Perchè è così difficile educare oggi?

Educare è un processo attivo che si instaura tra due persone dove l'una necessita dell'altra. Aristotele affermava che ogni rapporto è sempre di tipo pedagogico dove c'è chi insegna e chi apprende, ma i ruoli sono anche intercambiabili. I ragazzi oggi sono tutti molto svegli e per niente inibiti, non hanno remore se devono fare osservazioni, o giudicare, o criticare, o peggio offendere, pur nella loro giovane età. I bambini di oggi sono molto intraprendenti e risolutivi e chi viene messo fuori è proprio l'adulto.
I bambini vivono a contatto con la tecnologia per gran parte della loro giornata, sono vivaci e non mostrano freni inibitori. La scuola è un'agenzia educativa, ma non è più l'unica che possa educare. Quello che un tempo s'insegnava solo a scuola, oggi il bambino se lo cerca da solo, vive di esempi e la sua massima ambizione è quella di fare cose da grandi. Apprendere le nozioni scolastiche o le tecniche per operare in matematica o i contenuti di storia e geografia è ben poca cosa rispetto all'educazione che fa acqua da tutte le parti.
Ma l'insegnante può ancora educare? E' preposto all'educazione come una volta? La vita è cambiata nella sua quotidianità e anche l'insegnante ha perso il suo prestigio e un po' il suo ruolo. Si crede che non sia più così indispensabile come una volta: ora è solo un testimone di un processo di accrescimento fisico e mentale di piccoli uomini. Una volta i bambini erano educati prima dalla famiglia, oggi sono cresciuti come piccoli despoti che necessitano di ogni comprensione; una volta conoscevano la parola rispetto e davanti a un adulto erano attenti e sottomessi, ora si mostrano logorroici e senza freno e la smettono solo quando raggiungono il loro intento. Il vero problema oggi è che non c'è più distanza tra il bambino e l'adulto: il papà vuole fare l'amico del figlio, la mamma vuole imitare la figlia per sentirsi giovane e spensierata, a cominciare dall'abbigliamento. Non c'è tempo per ascoltare, gli adulti sono troppo presi dalle loro incombenze, dal dio lavoro, dai soldi, dalla crisi, dalla fretta, ma in compenso affogano i figli nel cibo, nell'abbondanza e nelle promesse che diventano sempre più piccoli ricatti.
I genitori non possono essere amici dei loro figli, il loro ruolo è quello di essere una guida, di sorreggere, di aiutare, di insegnare, di educare, è un ruolo di grande impegno. Quando un genitore pensa che a scuola il figlio debba imparare l'educazione, sbaglia di grosso. A scuola si può apprendere il galateo, le buone maniere, ma il corredo genetico e l'habitat familiare danno all'insegnante le coordinate su cui lavorare per quel bambino.
Un bambino viziato sarà da ritenersi alla stessa stregua di uno potenzialmente pericoloso, a cui non è stato insegnato alcun limite.
Un genitore deve essere autorevole, deciso e deve spianare la strada del processo educativo. In questo viaggio si potrà sicuramente sbagliare ma non per questo si deve evitare di partire! Gli errori dei genitori di oggi sono quelli di delegare gli altri a un ruolo che spetta solo a loro e  si pensa che l'insegnante faccia miracoli, che la baby sitter sia responsabile delle parolacce, il nonno del fargli mangiare le caramelle, la maestra del doposcuola dei compiti, la maestra del catechismo delle preghiere, gli amici del fargli cattiverie e via così. In questo modo si hanno tante possibilità per dire che non è colpa del genitore se il figlio ha degli atteggiamenti reprensibili, visto che sono tutti imputabili ad altri.
Ecco allora che vediamo i nostri bambini sempre più obesi e pieni di patologie, distratti e scontenti, perennemente a chiedere; per niente volti al sacrificio e prima ancora che parlino già sono stati accontentati! Bisogna capire che il gruppo classe è una piccola comunità dove il bambino impara a gestirsi, a rapportarsi agli altri, dove impara le regole di vita e, il ruolo da lui assunto all'interno di esso, è quello che avrà un domani! I genitori si preoccupano se litigano, se vengono ripresi, se si trovano in difficoltà, se prendono un brutto voto, se non vengono messi ben in mostra, senza capire che la crescita comprende un processo interiore molto più delicato. E' strano come i genitori pensino che una volta che il figlio abbia mangiato, finiscano tutte le preoccupazioni come se l'accrescimento auxologico fosse l'unica vera crescita e non ci si debba preoccupare di quella della mente e dello spirito. Il processo di crescita è lungo e laborioso per genitori e figli e bisogna lasciare che i ragazzi prendano in mano le loro sorti senza intermediari, aiutandoli e sorvegliandoli.
Se i figli mostrano tante difficoltà e bisogni, o paure o ansie, le colpe sono dei genitori che trasferiscono su di loro le proprie fisime e repressioni facendone dei detonatori che possono scoppiare alle prime difficoltà. Un figlio non è qualcosa da ostentare o un trofeo da mostrare, o un souvenir da appoggiare, un figlio è prima di tutto una "Persona", un essere in divenire che deve acquisire le proprie consapevolezze e subire i propri colpi prima di definirsi un vero uomo. In questo non c'è niente da evitare o premunirsi o agevolare, o da assecondare, ma semplicemente seguirlo! E se i genitori, invece di preoccuparsi del cibo o di mantenere i figli come pezzi da vetrina, facessero in modo di educarli e insegnare loro le regole della buona convivenza e stile di vita sano, attraverso il loro vissuto come esempio, avrebbero svolto già un grandissimo ruolo!
Mi piacerebbe vedere i genitori partecipare attivamente alla vita dei propri figli e preoccuparsi soprattutto della loro sfera affettiva: educare all'affettività non viene quasi mai preso in considerazione, pensiamo che i sentimenti maturino da soli! I sentimenti per essere appresi vanno manifestati, espressi e i primi segni li danno proprio i genitori. Un bambino sereno è un bambino anche educato, che si pone in ascolto, che gioisce, che partecipa, è solidale, è affettuoso, cioè mostra una gamma di sentimenti positivi. Un bambino mal educato si mostrerà insofferente, scontroso, egoista, egocentrico, perennemente scontento e refrattario a qualsiasi insegnamento!
Dobbiamo trattare i ragazzi come un frutto che deve maturare e fare come l'agricoltore, osservare per procedere alle cure necessarie e adatte e non pensare che maturino comunque solo grazie al sole. Un genitore deve partecipare alla vita del figlio: fare i compiti, giocare, passeggiare, mangiare, ridere, scherzare e confrontarsi con lui. I più grandi educatori sono proprio i genitori che hanno nelle loro mani il potere di fare del proprio figlio un essere felice.



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