Una telefonata che non arriva, un
amico che di dilegua, un aiuto non dato, una lungaggine che poteva essere
evitata, un’indifferenza inspiegabile…sono solo alcune delle cose che accadono
nei rapporti interpersonali e di cui ci chiediamo il motivo senza venirne a capo. Non è altro, a volte, che
un abuso di potere a nostre spese, che si mette in atto per motivi vari.
Crediamo che il potere sia solo
quello messo in atto per la
collettività. Il potere è la capacità che le persone hanno di influenzare, di decidere, di volere l'impossibile,
di provare e di sperimentare, di sottomettere gli altri in nome di una collaborazione, di operare al posto di altri, di temporeggiare là dove non se ne vede la motivazione, e che bene o male
esercitiamo un po' tutti nel nostro piccolo. Ultimamente mi capita di
imbattermi, sempre più spesso, in persone con la sindrome di onnipotenza che mettono
in atto strategie di potere celate da veli di ipocrisia e di scarso interesse alla cosa. Assistere a questi giochi, che variano in base
alla posizione gerarchica che si occupa, non fa altro che acuire un senso di
nausea per una società che si muove solo nel verso degli interessi personali.
In virtù del detto coniato da Andreotti che
“il potere logora chi non ce l’ha” adesso tutti vogliono esercitare il potere e
se poi si aggiunge l’altro detto , più volgare e pittoresco, ma molto più
chiaro che “comandare è meglio che…”, e qui mi astengo, si capisce bene come
tutti vogliano provare l’ebbrezza del comando. Nell’antica Roma comandare era
“imperare” e “l’imperium” era solo dell’imperatore, consoli e pretori, da non
confondersi con l’auctoritas. Un imperatore
esercitava il potere mettendo al
servizio degli altri le sue capacità e le sue competenze, che spaziavano dallo
scrivere libri al far la guerra, dall’amministrare al mediare una politica interna ed
estera, tutto ai fini della stabilità del suo impero. Un esempio lampante fu Cesare, condottiero e scrittore eccellente, o Augusto, Adriano, Marco Aurelio...Oggi basta appena saper
parlare, tutto il resto viene
affidato alla schiera di gente
che ruota intorno al personaggio potente che diventa più che altro un simbolo circondato da una realtà impressionante.
Quando si comanda e si esercita quell’ imperium di cui parlavo, non si possono però
fare errori , nel senso che chi comanda deve essere imparziale, giusto e
coerente , ma così non è oggi se abbiamo sotto gli occhi ogni
sorta di soprusi, a danno della
collettività che invece dovrebbe usufruire solo dei benefici del comando. Assistiamo
a questo esercizio di potere, a volte, proprio in nome dell’amicizia, della
conoscenza, facendo sembrare vera una cosa che invece assume caratteristiche
ibride, venendo meno proprio ai crismi dell’amicizia . Al posto della vecchia
frase “lei non sa chi sono io”, devo dire passata di moda, si sostituisce il non replicare davanti a una offesa e attendere i tempi dovuti per palesare quello che a voce non si è detto. Ci sono
persone dalle quali aspetti risposte che puntualmente non arrivano, altre ignorano
quello che dici, altre ancora ti accerchiano solo per trarne dei vantaggi. Il vero movente è riuscire a gestire a piccoli sorsi delle
situazioni che potrebbero essere risolte in un baleno, frenando l’efficienza e
la conclusione degli eventi, facendo credere nell’ impossibilità di poter
risolvere la questione. Le persone che vogliono esercitare a tutti i costi il
potere che è nelle loro mani, ritardando, evitando o ignorando ciò che è da
farsi, sicuramente lo esercitano in nome di soprusi a loro
volta ricevuti, antipatie in atto, disistima nei loro confronti,
sentimenti provati in relazione a rapporti finiti,
malefatte ricevute, o per il semplice gusto che quello che è in proprio potere
deve diventare il trofeo della megalomania. In questo modo aumentano le persone che coalizzano in nome della giustizia non ricevuta, dell’offesa recata, del torto da ricusare. D’altra parte anche tra gli stessi potenziali
“potenti” funziona il detto latino questa volta:”ubi maior minor cessat” e chi
è più in alto scalza chi è più in basso con un potere gerarchico anche
tra la schiera delle persone del parlamento delle amicizie. Fa riflettere
in proposito, un’opera di Geoffrey Chaucer, “Il parlamento degli uccelli”, un poemetto di 699 esametri composto presumibilmente tra il 1380 e il 1382, dove nel
giorno di San Valentino, tutti gli uccelli, dai più nobili ai più umili, sono
gerarchicamente schierati per scegliersi la compagna. Tre aquile indicano una
stessa femmina della loro specie e si apre così un “debat”cortese inteso a
stabilire chi abbia il diritto alla scelta. Interviene qui la Natura che lascia
il diritto di scelta all’aquila femmina che prende un anno di tempo per
decidere. Così un imprevisto spezza l’ordine gerarchico con i tre uccelli che scelgono la stessa femmina e
si giunge a invertire la scelta, dando potere a chi invece non ne aveva e non ne poteva avere. Dovrebbe accadere qualche imprevisto anche per i tanti piccoli imperatori, di cui è formata la nostra
società, che hanno un esercizio sproporzionato del potere nelle loro mani, un potere che, oltre
a impedire alla giustizia di svolgere il
suo ruolo, elemento fondamentale per una vera democrazia, attarda anche quelle normali funzioni cui sono preposti.
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