Una volta, a scuola, i bambini preparavano la famosa letterina a mamma e papà, un biglietto augurale come voleva la buona educazione per le Sante Feste di Natale e Pasqua. La letterina aveva uno schema ed esordiva con “Cari genitori” e finiva “dal tuo/a e il nome del figlio”.
Era una
letterina preziosa con la prima pagina piena di glitter, pulcini, uova
colorate, casette immerse in un prato fiorito,
con il campanile e due campane ben in
vista. Il foglio custodito nella busta veniva letto il giorno di festa dopo il pranzo ai genitori e agli ospiti. Era come un
debutto, quando il bambino saliva sulla sedia, perché tutti potessero vederlo,
a leggere quei quattro pensierini che aveva partorito, corretti e riveduti. E
tra i parenti c’era chi sorrideva, chi
si commuoveva lasciando spuntare una lacrima, di solito le nonne. La mamma mostrava
un’espressione di orgoglio a vedere la sua creatura capace di produrre un
testo, mentre il papà, ironico, si
aspettava che da un momento all’altro sbagliasse, sciogliendosi solo alla fine
in un sorriso. E anche se leggeva balbettando, se perdeva il segno, se ripeteva
due volte lo stesso rigo, l’applauso era assicurato, con bacio finale da parte
di tutti. Come premio qualche soldino da riporre nel salvadanaio, frutto del lavoro
scolastico di una settimana. La tradizione permane ancora, ma sono cambiate
tante cose. Le letterine moderne sono essenziali, poche righe per
ringraziare i genitori di quello che
fanno, di quello che comprano, delle cure nei loro confronti. I bambini fanno richieste, sottolineano i momenti di affetto
ricevuti. Una volta si scriveva solo di questo, delle promesse da mantenere, e
si disegnava accuratamente la pagina iniziale, colorando come un’opera d’arte.
La fretta oggi vuole fogli scaricati dal web per poi colorarli e spesso spetta
alle insegnanti rifinirli. I bambini
stentano a imparare le poesie, per loro
è troppo stare seduti a memorizzare, come se fosse una fatica di Ercole.
Sì, perché all’interno, oltre al testo da leggere, c’è anche la poesia da
declamare. Ai piccoli solo il compito di
uno scritto: quattro frasi che dicano qualcosa. Ne esce fuori un biglietto che
va continuamente aggiustato. Scrivono poco e non sempre in modo autonomo per
non avere molte cose da dire. Sono molto più diretti di una volta, senza freni
inibitori e chiari su quanto si aspettano. Oggi è un bel rompicapo far scrivere
la mitica letterina, tra genitori separati, papà o mamme lontani, altri
passati ad altra vita… E poi ci sono i patrigni, i compagni, il dividersi ora con un genitore ora con l’altro.
Situazioni familiari delicate per cui scrivere
“Cari genitori” sembra una mancanza di rispetto dell’insegnante che, pur
conoscendo la situazione, insiste. Ma se vogliamo “Cari genitori” è scritto in riferimento alla
nascita del bambino che avviene per forza da due persone anche se strada
facendo cambiano le cose. Bisogna usare delicatezza, lasciare le loro espressioni
senza correggerle, non tanto per l’aspetto formale, quanto per il contenuto. C’è chi non vuole che si parli del papà per
tutto il male fatto alla mamma e a quel punto non uscirà mai fuori il “caro
papà”, o chi non avendolo, al solo
pensiero, va in ansia. Vale anche per la
mamma. La letterina non è un modo tanto per scrivere qualcosa. In queste
occasioni escono fuori delle frasi e considerazioni che non uscirebbero in
altri casi. Una volta una bambina di
otto anni scrisse in una letterina di
Natale “ Cari genitori, se non la
smettete di litigare, preparo la valigia e me ne vado”. Quando le feci
notare che non era una letterina ma un’avvertenza per i suoi, lei mi rispose
che voleva proprio quello. Un altro bambino chiedeva alla mamma di non aver
paura della pioggia e che da grande
avrebbe fatto il medico per curarla. Notai solo in seguito che nei
giorni di pioggia il bambino si assentava. Un’altra bimba rifiutava il vero
padre che restava fuori per lunghi periodi di navigazione e si era affezionata
a uno zio, vicino di casa, cui lesse la letterina, ostinandosi a crederlo suo
padre, con grande rammarico di quello vero, sentendosi colpevole per le
continue assenze. La letterina è un modo
o un pretesto per dire le cose liberamente e l’unico scritto che resta ancora
con penna e carta e nelle forme più creative nel mondo digitale. Ed è un
momento di ascolto per gli adulti, uno dei pochi, sempre che i biglietti
augurali vengano poi letti e non solo sbirciati velocemente, senza più quel
rito di salire sulla sedia a declamare mentre gli altri ascoltano, riducendolo
a un insignificante momento.
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