Per spiegare il verbo avere,
spesso, ci si serve del verbo possedere, ma chi possiede dipende dagli altri e
dalle cose. Essere è prima di avere, ha la precedenza anche nelle spiegazioni. Con
l’avere cadiamo nella trappola del possedere dimenticando l’essere. Se poi si
vogliono possedere anche le persone, il guaio è bell’e fatto! Non possiamo
essere padroni degli altri, possiamo solo amarli e possedere è come perderli. Chi
si sente posseduto, tutto quello che cercherà di fare sarà scappare, sottrarsi.
Un essere non libero non potrà mai scegliere. Essere significa sentire chi
sono, prendere atto di cosa voglio e cosa mi prefiggo. Conoscere le mie
deficienze, capacità, pregi, difetti, conoscermi così bene che da me e solo da
me deriva ogni azione voluta. Essere è conoscersi, amarsi, stimarsi. Essere e avere:
l’uno è libero e l’altro lega a sé e blocca, l’uno afferma e l’altro nega la
propria personalità, l’uno necessita di tutto l’animo, l’altro lo evita per non
comprenderlo. Nessuno insegna ad avere se prima non ha insegnato a essere. I
sentimenti vanno con l’essere, anche quelli più a braccetto con l’avere, come
l’avarizia. Tutto dipende dalla struttura base del nostro io, della nostra
persona. Confondiamo e scambiamo chi siamo con quello che possediamo. E i
sentimenti non si chiedono. Come faccio a esigere affetto, amore, amicizia,
comprensione se questo sentimento non arriva deliberatamente dagli altri? I
nostri vuoti restano e non spetta agli altri compensarli. E nessun avere lo
colmerà così come non deriva dagli altri né dai loro sentimenti, ma da noi che,
quando siamo in sintonia con noi stessi, emaniamo una luce che attira gli
altri. E sembrerà che ci vogliano bene: hanno solo bisogno della nostra luce
per riempire se stessi. Così anche noi. Molti credono che gli altri siano i
responsabili della loro infelicità, mentre sono solo il loro specchio in cui
leggono chi sono. Quando smettiamo di coltivare il nostro giardino interiore,
per stanchezza, per credere di non farcela, ripieghiamo sull’avere. Diventiamo
smodatamente ambiziosi, speriamo in un nostro brillare al di sopra degli altri
e in un compensare la vita che ci sembra avara con noi. E stupidamente la
stessa cosa viene fatta dagli altri. Tutti vogliono, ma quanti cercano di
essere pieni e completi di se stessi? La principale preoccupazione è di colmare
bisogni, di mettere un bel po’ da parte, di riempire conti, di riempire case,
di avere oggetti, di essere padroni di molte cose mentre dovremmo esserlo solo
di noi stessi. Il vero brillare è in quello
che siamo, quando ci adoperiamo nel nostro quotidiano. L’avere dà solo una
falsa sicurezza mentre il vuoto è nell’essere
e calcolando il valore degli averi, definiamo chi siamo. Il problema è
esserci, e sentirsi e viversi e a volte
quello che abbiamo è solo un impedimento a tutto questo. E se l’essere è pieno,
non è incontentabile, non pretende, non è arrogante, non fa finta, non si
schiera col più forte per sentirsi sicuro, non trascorre la sua vita nell’inerzia,
agisce e vive con entusiasmo, non ha bisogno di possedere, perché è. Oggi
vogliamo tutto senza limiti, lo vediamo intorno a noi, ce lo spiega la moderna
filosofia, lo stesso mondo non ha più confini, anzi è diventato un piccolo
villaggio e tra poco avremo bisogno di espanderlo, magari nello spazio. L’uomo
deve estendersi, è continuamente desiderante, consapevole del suo essere finito.
Nessuno, oggi si identifica in un Socrate, per esempio, a filosofare su domande
della vita odierna, passando così la sua giornata. Il tempo va impiegato col
lavoro, le banche chiedono, la Borsa oscilla, le multinazionali fremono, gli Stati
fanno guerre. Anche il pensiero corre con le tante cose che ci sovrastano. Quel
modello di uomo oggi è inconcepibile e poi non ce n’é bisogno, le risposte le abbiamo
tutte, ce le dà Google, i dati li seleziona e li convoglia Zuckerberg, le
aziende si servono dei dati, tutto in funzione dell’avere. L’essere è
sorpassato, siamo oltre i suoi confini, oggi misuriamo l’avere, sulla cui legge
si fonda la società. La vera violenza odierna è il consumismo, una guerra
nuova. Eppure lo stesso Socrate sottendeva al mondo moderno quando affermava
che magari bastasse un solletico per riempirsi lo stomaco, lasciando intendere che
ci sono bisogni che si colmano attraverso la socialità ed ogni persona è fatta
di essere e di avere. Deve pur cibarsi, vestirsi, vivere e ciò comporta uno
scambio. La verità è che è difficile dosare l’essere e l’avere, non c’è più la
formazione dell’essere per capire che, non mettendo freni all’avere, si mette
in discussione anche la consistenza dell’io che alla naturalità preferisce le
leggi della società che lo corrompono. E siamo in piena filosofia Rousseauiana.
Serve un parametro indispensabile cui attenersi, per non andare oltre. E’ tutto l’essere che si è perso
a favore dell’avere e in questo stato è sempre più difficile parlare di valori.
Secondo Hegel l’illimitatezza è una sorta di supplizio, come insegnano Prometeo, Sisifo, Tantalo, dove l’eterno
ripetersi delle azioni infligge dolore. Anche noi oggi siamo in tempo di
supplizi, niente basta, tutto vogliamo. Il supplizio è nell’incessante
desiderio. Abbiamo perso i concetti di verità, di legge, di sacro, E’ il tempo
edipico, in cui tutto è possibile, un tempo “incestuoso”, secondo Lacan, dell’impossibile
a oltranza, del concesso sempre, del dovuto e del tutto. Secondo Erich Fromm,
autore di Essere o avere? lo scopo supremo
dell’esistenza è la piena crescita di se stessi e dei propri simili; due
negazioni: rinunciare al proprio narcisismo, alle illusioni; rinunciare a tutte
le forme di avere; attività positive
quali il rispetto di ogni forma di vita, dare e condividere, lo sviluppo della
propria capacità di amare e di pensare in maniera critica, lo sviluppo della
propria fantasia (come anticipazione di possibilità concrete), conoscere se
stessi, essere presenti, far propria una libertà che non sia arbitrarietà,
essere consapevoli che nessuno e nulla fuori di noi può dare significato alla
nostra vita e che male e distruttività sono conseguenze necessarie del
fallimento del nostro proposito di crescere”.
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