Un
binomio da sempre poco felice è quello di suocera e nuora, rapporto difficile
da gestire. Madre e moglie si contendono rispettivamente il figlio e il marito
e sono viste come due rivali. La cultura popolare pone il figlio maschio sotto
l’egida materna: il mammone che resta legato alle mille apprensioni e alla completa
benevolenza della madre, anche quando dovrebbe essere redarguito. L’uomo che
prende moglie, diciamo la verità, subisce un impatto notevole nel passaggio di
consegna dall’una all’altra. Il confronto diventa spietato. Come rinunciare al
ragù di mammà che non potrà reggere il confronto con quello di una giovane
donna senza esperienza culinaria. La mamma stira la camicia come la sacra Sindone,
la moglie non arriverà mai alla sua perfezione soprattutto per il collo e le
grinze qua e là. Il bianco del bucato di mammà era immacolato, il bianco post
matrimonio diventa un beige. Il caffè della madre è un rito, della moglie un
frettoloso servizio. E il risveglio mattutino? Mammà sempre dolce, la moglie
sempre isterica. Litigare con la mamma finisce sempre con una risata, con la
moglie con una rottura di timpani. E poi la biancheria pulita tutti i giorni
sull’asse da stiro, da marito bisogna cercarla nei cassetti e soprattutto fare
accoppiamenti quanto meno possibile disastrosi. La mamma si arrabbia sempre in
silenzio, la moglie sa solo rimproverare. Il figlio perde una nutrice, una
confidente, una complice, una protezione completa. D’altra parte la moglie mal
digerisce la continua interferenza della suocera che a sua volta non gradisce
di uscire di scena troppo presto dalla vita del figlio. Un altro possibile
malcontento di madre è che il figlio, molto probabilmente, vivrà più tempo con
sua moglie che con lei. E anche quando tra le due donne si instaura un rapporto
accettabile, gli altri credono che si sopportino. E’ difficile spezzare un
pregiudizio che dura da secoli. Perfino nell’antica Roma ci si serviva di
questo punto debole per costruire storie. Come la commedia di Terenzio (184
a.C.-159 a.C.), l’Hecyra. Terenzio
è l’autore che più di ogni altro approfondisce i rapporti umani, l’uomo al
cospetto col suo simile. La sua "humanitas" è in tutte e sei le sue commedie che
differiscono da quella plautina, ridanciana e ricca di equivoci. L’Hecyra fu compresa solo alla sua terza rappresentazione
a causa di un pubblico non proprio devoto a questo tipo di approfondimento
etico. L’autore tratta temi psicologici educativi e le sue commedie si
prestavano alla riflessione. La storia racconta di Filumena e Panfilo sposi che
vivono con la madre di lui, Sostrata. Panfilo, innamorato della cortigiana
Bacchide, solo dopo il matrimonio, avvenuto per volere del padre, viene
conquistato dalla moglie. Sostrata intanto mette a suo agio la nuora che un bel
giorno abbandona il marito e si trasferisce dal padre visto che aspetta un
figlio, frutto di una violenza avvenuta prima del matrimonio. Qui si innesta il
pregiudizio. La gente, non conoscendo la vera causa del suo allontanamento,
comincia a credere che la suocera la maltratti. Sostrata è una madre amorevole,
che non esita a sciogliere i dubbi sulla buona fede della nuora e non
infierisce nei suoi confronti. Cerca soluzioni, si incolpa del problema ed è
molto umana. Viene sfatato il luogo comune della suocera velenosa e la nuora
tenera. Difatti è proprio la suocera a
risolvere la faccenda. Si ritira in campagna togliendo ogni possibile interferenza
tra i due. A questo punto interviene un personaggio nuovo, Bacchide, la
cortigiana di cui era innamorato Panfilo che svela a Lachete, padre di costui,
che nella sera in cui il figlio era andato da lei, aveva un anello che le aveva
raccontato di aver strappato a una fanciulla a cui aveva usato violenza. E
grazie a quell’anello si apprende che la donna, di cui Panfilo aveva abusato,
era proprio sua moglie, per cui il figlio che aspettava Filumena era suo. Tutto
ritorna, dopo un giro di incomprensioni e pregiudizi. Terenzio presenta personaggi
nuovi e insoliti come quello della suocera e della cortigiana, e dei due forse
Bacchide è la vera protagonista, colei che salva e gratuitamente si presta a
sciogliere il nodo. Terenzio aveva la capacità di entrare nelle intercapedini dei
rapporti ed esaminarne gli aspetti psicologici, le emozioni e conseguenze.
D’altra parte è autore di quella famosa frase, tratta da un’altra sua commedia l’“Heautontimorumenos”(che significa il punitore di se stesso),
“Homo sum: humani nil a me alienum puto”,
“Sono un uomo: nulla di ciò che è umano penso debba essermi estraneo”.
Nella vita odierna la suocera è giovane, sa affrontare le
problematiche di coppia, non si intromette nelle scelte del figlio. Le donne
hanno raggiunto una maggiore conoscenza di se stesse e si rispettano di più,
trovano punti di forza in comune e non invadono il campo dell’altra. La donna
dona armonia all’interno della famiglia, pur svolgendo più ruoli: madre, nuora,
moglie, suocera, nonna. Li attraversa tutti e nei vari passaggi dovrebbe ricordare
quello che è stata la sua precedente posizione per essere d’aiuto alle altre
anche quando le giovani non comprendono e non si allineano alle leggi dei
cambiamenti che la vita detta. La donna è un fuso attorno al quale si arrotola
la vita. L’intelligenza gioca un ruolo importante ma non sempre assicura un
rapporto scevro da sentimenti negativi quali gelosie, invidie, rancori, avversioni
e vendette. Solo accettando il figlio come qualcosa al di fuori di se stessa e
con una propria autonomia, e non come una proprietà, si può vedere la donna che
gli sta accanto con occhi benevoli. E solo vedendo la suocera non come una
rivale ma una donna con una sua storia da rispettare, si potrà comprendere il
suo modo di agire e amare il marito senza timori. Come in ogni rapporto
pedagogico c’è sempre qualcuno che insegna e un altro che impara e viceversa.
Nei rapporti umani insegnare e imparare sono azioni complementari che avvengono
in tempi diversi, raramente ravvicinati. Dovremmo ricordarcene nelle varie fasi
della vita.
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