Amo la pittura e, oltre a dipingere, ho trascorso gran parte del mio tempo a studiare i capolavori di pittori che mi hanno colpito particolarmente. Tra questi ce n'è uno che rappresenta per me un'inesauribile fonte di emozioni e sensazioni che ho scoperto lentamente:"Il carro da fieno" di John Constable.
Sin da bambina ho visto questo dipinto in diverse copie sparse a casa di parenti e amici e ho avuto l'impressione che nel tempo mi rincorresse. Ho visto tante volte quest'immagine, che quasi non ci facevo più caso, fino a quando mi sono trovata davanti la tela al National Gallery di Londra. E' un'opera di 130 cm per 185 del 1821. Lì davanti a me, per la prima volta, si è rivelata in tutta la sua bellezza.
Il dipinto rappresenta uno scorcio della valle dello Stour con un carro immerso nel fiume, accanto il suo proprietario Willy Lott, un contadino che in ottant'anni di vita si era allontanato solo quattro volte dalla propria casa e sulla sinistra il suo cottage.
Rispecchia in pieno i canoni del Romanticismo con una natura partecipe ai sentimenti dell'uomo, essa stessa capace di rasserenare o terrorizzarlo. L'opera mostra la maturità dell'artista nel bilanciare le masse e i valori tonali, bloccando quasi l'ora, il giorno, la stagione, e forse i pensieri dell'uomo.
Man mano che l'occhio si allunga sulla tela, si svelano anche i particolari che sembrano aumentare procedendo con lo sguardo: la barca sulla riva opposta, le verdure dell'orto e il filo di fumo dal comignolo, i contadini in lontananza nei campi e gli uccelli sparsi sull'acqua, mentre i due uomini guadano il fiume. Constable era un amante della natura e durante le sue conferenze era solito affermare che:"Un giovane pittore, che voglia lasciare dietro di sé un nome, deve misurarsi con la natura. Il pittore dei paesaggi deve camminare nei campi con una disposizione di mente umile, difatti nessun presuntuoso mai riuscì a dipingere paesaggi".
L'opera emana una maestosità e una tranquillità incredibile. I colori ben dosati nelle varie tonalità di verde, l'acqua al centro della tela dà un senso di appagamento interiore per la calma che riflette, il cagnolino sulla riva abbaia al padrone e il cielo dà una sorgente di luce che governa su ogni cosa.
Colpisce dell'opera il senso di abbandono alla natura, quel confondersi con i suoi toni e i suoi ritmi, quella serenità data dallo scorrere lento del tempo di un uomo che non si è allontanato quasi mai dalla sua casa.
Non so di preciso per quanto tempo ammirai la tela, ma ne passò molto, visto che rimasi quasi da sola accanto al dipinto.
Non so di preciso per quanto tempo ammirai la tela, ma ne passò molto, visto che rimasi quasi da sola accanto al dipinto.
Un inglese, vedendo la mia immersione totale, mi chiese che cosa ne pensassi dell'opera. Risposi nel mio inglese scolastico ma corretto, che era un'opera che mi aveva accompagnato sin da bambina, che amavo l'autore per i colori che usava, per i paesaggi mozzafiato che dipingeva. Mi meravigliai del fatto che chiedesse a me notizie di un pittore suo conterraneo e questi mi rispose che al mondo non c'è un esperto migliore in campo di un italiano, perché Leonardo docet.
Quando andò via e posai di nuovo lo sguardo sulla tela, un senso di pace mi prese completamente tanto da non volermene staccare. L'opera aveva per me un qualcosa di particolare, una serenità che mi riportava ai luoghi d'infanzia, un mondo fermo rimasto nella mia mente. Il vecchio Lott aveva l'aria di mio nonno e come non vedere nel cagnolino la mia Sentinella. Immaginavo dentro casa la fornace della nonna con su enormi pentoloni e fuori quel filo di fumo come la casetta di Lott. Se non mi avessero chiamato, perché stavano già tutti fuori, forse sarei rimasta attaccata alla tela.
Se ci lasciassimo sedurre di più dall'arte, potremmo capire tante cose di noi stessi e renderci conto di tutta la bellezza che ci circonda e che abbiamo dentro di noi ma alla quale non diamo voce, soffocata dalla quotidianità e dalla parte più spenta di noi.
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