Facciamo pace?


Un amico, qualche giorno fa, scherzando, dopo aver ricevuto da me un simpatico rimprovero, mi ha detto:"Dai, su, facciamo pace!" Quell'espressione canzonatoria, propria dei bambini quando vogliono ottenere qualcosa, mi ha riportato a quando eravamo piccoli e succedeva pressappoco la stessa cosa.
Al litigio seguiva sempre una parola un po' strana, con l'incrocio delle dita, per suggellare quello che era stato detto a voce.


Nel giro di un'ora tutto finiva nel dimenticatoio e si ricominciava come se nulla fosse successo. Il litigio ci privava del gioco e allora si cercava subito un pretesto per avere di nuovo la possibilità di stare nel gruppo.


Il gioco era un modo anche per convogliare le nostre energie, dove tutti si sentivano parte integrante del gruppo. Il gioco per i bambini è esperienza attiva, tanto che Friedrich Froebel, noto pedagogista tedesco dell'ottocento, affermava che "solo ciò che facciamo, siamo in grado d' intendere."Il gioco incide sull'apprendimento e "nulla si apprende in teoria o per teoria, nè il sapere, nè la bontà, nè le virtù, ma attuando e realizzando il vero, il bene , il bello." Negli adulti dovrebbe succedere la stessa cosa. Chi non gioca non è abbastanza serio e non è completamente libero. Nel bambino giocare è l'unica attività possibile, quella più reale e dove sperimenta le sue capacità intellettive e relazionali. La qualità della vita di un adulto dipende da come ha vissuto da bambino, e tra le esperienze fatte c'è anche quella d'imparare a far pace, a sperimentare quello che accade se non ci si apre agli altri.


Se solo guardassimo nel nostro passato di bambini potremmo imparare tante cose. Sarebbe un modo per non essere mai in collera, per perdonare piccoli screzi e offese stupide che ci tolgono solo tempo prezioso e scoprire che l'amicizia è un cemento che unisce in modo significativo.

Sono bastate due parole a scatenare coi ricordi, pensieri così semplici che non hanno più spazio nel nostro quotidiano, sempre presi da ritmi incalzanti e dal nostro mondo virtuale.


Basta un sì per andare verso l'altro, per fargli sentire la nostra presenza.
Non è poi così difficile dire sì, quanto tenere fede ai nostri propositi di impegnarci nei confronti dell'altro . Quante volte per i nostri interessi leghiamo amicizie e siamo capaci di scioglierle con la stessa rapidità con cui le abbiamo legate!


La vera amicizia dura in eterno, è rispettosa, attenta, protettiva, coinvolgente, solidale, presente e, più di ogni altra cosa, ci fa stare bene.

Gli amici veri, se vogliamo essere realisti, non sono mai tanti, perchè ciascuno deve avere una nostra parte e non ci sarebbe un tempo così ampio da contenere tutti. Un amico richiede attenzione, ascolto. Nelle amicizie vere non è necessario vedersi spesso, ma sapere di esserci è la presenza migliore e, quando ci si vede è sempre una festa, si sta bene insieme, anche se non ci si vede da una vita. Stare in pace è un esercizio continuo, un processo che, iniziato nell' infanzia, si protrae per tutta la nostra vita. Questo processo va alimentato, da parte nostra, da una continua educazione all'affettività, alla socialità, alla tolleranza e alla collaborazione, limando in noi tutti quegli atteggiamenti negativi che limitano la possibilità di essere fautori di pace.


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