C'era una volta...

 


     Foto di F.Baratto


Non è l'inizio di una fiaba, ma di una lenta e continua distruzione di un luogo. A cominciare dai bei paesaggi deturpati dal cemento, dallo scempio dei siti archeologici, per poterci costruire su o accanto o addirittura facendoli scomparire. E c'erano pure le strade ben asfaltate e recinzioni adeguate, diventate oggi mulattiere d'altri tempi. 
Strade lungo la costa, in montagna, sentieri coperti da vegetazione con animali selvaggi che circolano senza che nessuno si faccia una domanda, strade che da pubbliche diventano private, cancelli che ricordano ville primo novecento che chiudono là dove prima c'era un passaggio pubblico. Com'è possibile, invece, che l'autostrada da Londra in Cornovaglia sia asfaltata con la precisione di un pittore, senza cedimenti o avvallamenti o buche pericolose. Nemmeno un sassolino per sbaglio finisce sotto le ruote lì. 

Recinzioni e cancelli compaiono come funghi nonostante ci vogliano concessioni e permessi con tanto di autorizzazioni per poterli posizionare.

 I versanti del monte Faito una volta erano conosciuti e battuti come le nostre tasche. Col tempo questi luoghi nascondono misteri proprio come nelle favole, quando a un tratto appare il lupo. Strade, da entrambi i versanti, sempre in ristrutturazione, se non chiuse al traffico, come porte inaccessibili al pubblico e concesse solo a pochi. Lungo il percorso s’incontra di tutto, da animali lasciati liberi, molto spesso randagi o aggressivi, a ostacoli di ogni tipo: alberi divelti, massi, terreno franato, smottamenti. E nessuno sa niente. Eppure parliamo di una strada provinciale, qualcuno dovrebbe pure occuparsene.  Ed è andata via pure la "panarella” la famosa funivia che da Castellammare di Stabia sale a Faito. Ne passerà del tempo per poter funzionare di nuovo,  ma dopo quanto è successo, chi salirà più lassù come se nulla fosse accaduto?

Una volta esistevano anche gli ospedali, con Pronto Soccorso attivo, dove ti salvavano la vita, al contrario di oggi che, dopo il Covid, hanno deciso che possiamo curarci da soli. Chi lo ha deciso? Quelli che pensano di essere eterni e non usufruiranno mai di un ospedale. 

Sarebbe interessante assistere alla loro disperazione e cosa provano in momenti critici quando non sanno dove sbattere la testa. Oggi gli ospedali della zona sono spettri, dove si può solo nascere, ma dopo la nascita, del lungo percorso verso la morte, non se ne prende cura nessuno. Più aumentano le conoscenze in medicina e quindi guarire meglio e prima, più ci si allontana dal malato abbandonandolo a se stesso.

E’ strepitoso come lentamente si assottiglino le possibilità di usufruire del territorio e delle sue risorse.

Le spiagge una volta erano libere, si poteva accedere a tutte le ore, senza divieti, senza recinzioni, liberi di guardare seduti da uno scoglio l’orizzonte, quando nessuno ti scuoteva a muoverti, oltrepassato l’orario d’ingresso e di uscita.  Oggi paghi per sederti sulla spiaggia, come per tuffarti, lo spazio è ridotto e sembra camminare su un terreno minato, col pericolo che giunga qualcuno a dirti che stai usurpando il luogo su cui ti trovi. La bellezza del posto è a beneficio solo del turista? Chi vi abita non è abilitato a usufruirne?

Il traffico poi impedisce di muoversi da queste parti. Molti si illudono che, grazie al lento scorrere delle auto, il turista noti le bellezze del posto. 

 Ma questo comporta gas di scarichi inquinanti, oltre ai tempi di spostamento che si allungano. E se chiedi come risolvere la questione ti risponderanno con un altro tunnel, un ennesimo scempio unito a tanti altri. Le colline non ce la fanno più a subire bombardamenti per essere sventrate. Con un mare come il nostro potremmo avere un traffico marino disciplinato e veloce per incrementare il passaggio in costiera. Ma anche il mare è diventato di pochi, di coloro che sono in possesso di barche che da aprile a ottobre affollano il golfo adottando sempre meno misure di sicurezza negli spostamenti, inoltrandosi nelle riserve marine inaccessibili con abusi di ogni sorta.

E c’era poi la Vesuviana col famoso treno (per tutti i record negativi) da Napoli a Sorrento. Una volta c’era il posto a sedere per tutti, il controllore lavorava con tranquillità, nessuno si opponeva a esibire il biglietto e si poteva ammirare dal finestrino lo scorrere delle stazioni, della gente che saliva e scendeva, senza risse, trambusti, inconvenienti, ritardi. Andare in treno era un piacere. Ma oggi? Una corsa diventa un'impresa. Ti diranno che è colpa della gente, della maleducazione, del sovraffollamento… 

Intanto un treno così indispensabile per viaggiare da Napoli verso la penisola sorrentina, avrebbe dovuto mantenere uno standard molto alto, ma nel tempo è diventato di uno squallore unico. Dalle nostre parti, se qualcosa funziona, si fa di tutto per distruggerla. Anche la Vesuviana. Un turista che scende sui binari mentre si appresta a recarsi a Sorrento, quale idea si farà di noi? Succede in altre parti del mondo?

Nemmeno sulla Cordigliera delle Ande si assiste a una cosa del genere. Ho letto di trasporti efficienti lassù per quanto in posti tenebrosi. Perché venire da noi se altrove si è trattati meglio? Ma al di là del discorso turistico perché non meritiamo un trasporto efficiente?

La penisola sorrentina non è solo mare, sole, cibo, ma anche storia, cultura, è un territorio ricco di reperti archeologici che molti vogliono eludere, seppellendo quello che i secoli non sono riusciti a fare.  Qui non si valorizza, si ignora. 

Ora se in un territorio vengono a mancare la viabilità, gli ospedali, l’efficienza, l’organizzazione, si potrà mai dire essere un luogo turistico? E ancor prima rispondere alle esigenze dei suoi abitanti?

 


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