L'acqua è vita

 




Nei versi di Aldo Palazzeschi: Clof, clop, cloffete, cloppete, clocchete, chchch, le onomatopee dei primi versi ci danno la misura dello scorrere dell’acqua per descrivere La fontana malata. Quella perdita immortalata dal poeta oggi diventa un sacrilegio: dell’acqua non va sprecata nemmeno una goccia. Se poi aggiungiamo il giro di calcare alla base della manopola, che richiede l’impiego di detersivi aggressivi e inquinanti, altro che spreco ci viene da denunciare. Per non parlare delle perdite dagli scarichi, docce, tombini, tubature. Così i piatti, prima di metterli in lavastoviglie, si sciacquano per ripulirli dei residui di cibo sotto l’acqua corrente del rubinetto che scroscia senza fine. E le nostre docce? Se la doccia dura 5 minuti e il consumo è di 12 litri d’acqua a minuto, ne buttiamo via dai 60 agli 80 litri. Se alla doccia preferiamo il bagno i litri aumentano abbondantemente per le nostre vasche idromassaggio. La fontana scorre anche mentre spazzoliamo i denti, pur non toccando l’acqua per tutta la durata del lavaggio ma riservando solo alla fine dell’operazione il risciacquo della bocca. 
Per chi è abituato agli agi questi inconvenienti non sono presi in considerazione, ma tutto cambia in periodo di siccità. Oggi paghiamo anche gli sprechi avvenuti nel tempo. Dal boom economico degli anni 50/60 è stato un crescendo di benessere che ha allontanato da noi lo spettro delle privazioni del passato. I nostri nonni riempivano un pozzo d’acqua piovana per annaffiare i campi e una volta esaurito si sperava nella provvidenza del cielo a mandar giù la pioggia per non perdere le coltivazioni. Sciacquavano, poi, in una tinozza i piatti unti prima di passarli nel sapone e con quella stessa acqua abbeveravano gli animali. I panni andavano in ammollo prima di lavarli, smacchiandoli con la cenere. Tutto procedeva in modo naturale e i detersivi non aggredivano le acque. I panni oggi si detergono con la candeggina, gli smacchiatori, le sostanze chimiche corrosive che rendono gli scoli d’acqua una vera palude. Le mani hanno perso l’abitudine a questo esercizio, sono più impegnate a digitare su tastiere e telefoni. E se per caso capita di trovarsi a strofinare la biancheria, ci si sente inadeguati in un lavoro che spetta alla lavatrice.
 Di acqua ne sprechiamo parecchia. L’occidente è come una vecchia signora che non rinuncia alle sue abitudini, pur sapendo di non potersele più permettere. La siccità è ormai sotto gli occhi di tutti se i ghiacciai si sciolgono e le nostre estati passano a razionare l’acqua. C’è in atto un progetto, da parte della Webuild, per dissalare l’acqua del mare contro la siccità, proposta che sarà presentata a paesi e istituzioni. «Risolverebbe il problema in brevissimo tempo con una spesa piuttosto ridotta, 2-3 miliardi di euro: creare impianti di desalinizzazione nelle zone dove c’è carenza di acqua e in due anni risolviamo alla radice il problema» afferma Pietro Salini, amministratore delegato della Webuild, parlando del progetto che approfitta dei fondi del Pnrr. L’Italia produce solo il 4% dell’acqua dissalata a fronte del 56% della Spagna, un paese in condizioni idriche simili alle nostre. A causa poi del mal funzionamento della rete idrica, ci sono problemi per il 32% degli italiani. 
Nel passato i Romani erano maestri nell’arte ingegneristica degli acquedotti e nell’amministrazione delle acque. Il primo acquedotto italiano fu l’Aqua Appia, un tratto sotterraneo di appena 19 km voluto dal censore Appio Claudio nel 312. La costruzione del primo acquedotto fu spinta dalla mancanza di risorse naturali, dalla crescita della città di Roma e dai bisogni industriali del tempo del porto Tiberino al Velabro. 
Il secondo acquedotto fu costruito nel 272 a.C. dal censore Curio Dentato sfruttando le acque dell’Aniene per una lunghezza di 64 km. La gestione degli acquedotti era affidata ai curatores aquarum che avevano il compito di controllare l’acqua erogata e il personale adibito alla cura aquarum, tutelare la struttura oltre a sostenere compiti giudiziari. Per i bisogni dell’imperatore si erogava il 17% di acqua, 38% ai privati e il restante 44% al pubblico. Per quanto ci fosse una cura capillare degli acquedotti e della distribuzione delle acque, non mancavano i furti, puniti anche con la confisca dei campi. 
Proprio come in questo periodo di siccità. Sono circa 16 i furti d’acqua accertati tra Lombardia e Piemonte dove sono state accusate una quarantina di persone per aver rubato 84mila litri d’acqua. Furti avvenuti anche in Calabria e in Sicilia. A questo si aggiunge una dispersione d’acqua per una cattiva tenuta della rete idrica. Spesso le perdite, una volta accertate, non si riescono a individuare, allungando i tempi e le difficoltà di risoluzione.

Commenta...

Nessun commento:

Posta un commento

Per aggiungere "Il mio sole" ai tuoi Blog e Siti Preferiti del web clicca questo rigo!

Benvenuti nel Blog dell'artista Filomena Baratto.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

Filomena Baratto è presente anche sul sito artistico Dimensione Arte.

Cerca nel blog