La definizione di cultura, secondo l'enciclopedia Treccani, è: "L'insieme delle cognizioni attraverso lo studio e l'esperienza, rielaborandole, peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé del proprio mondo".
La parola cultura, dal latino "colere", significa coltivare, "prendersi cura" e senza prima la cura di sé stessi non possiamo essere mediatori di cultura per gli altri. Attraverso un percorso di studi, si affina anche la conoscenza delle buone maniere, l'educazione, il modo di porgersi agli altri, sviluppando una certa sensibilità e maturando sentimenti e comportamenti secondo i modelli acquisiti. Il cambiamento avviene man mano, diventando padrone di contenuti che ci rinnovano.
Pensiamo sia così, ma a volte si sommano tanti altri aspetti che, molto spesso, capovolgono le situazioni. E non sempre lo studio è indice di nobiltà d'animo.
Per cui si può arrivare al paradosso, che magari la persona colta diventi anche più "stronza" per effetto di acquisita onnipotenza.
E sono diversi anni che mi imbatto in questi tipi. Molto spesso sono persone che ti sorridono, sembrano innocue, che partono col farti domande che richiederebbero lunghe risposte e subito ti accorgi che sono già salite sul pulpito, bruciando ogni tipo di comunicazione. Vanno all'attacco: mettono in chiaro che loro sono lì per la serie: "Qui comando io". Poi continuano con delle richieste dalle quali non puoi esimerti, poiché ti fanno capire che "giochi in casa loro" e devi "obbedire". Intanto sono privi di tatto, esercitano solo un potere in cui credono ciecamente e solo in quello.
Molti non hanno il senso dell'ospitalità, dell'accoglienza, sono scorretti e arroganti, pieni delle loro azioni in nome della "legalità", che per primi infrangono. La loro arroganza si gonfia dell'umiltà della preda, portando impresso nell'animo: "il potere logora chi non ce l'ha". Con queste premesse non oso immaginare quale cultura possano trasmettere.
Più che di potere parlerei di una zona comfort, per cui uscendo dal ruolo che incarnano sono solo delle nullità, per niente empatici, ma soffrono di individualismo camuffato da finta generosità. Non fanno un passo se non per un loro tornaconto, non agiscono se non per conseguire risultati ben calcolati. Quando vedo queste persone così "impostate", che occupano ruoli cosiddetti di cultura, rabbrividisco. La cultura non è una merce da dispensare, è un discorso continuo col prossimo e i suoi promotori devono conoscere il modo di relazionarsi agli altri.
Ne ho incontrati tanti: quelli che ti chiedono l'amicizia giusto per il tempo di approntare i loro piani e togliertela come se non si fossero mai rapportati con te; quelli che credono siano unici nel loro ruolo; quelli che non vogliono che la loro bolla di "potere" sia scalfita per niente al mondo; quelli che credono così tanto in sé stessi che sarebbe ingiusto se tu gli facessi capire che quel sé è supponente, meschino e invidioso. Ecco, tutte queste persone, invece di spacciarsi per portatori sani di cultura, devono partire dall'educazione. Ho visto persone addette ai lavori, spesso giovani e inesperti, che davanti a te autrice, che sei dentro a queste cose e ci vivi conoscendo ogni meandro della filiera editoriale, vogliono mostrarsi più esperti a tutti i costi. Anche i meno giovani peccano di presunzione e arroganza.
E continuano a credere di fare cultura "lobbizzando", escludendo, invadendo campi a loro sconosciuti, cercando non la cultura ma di organizzare i loro piani in base agli amici, alla cerchia, a chi non ti può dire di no, tirando gli altri per la giacca.
Sperano di fare colpo con il libro del momento, il personaggio che fa audience.
Per fare cultura basterebbe anche cominciare a parlare di questi aspetti infelici, una riflessione sulle modalità, una conversazione su una consuetudine errata che va rieducata, un testo che fa il caso nostro su cui sviluppare un lungo dibattito, una frase tratta dalla quotidianità o da un testo, tutto al fine di confrontarsi. La cultura è un dialogo continuo e bisogna sradicare ciò che di marcio è prima in noi. Ma soprattutto è dare voce agli altri tenendo a bada il nostro super ego sempre e smisuratamente in mostra.
La cultura serve ad acquisire una mente critica e non accomodarsi al conformismo, avere la capacità di capire a fondo le situazioni, i fatti e saper agire di conseguenza. Inizia sin da piccoli e non si interrompe mai. La cultura è anche la condizione interiore di voler apprendere sempre e mantenere gli abiti dell'alunno più che indossare quelli del maestro. Cultura è voglia di imparare, confrontarsi, crescere interiormente e far buon uso di ciò che si apprende, diffondendo, divulgando, rapportandosi agli altri.
Nessun commento:
Posta un commento