Zefiro già, di be’ fioretti adorno,/ avea de’ monti tolta ogni pruina;/
avea fatto al suo nido già ritorno/ la stanca rondinella peregrina;/ risonava
la selva intorno intorno/soavemente all’ora mattutina;/ e la ingegnosa pecchia*
al primo albore/ giva predando ora uno or altro fiore.(*ape)
I versi sono tratti dalle Stanze di Angelo Poliziano, capolavoro
del poeta e di tutto il quattrocento. Ogni anno a primavera, appena sveglia, mi
giungono da lontano questi versi, la venticinquesima stanza,la più bella ed
espressiva dell’opera, come un ritornello, ridandomi le impressioni ricevute la
prima volta alla lettura dei versi. L’importanza di questa strofa non è
soltanto nel contenuto che esprime, ma per il trasferimento su un piano poetico
dei gusti, motivi e forme dell’umanesimo. Rappresenta il sorgere di un mitico
mattino primaverile: visione delicata e malinconica. Stilisticamente è un
esempio di perfezione con cui è usata l’ottava.
La stanza è un componimento
basato sull’ottava rima che nella poesia italiana è la strofa composta di otto
versi endecasillabi. Quando questi sono disposti in tre coppie a rima alternata
e una finale baciata AB-AB-AB-CC è chiamata toscana, ottava rima o semplicemente stanza.
Il poemetto è determinato da un
motivo occasionale: la celebrazione della vittoria di Giuliano de’ Medici in
una giostra svoltasi nel 1475 ed è un poemetto del genere celebrativo, un tipo
di poesia in voga nel XV secolo. L’estro del Poliziano qui evade dalla
contingenza del fatto per abbandonarsi a una libera sua ispirazione. Contempla
la quiete della natura nei suoi colori e nelle linee e la giovinezza
considerata come la perfezione interiore, senza travagli o conflitti, tutta
protesa a godere la sua ora fuggevole trasferendosi nel mondo del mito. Lentamente
si allontana dalle “gloriose pompe e’
fieri ludi” per trasferirsi in un mondo di sogno. Giuliano de’ Medici, che
diventa Iulio nei versi, combatte la giostra per amore di Simonetta Cattaneo
andata in sposa a Marco Vespucci. Iulio diventa un giovane bellissimo e
selvaggio mentre Simonetta incarna una ninfa, ideale di bellezza serena e
perfetta. L’incontro tra i due avviene lontano dalla realtà quotidiana, in una
campagna primaverile che esclude ogni elemento realistico, ma si carica di
richiami eterni e immutabili, riportando
le atmosfere irraggiungibili e fantastiche delle favole pagane. Il poeta si
rifugia in un ideale di bellezza creato dai classici: uomini, eventi, aspetti
della natura passano dal piano contingente a quello universale ed eterno.
Il poemetto conta centosettantuno
stanze in tutto di cui centoventicinque nel primo libro e quarantasei nel
secondo e non fu mai finito per la morte prematura di Simonetta Cattaneo
Vespucci e per la tragica morte di Giuliano de’ Medici, assassinato durante la
Congiura de’ Pazzi a Firenze nel 1478. L’opera termina proprio quando Iulio
scende in campo per combattere. L’intento era di cantare l’evoluzione dell’animo
di Iulio rivolto dapprima alla passione della caccia e dei beni materiali e poi
alla contemplazione della bellezza divina attraverso la bellezza terrena.
Questa evoluzione, che il poeta si appresta a scrivere, si rifà al concetto di
amore di quel periodo. Nel trattato “Sopra
lo amore” di Marsilio Ficino si afferma che nell’uomo operano due Venere: la prima si colloca nella
Mente Angelica e porta a contemplare la bellezza divina che emana le sue
scintille attraverso la materia del mondo; l’altra è la forza di generare
attribuita all’Anima del Mondo. Secondo Pico della Mirandola, discepolo di
Ficino, ci sono due aspetti dell’amore: “dei quali l’uno è bestiale e l’altro
umano”. La vista di Simonetta suscita in Iulio un duplice desiderio, insieme
carnale e divino. Il senso profondo del
poemetto è nella visione che Iulio ha alla fine del secondo libro: Amore vinto
è reso prigioniero da Simonetta, nelle vesti di Minerva guerriera. Lei lo
invita a ispirarsi alla gloria di Minerva guerriera. Lei lo invita a ispirarsi
alla gloria, la quale dopo che Iulio gli ha rivolto lo sguardo, scende dall’alto,
spoglia la donna delle armi di Minerva e ne riveste Iulio.
Il cielo poi si oscura per la
morte del giovane che risorge nelle vesti della Fortuna alla conquista della
fama eterna. Solo a questo punto Iulio si sveglia e sente l’ardore di scendere
in campo e invoca Amore, Minerva e la Gloria come guida.
Alcuni cronisti dell’epoca
descrivono lo stendardo di Giuliano dipinto, sembra, dal Botticelli, con
Cupido, Minerva e la Gloria sotto forma di sole, Cupido ha le mani legate e le
saette spezzate. Secondo altri, la stessa Simonetta Cattaneo è la modella della
Primavera di Botticelli.