Aspettare,
oltre ad affinare la pazienza, è la condizione di noi umani. Tu hai fame, gli
altri tardano. Tu vuoi uscire, gli altri sono impegnati. Tu devi lavorare, gli
altri pretendono di essere accompagnati. Tu vuoi essere accompagnato, ma gli
altri non possono. Questo ciò che accade nel quotidiano, mentre nel tempo
diventa la condizione esistenziale. Così
dipendiamo dal prossimo e l’attesa, molto spesso, racchiude anche la delusione.
E attendiamo dal nulla risposte, dall’impossibile il reale, dal futuro i fatti.
Mi riporta all’opera di Samuel Beckett, Aspettando
Godot. “Godot”, contiene la parola God,
Dio in inglese, e pare voglia dire aspettando Dio. A un’analisi più attenta
essa è anche formata da due vocaboli in lingua inglese: “go”, verbo andare e
“dot”, punto, e quindi “non potersi muovere”. Ed è la condizione di Vladimir ed
Estragon che aspettano Godot sotto un albero, in un luogo desolato. Giunge poi un
ragazzo a dire loro che forse arriverà il giorno dopo. Il tempo passa, si avverte
dalle foglie che cadono dall’albero, ma la situazione non cambia. Quanti di noi
aspettano eventi, situazioni, mutamenti che non accadono mai. Il termine
aspettare deriva da “aspicere”, guardare qualcosa che si avvicina, mentre
attendere riporta più a uno stato di tensione per qualcosa di incerto. E così
aspettando ci illudiamo che la vita ci venga incontro, ma gli eventi, pur
manifestandosi all’esterno di noi, sono processi interiori. La realtà è
trasformata dai nostri pensieri, dalle idee, dalla nostra volontà. L’attesa è eterna se noi non spezziamo la
catena, non facciamo quel cambiamento che desideriamo. Ognuno è mosso dai
propri bisogni e desideri e partecipando pienamente alla vita, se ne assume le responsabilità. E’ il trovarci
da soli che ci fa paura e ci accompagna agli altri. Così diluiamo i nostri
timori ponendoci in attesa, uno stato di apparente riflessione che assume poi
le caratteristiche di impedimento a muoversi per non cadere nell’incerto. Con
gli altri possiamo sempre attutire le debolezze e giustificarci, senza, è più
difficile.
Se decidi da solo, sei attore protagonista e il motore di
questa avventura fino alla fine. Per quanto tempo possiamo agire in piena autonomia,
senza cadere nelle insidie che la vita ci tende col suo
venirci addosso quando meno ce lo
aspettiamo? Pochissimo. Abbiamo
bisogno del gruppo per rafforzarci con l’approvazione degli
altri. Solo allora ci muoviamo, altrimenti siamo tanti Didi e Gogo, i due amici
vestiti da barboni in attesa di Godot. E nel frattempo cosa fanno? Si lamentano
del caldo, del freddo, del ritardo… Chi si dà da fare non attende e non si
lamenta, vive, affronta il quotidiano, rende protagonista ogni ora della sua
vita. E bisogna lasciare fuori la paura che sempre inficia la capacità di provarci,
tentare per non arrendersi al progetto che fa di noi quello che vogliamo.
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