Tra qualche anno Zuckerberg
dovrà trovare un altro espediente per sfuggire alla noia del web che ci
sta rimbecillendo tutti. Non tanto per il tempo che trascorriamo sui social,
che non sono poi così da demonizzare, ma per quello che, al punto in cui siamo,
dobbiamo svolgere. Prendi ieri sera. Tra lo scaricare materiale dalla posta
elettronica di scuola, il visionare il sito dove appaiono notizie non comprese
nella posta, tra lo scrivere una pagina di Blog, tra una lettura e l’altra,
lavori didattici da preparare, rigorosamente a computer, mi sono accorta stamattina di non aver aperto la
mia posta personale. Ma il lavoro viene prima e leggere tutto ciò che arriva è un dovere. Ma non finisce qui. Dopo mi viene
voglia di leggere alcuni giornali online
e poi di controllare un sito e ancora una recensione, leggere parti di un’opera,
sempre sul web, un passaggio nella biblioteca online e tutto questo senza lo straccio di un
foglio, sempre e solo con gli occhi a roteare su e giù. Vuoi mettere un libro,
alleggerire la vista con i colori tenui della pagina e leggere con lentezza? Ma
il tempo a disposizione è poco e, quando gli occhi non ce la fanno più, ormai è
ora di andare a letto. E io, che volevo prendermi il mio tempo libero suonando un
valzer di Chopin a pianoforte o leggendo un libro, devo soprassedere. Via dal
computer ci salviamo, se diamo ancora valore
al tempo libero. Si dovrebbe compensare con tanto tempo da riempire come
vogliamo quanto quello usato per stare a computer. E se Gramellini, dalla prima
pagina del Corriere della Sera di oggi, medita sul grano di saggezza nella follia
dell’uomo che, avuto un incidente, era privo di documenti, non perché lasciati
a casa, ma per non averne più, strappati negli anni ‘90 e ormai privo di
identità, io anelo spesso a qualcosa di simile, come stendermi sul fasciame della barca a leggere un libro, dondolata
dalle onde mentre viaggio nella storia. Il legno, l’acqua e la
cellulosa della carta. Già il fatto di stare a contatto con elementi naturali ha la sua positività. E pensare che ogni
lavoro implica un computer, su cui lavorarci molte ore giorno, stare curvo tutto
il tempo e arrugginire su di una poltrona. Che la digitalizzazione sia un modo per
farci ritornare Primati? E mentre i nostri antenati si rannicchiavano sugli
alberi, noi siamo sempre appallottolati sulle sedie. Stiamo assumendo facce
pallide, visi appesi, posture strane, irrigiditi, contratti e doloranti. Tutti
vorremmo ritornare, non dico agli amanuensi, ma a lavori dove abbia ancora un
senso usare il termine umano, dove si esiga ancora il “cosa ne penso” e non attenermi
a uno schema da compilare. Tutto è logica. Passare la giornata a digitare
elenchi, fare previsioni, programmazioni, verbali, proiezioni è una vera noia.
Siamo umani e il contatto con la natura è fondamentale. E se anche ci si salva
dal computer per una volta, non sfuggi al telefonino, sempre lì con l’occhio vigile
che sbircia tra gruppi, messaggi, foto, instagram, posta, meteo, whatsapp, varie.
Mi cullo allora nella barca col libro, senza telefonino. Così come immagino di
essere portata in un bosco dove regna il silenzio e purificarsi dai continui
clic mentali. Capisco Mattia Pascal, menzionato ancora da Gramellini nello stesso articolo che voleva gabbare
tutti dopo la vincita a Montecarlo. Eppure quella che a lui sembrava una
libertà, si mostrò essere poi un impedimento, quando si rese conto, in seguito
a una rissa, che non poteva presentarsi in caserma per non avere i documenti,
visto che al suo paese lo avevano dato per morto e fatto anche il funerale. Non
avere identità fu peggio che averne una e non essere nessuno. Non si può
sfuggire al mondo in cui viviamo. Dobbiamo imparare a convivere con la tecnologia.
Come? Lasciando squillare il telefono o togliendo la suoneria al telefonino, e
non stare lì come sentinelle di guardia, lasciare accumulare la posta,
prendendo atto che essere tempestivi non ci farà guadagnare tempo, ma solo oberarci
di continuo lavoro. Bisogna pur difendersi dall’Homo ciberneticus. Eppure
quando si scriveva con la penna, si imbucava la lettera, si affidava un testo
alla macchina fotocopiatrice era tutto più piacevole. Lavorava la fantasia, il
gusto, la creatività, il pensiero, dovendo decidere e scegliere. In
quest’appiattimento totale dimenticheremo la calligrafia, avremo un pensiero ristretto
visto che tutto è standard: per scrivere, modelli prestampati, per consegnare,
grandi case di distribuzione, per ogni azione c’è un tutorial che insegna e
devi pur guardare per apprendere, e altro tempo fermi davanti allo schermo.
Ormai siamo rimasti noi con la schermata del computer e mentre ci sembra di
avere in mondo in mano, abbiamo perso il nostro. Vuoi mettere, leggere un libro
nella barca al posto di impallidire davanti al computer? Dopo ogni immersione
digitale troviamo qualcosa di umano da fare, solo così ritorniamo alla nostra
dimensione vera.
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