Napoli, ore 7.30

 



Napoli ore 7,30. Appuntamento tra un’ora. Mi fermo a bordo strada mentre una pioggia insistente non mi lascia vedere a un metro. Ho bisogno di conoscere il punto preciso in cui devo andare e metto su maps. Percepisco che mi trovo nei paraggi della mia destinazione ma essendo in largo anticipo, aspetto prima di portare l’auto al parcheggio. Abbasso il finestrino e guardo la fila nel bar per la colazione con cornetti e caffè, il cui profumo intenso mi toglie la tristezza della pioggia. La canzone di Pino Daniele alla radio non è “Quanno chiove” ma la sua voce inconfondibile e le note giuste la rendono perfetta anche sotto la pioggia. Sul marciapiede alcuni turisti sono già pronti con zaini, cartine e ombrelli alla mano. Osservo i palazzi, imponenti, i marciapiedi ampi con ricche fiorire: tutto in ordine, pulito, nessuno suona, nessuno fa slalom in auto o in motorino. Due postini in scooter distribuiscono la posta parcheggiando ordinatamente prima di avviarsi al palazzo di riferimento. Un taxi scivola tra le due file di auto tra cui anch’io e lascia scendere un uomo, poi scende a prendergli il bagaglio, senza che nessuno dietro protesti per essersi fermato. La pioggia si è fermata e tutto è più chiaro. Intanto mi avvio al garage. Prima di parcheggiare chiedo a un garzone, che attraversa la strada, del vico dove devo andare. Mi risponde: “Signurì, proprio cca’, subito a destra”. Ringrazio, anche per il suo “signurì”, e parcheggio. Camminando mi fa senso il silenzio intorno. Mi ricordo le corse di quando andavo a lezione di piano nei pressi del Conservatorio, l’apprensione ogni settimana per lo studio fatto e l’ansia di fare tardi. Poi mi ritornano le serate a teatro con gli amici, la sfogliatella prima di entrare, il babà all’uscita, anche se poi si andava a cena, i discorsi strada facendo. Intanto il profumo di caffè mi accompagna fino a destinazione. A Napoli è nell’aria, prima ancora che nei bar.

Quando giungo all’ufficio, mi tocca fare una bella fila. Tutti aspettano il loro turno, nessuno intralcia il lavoro degli impiegati e pure questo mi sembra strano. Bella la città a quest’ora. Dopo un’ora sono fuori e vado a riprendere l’auto. Il parcheggiatore, un ragazzo che non avrebbe niente da invidiare a un militare, mi dice:” Sono 5 euro! Un altro minuto e avrebbe pagato 10! Abbiamo un margine di 7 minuti. Quindi è passata un’ora e 6 minuti”.
Gli rispondo che allora sono fortunata, per un minuto ho risparmiato 5 euro. E di rimando mi dice: ”Bisogna rispettare le regole!”
Accidenti, penso, stamattina mi trovo in una Napoli immaginaria o reale? Ma sono stupidamente contenta di non aver trovato nulla da ridire fino a questo momento, salvo l’impiegato che, dopo aver ritirato i documenti, diceva che ne mancava uno e io a insistere che era il primo ad aver consegnato. Si è addirittura arrabbiato e voleva che andassi a rifare la fotocopia. Dopo, quando l’ha ritrovato, si è fatto una risata.
Il traffico al ritorno scorrevole e ordinato, tranne due furgoni che occupano la corsia di destra. L’ingorgo è nei pressi di piazza Garibaldi, alla rotonda verso l’autostrada. Lì i furbi che, invece di incanalarsi, sorpassano e i pullman, a decine, rallentano il flusso. Qualcuno insistentemente suona facendomi ricredere di tutto ciò che avevo fino allora pensato. Mi ricordo che volevo prendere il caffè ma aspetto di arrivare a casa. Sull’autostrada code tranquille. Alla mia destra il mare. Quante volte ho visto questo panorama ma sembra sia la prima volta. E’ proprio vero che vediamo le cose con lo stato d’animo in cui siamo e non solo con gli occhi. Stamattina, nonostante la pioggia, Napoli mi è parsa bellissima.


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