La Divina Commedia è croce e delizia di ogni studente. Perché studiare oggi la Divina Commedia? E’ da leggersi per tre motivi: è storia del Medioevo, storia della lingua volgare ed esempio di sublime poesia. In ambito mondiale, Dante occupa un posto di prestigio, rappresenta non solo il padre della lingua italiana ma è tra i grandi della letteratura mondiale, accanto a Shakespeare, con il quale si contende un posto d’onore. Harold Bloom, massimo esperto mondiale di letteratura, definisce Dante “il più aggressivo e polemico tra i grandi scrittori occidentali, capace, da questo punto di vista, di eclissare persino Milton”. Ed è così poderoso sul piano retorico, psicologico e spirituale da minare la fiducia di tutti gli altri. L’unico poeta la cui originalità, inventiva e straordinaria fecondità facciano davvero concorrenza a Shakespeare. Bloom definisce il poema una profezia da aggiungere al Vecchio e al Nuovo Testamento.
La Commedia nasce da un proposito oratorio, di persuasione e non
poetico, ma diventa qualcosa oltre questo semplice intendimento. La poesia investe
ogni cosa e resta poco di quell’iniziale progetto riuscendo a trasfigurare il
contenuto, imprimendogli un valore più personale e affettivo. Nasce un poema
allegorico secondo la tradizione medievale, rivolgendosi a un pubblico quanto
più vasto possibile con un metro quale: la terzina del serventese, su sistema
di tre strofe di tre endecasillabi ciascuna a rima incatenata. Commedia poiché
alla tristezza iniziale si giunge poi a un lieto fine. Ma Commedia anche per
descrivere un mondo vario, dal carattere composito, con punti di vista
contrastanti, che mescola livelli stilistici diversi. L’aggettivo “Divina” fu
apposto da Boccaccio nella biografia dantesca e fu solo dal cinquecento che si
aggiunse a Commedia. Il proposito dell’opera nasce già alla fine della Vita Nova, tra le prime opere di Dante,
dove l’autore si propone di parlare di Beatrice quando sarà capace di farlo
degnamente. Un’opera in attesa di completarsi con qualcosa di più ambizioso.
Qui deve affrontare un viaggio per niente facile e, seppure nato dalla fantasia
di un uomo, la costruzione dell’Inferno, Purgatorio e Paradiso resta per il
mondo cristiano, la rappresentazione per antonomasia dell’oltretomba. Per
questo si ricollega alla tradizione medievale dei viaggi allegorici e morali
oltre a quelli dell’aldilà.
E’ costituito da tre Cantiche:
Inferno, Paradiso e Purgatorio, dove l’Inferno è quella più corposa, varia,
umana e drammatica. La struttura dell’opera si basa sul numero tre, numero
perfetto, operazione simbolica a cominciare dalla Trinità. Ogni canto è
costituito da un insieme di terzine per un numero di versi massimo di
centosessanta. Ogni cantica consta di trentatré canti ciascuna, l’Inferno ne ha
uno in più per il Prologo, in tutto cento Canti.
All’inizio del viaggio
immaginario si fa esplicito riferimento a due viaggi esemplari: quello
intrapreso da Enea e da San Paolo, uno portatore della civiltà pagana,
l’altro della religione cristiana.
Dante attinge tra le altre opere
al Somnium Scipionis di Cicerone, le Metamorfosi di Ovidio e dalla
letteratura religiosa al De contemptum
mundi di Innocenzo II, le Vitae
patrum, la Legenda aurea. Poi dai testi in volgare i poemetti di Giacomino
da Verona, Bonvesin da la Riva, il Libro
delle tre scritture, Bono Giamboni con Il
libro dei vizi e delle virtù. Per quanto concerne la struttura della
Commedia, la costruzione etica e fantastica è basata sull’Etica Nicomachea e
sulla Retorica di Aristotele, San Tommaso, Fulgenzio, il De Officiis di Cicerone,
Boezio. Il numero tre ha un simbolo di unità e trinità di Dio: l’allegoria del
poema è il viaggio dal peccato alla salvezza con più guide: Virgilio, Beatrice, San Bernardo. L’allegoria è posta in modo così tenue da non
intralciare mai lo svolgimento delle azioni. La struttura esteriore al racconto
è data da Beatrice che, scomparsa dal mondo, porta il poeta a smarrirsi in una selva
oscura. La stessa Beatrice invia a Dante una guida a soccorrerlo, Virgilio, che
lo accompagnerà attraverso l’Inferno e il Purgatorio per poi lasciarlo a lei
nell’Empireo. Il suo viaggio è simbolo del cammino dell’umanità. L’Inferno è
costituito da una voragine conica di nove cerchi che, attraverso la porta sotto
Gerusalemme sprofonda fino al centro della Terra, luogo deputato a Lucifero.
Agli antipodi di Gerusalemme, s’innalza la montagna del Purgatorio, costituito
da nove cerchi ruotanti attorno alla terra, oltre la quale si trova l’Empireo.
I peccatori nell’Inferno sono distribuiti in base alle colpe dello schema
aristotelico: alle porte dell’Inferno stanno gli ignavi, il primo è il Limbo dove
ci sono coloro che morirono senza battesimo e gli spiriti magni, cioè vissuti
fuori dalla rivelazione cristiana; seguono, nel secondo, i lussuriosi, nel
terzo i golosi, nel quarto gli avari e prodighi, nel quinto gli iracondi e
accidiosi. Nel sesto cerchio gli eretici ed epicurei, al settimo i violenti,
l’ottavo i fraudolenti, al nono i traditori. Nel Purgatorio i peccatori sono
disposti in sette balzi seguendo lo schema dei sette peccati più l’Antipurgatorio,
sede di chi tardò a pentirsi e attende di essere ammesso a espiare la colpa.
Nel Paradiso si ritrovano i Beati distribuiti nei singoli cieli. I peccatori
sono assegnati ai luoghi in base ai peccati. Le pene seguono la legge del
contrappasso, da intendersi come una corrispondenza o un’opposizione tra la
pena e peccato.
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