La violenza sulle donne

 



La guerra alle donne non conosce tregua. Sono 104 le donne uccise da gennaio di quest’anno fino a oggi, circa 10 al mese, ed è un dato inquietante. Sensibilizzare non basta, bisogna scendere più nello specifico e inserirsi in quelle realtà ad alto rischio. Credere che basti ricordare è riduttivo, ci vogliono azioni energiche e in tempo reale. Ce ne ricordiamo sempre ad ogni donna uccisa, quando si fanno sermoni interminabili sperando che quella sia l’ultima vittima. Alquanto utopistica come strategia!

La guerra alle donne è quasi impercettibile, non trapela. E’ subdola. Accade di solito in ambito familiare, quando non si tratta di uno stalker esterno. Si nasconde così bene che le stesse donne mettono tempo a riconoscerla. Nasce lentamente, alimentata da sospetti, gelosie, invidie, arroganza, onnipotenza. Quando scoppia, è già tardi per intervenire.

Pur affermando che è una guerra da biasimare, gli uomini non si schierano, non sono solidali con le donne. I loro interventi sono blandi, fatti di parole di circostanza, di eventi pomposi ma vuoti, di pregiudizi quando si tratta di farsi avanti. E’ una guerra che può essere sconfitta solo se gli uomini, per primi, prenderanno coscienza di cosa sono stati capaci di fare nel tempo. Non è questione di ceto sociale cui si appartiene, acculturati o ignoranti spesso si comportano allo stesso modo. Ci sono uomini rispettabili, anche di un certo prestigio, che parlano a più non posso della violenza sulle donne, ma poi sono pieni di pregiudizi: che la donna è un pericolo al volante, che da sola non può fare carriera, che ha bisogno di un uomo come di un supporto per andare avanti nella vita, che non deve fare niente, solo assecondare il compagno, che le donne sono nate per servire. Sono solo alcuni dei pregiudizi di uomini. Cominciano con una violenza sottile e impercettibile per poi montare situazioni più importanti e andrebbero smascherati sul nascere e in una maniera plateale. Purtroppo gli uomini veri, quelli che pensano e si comportano in modo coerente su quanto affermano sulle donne sono una minoranza, nemmeno tanto apprezzabile. 

Ci sono ancora padri che alla figlia femmina preferiscono il maschio, che procrea e porta avanti il nome della famiglia. Così come ci sono madri che hanno un rapporto malato con i figli maschi e nemmeno se ne accorgono. Sono loro ad alimentare nei figli atteggiamenti da “maschio” come se l’essere uomo si limitasse alla virilità. L’abuso inizia dalle parole, da quelle che rafforzano i pregiudizi a quelle che offendono. Si annidano nell’animo e restano lì, col tempo lievitano, lanciano segnali d’insofferenza, ritornano periodicamente. L’uomo dovrebbe conoscere la potenza delle parole che con tanta facilità scaglia contro le donne. Ho sentito parole molto offensive pronunciate da ginecologi, scrittori, parroci, dai quali non ti aspetti. E nessuna motivazione può ritenersi valida per giustificare le parole offensive. La parola è uno strumento potente il cui suono e timbro di voce restano per sempre in chi ascolta. Ne dovremmo fare un uso più parco e preciso. Prima di parlare, pensare due volte. Se poi all’offesa della parola subentra anche l’uso delle mani, stiamo in un’escalation da non sottovalutare. Sono violenti anche certi silenzi, quando andrebbero colmati di risposte che non ci sono, di parole che non si dicono, lasciando vuoti che si riempiono di pensieri bui e neri. Chi vive con un uomo che adotta questi metodi, crede sempre di sbagliarsi e che sia cattiva a pensare male. Ci mette tempo a elaborare lo stato di sofferenza in cui si trova. Non accetta che la persona amata si riveli poi un mostro. Amare non basta. Responsabili sono anche tutti quelli che contribuiscono a mantenere in auge atteggiamenti e modi, schemi mentali e cattive abitudini all’interno della società, alimentando i pregiudizi ai danni delle donne. La violenza si esercita in modo fisico e in forma psicologica, quest’ultima annienta e indebolisce. 

L’educazione al rispetto della donna parte sin da piccoli, è una mentalità da acquisire già in tenera età, per diventare adulti responsabili. Non basta l’educazione sessuale, ci vuole ben altro, l’educazione al rispetto dell’altro/a. Non c’è alcun legame tra violenza e amore, o c’è l’una o l’altro. Il vero amore non ha bisogno di violenza, comprende. Chi maltratta non ama, e questo dovrebbe capirlo anche la donna. Il suo senso materno e voler far la crocerossina a tutti i costi prevale sulla paura e non capisce che, da un certo punto in poi, non c’è più alcun ritorno.

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