, è il caso di cominciare a sistemare questa stanza?" E ancora: "Queste cose non si fanno bell'a mammà, lo vuoi capire?" Qualsiasi sia il contenuto della comunicazione non deve mancare l'espressione calorosa e affettuosa del "bell'a mammà". Evita, in anticipo, ogni attrito che possa nascere dalla conversazione.
Si può inserirla all'inizio o alla fine di frase, per chiedere, affermare, domandare, convincere, pronunciandola in modo affettuoso, ironico, serio, commovente a figli grandi o piccoli.
Mia madre me lo diceva spesso, quando voleva convincermi o prendermi con le buone per ottenere qualcosa da me, ma anche quando mi dava qualche insegnamento, che secondo lei io non capivo, ci infilava subito il "bell'a mammà", come se fosse stata la parolina magica a rendere tutto più facile. Anch'io, a sentire quelle parole, ascoltavo e obbedivo.
La nostra vicina lo diceva spesso ai suoi figli e aveva un modo dolcissimo di farlo: abbassava il tono di voce, assumeva un'espressione da amica, faceva gli occhi languidi e i figli, davanti a quel viso amorevole, soccombevano.
Allora capivo che era un modo ruffiano di ingraziarsi i figli e per me non aveva alcun significato se non preannunciarmi che mia madre voleva che mi piegassi al suo volere. Anche perché la conoscevo nei momenti in cui non era proprio dolce e mi faceva delle filippiche interminabili che ci voleva solo un gong per farla smettere. E se in quei momenti mi avesse detto "bell'a mammà", mi sarei arrabbiata molto.
Questo proprio per essermi formata alla sua scuola che per il 70% era severa e l'altro 30% dolce. Ma quando si mostrava dolce nella testa giravano ancora le sue lezioni di quando era severa, con le sue geremiadi che passavano dal cibo al vestiario, dalle pulizie all'ordine, al tempo da non perdere. Per cui quando sorrideva, giocava con noi, e devo dire che sembrava un angelo, per me la sua era una forzatura. Per non parlare di mia nonna che con i suoi proverbi sui figli mi faceva scuola tutti i pomeriggi. Tra i più gettonati: "I bambini si baciano nel sonno", "mazza e panelle fanno i figli belli, panelle e senza mazze i figli brutti e pazzi..."
Da madre ho ritrovato in questi detti tanta verità e ho cercato più di insegnare dei valori, che stare lì a vantarmi dei figli, a decantarli, a innalzarli come trofei.
Ho spiegato a mia figlia che, pur non avendo mai detto "Bell'a mammà", il mio amore per loro non è di serie B rispetto alle madri che hanno sempre in bocca queste parole. Sono solo due modi di comportarsi che riflettono il carattere, l'educazione ricevuta e tanto altro.
Inconsciamente forse ho sempre voluto rendere i figli autonomi e prima ancora persone pensanti, per cui ero più presa dall'insegnare loro qualcosa di buono che lodarli o perdermi in smancerie. Ho sempre visto intorno a me bambini viziati, maleducati, genitori menefreghisti, incapaci di impostare un piano educativo efficace.
Anche se non ho mai pronunciato le due parole non per questo le respingo, anzi, hanno un loro fascino. Mia nonna mi diceva "bell'a nonna" e devo dire che la parola aveva la magia di farmi sentire importante e ben voluta.
Ormai è troppo tardi per imparare a dire quello che non è stato mai detto, e il "bell'a mammà" resta un modo tutto nostro di esprimerci con i figli. Ma non cambia, aggiunge o toglie niente a ciò che la mamma prova per i figli.
Dopo che mia figlia mi ha fatto notare la mia mancanza, ho cercato di infilare le due parole tra una cosa e l'altra, magari limitandomi a dire: "a mamma", col risultato che lei non l'ha nemmeno percepita e io mi sentivo strana nel pronunciarla.
Ma della sua magia ne sono convinta. Ci sono parole che fanno bene anche quando ci siamo assuefatti a sentirle. Hanno il potere di renderci docili, affettuosi, pronti all'ascolto.
Nessun commento:
Posta un commento