L’autismo rientra nei Disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS) e comprende più di una tipologia, tutti sotto la denominazione dei Disturbi dello spettro autistico per descrivere i diversi casi di gravità in cui la malattia può presentarsi. I casi sono in aumento tanto da parlare di un’epidemia. Tuttavia l’aumento è spiegato con l’abbassamento della soglia d’età entro cui è diagnosticato, mentre prima avveniva con molto ritardo.
I sintomi si avvertono nei primi tre anni di vita e spesso
si fa fatica a capire la sua comparsa. Le cause sono di tipo neurobiologico,
costituzionali, psico ambientali, ma in che percentuali queste tre parti interagiscano tra loro, non
è chiaro. Ci si accorge della malattia molto lentamente ma in modo
inequivocabile. Può manifestarsi con l’isolamento, con una mancata reazione a
uno stimolo esterno, con atteggiamenti opposti a quanto richiesto, con
difficoltà a esprimersi. L’ambito cui essa attiene è quello sociale,
comunicativo, comportamentale. Nei casi più gravi essa è associata a
disturbi del sonno, all’epilessia e a
ritardi mentali. I casi presentano caratteristiche diverse pur mantenendo
aspetti simili, per cui può presentarsi sotto varie forme che vanno da casi di
lieve entità ad altri invalidanti. Prima degli anni ‘90 si sviluppava un caso
su 10.000, dopo, 60 casi su 10.000. L’incidenza maggiore è maschile con un
rapporto di 4 maschi per ogni bambina. Dal
2007 i casi sono saliti a un bambino
ogni 150 nati. L’eziologia non è chiara. Per la componente genetica, tra i fattori che la determinano, ci sono
possibili infezioni materne durante la gravidanza, alterazioni genetiche dovute
a farmaci, depressione immunologica. Sono ipotesi non convalidate ma che
entrano in gioco con una compromissione cerebrale
dovuta a crescita anomala di strutture in relazione alle sinapsi e alla deficienza dei neurotrasmettitori, risposta
immunitaria inefficace e disturbi del metabolismo. Queste rilevazioni non bastano
a definire la malattia per trovare delle soluzioni definitive con un protocollo da adottare, così si cerca di
studiare i vari casi con soluzioni singole. Si è temuto che fossero i vaccini a
influire sull’incidenza, un’ipotesi sollevata da uno studio inglese nel 1998 su
The Lancet e poi ritrattata. Si è anche ipotizzato, tra le possibili cause,
negli Stati Uniti, l’aumento delle madri che partoriscono in ritardo. E’ una malattia invalidante che mette l’individuo
in un mondo silenzioso in cui si misura con se stesso e non è portato alla vita
sociale. Nei casi meno gravi i portatori di questa malattia possono avere una
vita sufficientemente autonoma riuscendo a gestirsi, ma in quelli più eclatanti
hanno bisogno di supporto continuo. E’ proprio la complessità della malattia a
portare complicazioni sociali a carico della scuola e della famiglia. L’inserimento
del soggetto autistico a scuola rappresenta uno stimolo anche per gli altri che
devono affinare le capacità relazionali, l’osservazione e il controllo per
poter interagire con lui. Pur in uno scambio circoscritto e monitorato, la
relazione scolastica affina tecniche e modalità per autogestirsi meglio. Il
peso grava soprattutto sulle famiglie, assorbite completamente, privandole
dello svolgimento di altre attività. L’autistico non è autonomo, ha bisogno di
cure e di atteggiamenti affettuosi, di serenità e tempo. Sembra strano ma
avvertono notevolmente gli stati d’animo degli altri e si chiudono
ulteriormente quando non sentono corrispondenza con chi li circonda.
Grande importanza per lui è la
madre, con la quale instaura un rapporto dipendente. Per certi versi si è
giunti a credere che le madri possano essere proprio la causa scatenante della
malattia, così come sono le uniche a
poter decifrare il figlio. Come dire che sono l’alfa e l’omega della situazione.
Esse sono state definite “madri frigorifero”, per relazionarsi con lui con
insensibilità, freddezza e razionalità, creando nel piccolo una chiusura in se
stesso. Ma poi sarebbero sempre le madri, come afferma Mary Ainswort, a saperli
gestire, le uniche a entrare in relazione con i figli e a comprenderli in tutti
i loro bisogni ed espressioni. Alcuni
hanno spiccate capacità analitiche, risultando veloci in matematica. Tutte
le spiegazioni che ci diamo non sono mai quelle definitive, mancano riferimenti
scientifici validi in una malattia che abbraccia più aspetti. L’autismo dà
notevoli implicazioni sociali per quanto
riguarda la comunicazione e l’interazione sociale. Oltre alla comprensione è
difficile l’interpretazione del loro ambiente chiuso. Bisogna lasciare l’autistico
al suo mondo e a noi il compito di entrarci e non volere a tutti i costi farlo
uscire dal suo e introdurlo nel nostro per credere questa la normalità. Per l’autistico
il suo mondo è quello a sua misura e non potrebbe averne un altro. Il paradosso
è che al distacco che provano per la vita, oppongono una sensibilità fuori dal
comune.
Si spera quanto prima di intervenire sul
nascere della malattia come unico modo per ridurre le complicazioni e avere
maggiori possibilità di guarigione. E
quanto più tempo la ricerca impiegherà per trovare le cause, tanto più si
daranno soluzioni approssimative e fuorvianti. L’unica medicina a disposizione
oggi, oltre a quelle del caso, è l’amore, l’unico che riesca a scalfire il
mondo freddo degli autistici. Non bisogna mai stancarsi di accudirli e vivere
quel loro mondo chiuso come una scoperta continua.
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