Non è il titolo di un libro ma una frase tratta dal
dodicesimo capitolo del romanzo Il fu
Mattia Pascal di Luigi Pirandello nel punto in cui afferma: “Se nel momento
culminante, proprio quando la marionetta che rappresenta Oreste è per vendicare
la morte del padre sopra Egisto e la madre, si facesse uno strappo nel cielo di
carta del teatrino, che avverrebbe?”
Il Fu Mattia Pascal fu pubblicato nel 1904 sull’Antologia. L’autore
lo scrisse in un periodo di enorme difficoltà mentre assisteva la moglie
malata. E’ la storia di Mattia che va a Montecarlo e vince una fortuna alla
roulette. Nel viaggio di ritorno a casa apprende, dalla lettura del giornale, che
al paese lo davano per morto. I giorni di assenza da casa e il rinvenimento di
un corpo senza vita di un uomo avevano indotto a credere nella sua morte. Mattia
accetta questa morte e si dà una nuova vita col nome di Adriano Meis. Si
stabilisce a Roma dove frequenta personaggi strani e si innamora di Adriana. Ben
presto si rende conto che per la burocrazia non esiste e privo d’identità non può
vivere la vita che sceglie. Questa consapevolezza lo fa ritornare, dopo aver
lasciato i panni di Adriano Meis, nel nuovo Mattia Pascal. In questo viaggio
circolare Mattia si pone a stretto contatto con la morte, ecco perché “Fu”
Mattia Pascal. Mattia è il simbolo dell’uomo che ha patito tutti i disinganni
filosofici e ideologici nel passaggio dall’età romantica a quella decadente. Il
romanzo inizia con: “Mi chiamo Mattia Pascal”, quindi non sono, secondo il Cogito ergo sum cartesiano che
racchiudeva la certezza soggettiva di esistere. Lo stesso cognome del
protagonista allude al filosofo Blaise Pascal per il quale la ragione non basta
all’uomo.
Morto e vissuto due volte in attesa della morte definitiva,
l’unica certezza che ha Mattia è il suo nome e cognome.
L’opera, in diciotto capitoli, descrive nei primi cinque, con
tono comico-satirico, l’irresponsabilità del personaggio. Poi si narrano i fatti
che accadono al protagonista. Nel romanzo troviamo in nuce le problematiche del
relativismo e del doppio (il suo alter ego). In quanto al relativismo Mattia
maledice Copernico per il quale non essendo più la terra al centro
dell’universo, anche l’uomo non è più quello di prima e nessuna verità assoluta
è più ammessa nel campo della scienza, della conoscenza e della morale. Nel
discorso convergono gli influssi della filosofia leopardiana delle Operette
Morali, riprendendo Il Copernico in
cui il Sole afferma: “Io sono stanco
di questo continuo andare attorno per far lume a quattro animaluzzi che vivono
su questo pugno di fango, tanto piccino, che io che ho buona vista, non lo
arrivo a vedere”. Mattia è un uomo relativo e irrazionale, un fallito. C’è da
chiedersi però se realmente sia un perdente. Il suo fallimento è un atto
d’accusa alla società e ai tempi che non permettono a un uomo di vivere senza
cogliere occasioni assurde, senza umiliarsi fino ad accettare una condizione di
uomo ombra. Mattia ritorna al paese ma trova sua moglie sposata all’amico
Pomino e, secondo la burocrazia, dovrebbe riprendersela. Dopo la “scena madre”
con lo svenimento della donna e la caduta del marito, Mattia si allontana
accorgendosi di aver perso pure l’affetto. Ritornerà nella biblioteca di don
Eligio Pellegrinotto e a vivere nella casa di zia Scolastica. E ancora una
volta si ritrova solo. Ciò che lo sconvolge è l’indifferenza del paese davanti
ai fatti accaduti.
Il Fu Mattia Pascal è la storia di un’identità perduta. Il
romanzo ci pone la domanda se poi la carta d’identità sia l’esistenza stessa.
Una carta fornita dalla società con cui l’uomo si attiene alle sue convenzioni,
senza le quali non esiste.
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