Oggi in spiaggia guardavo le file ordinate dei lettini, tutti
allineati sotto gli ombrelloni. Poi, più in là, è emerso un signore, a pochi
ombrelloni dal mio, seduto su una sedia da regista. Ehilà, dove l’avrà presa
mai?
Con le gambe accavallate, guardava intorno perlustrando con lo sguardo il mare, le persone, l’orizzonte,
chi andava via, chi arrivava e, tra uno sguardo e l’altro, leggeva. Ecco che cosa non mi tornava: quel signore leggeva beatamente su una sedia stabile
mentre i lettini ti vogliono a guardare il cielo con il libro che fa da confine
tra te, l'ombrellone e le nuvole. Così non reggi per più di un
quarto d’ora. E, se pure alzi lo schienale, pare di stare all’ospedale.
In due giorni, per leggere un libro, ho dovuto portare quattro
paia di occhiali. Ho cominciato con quelli per la lettura: io sdraiata, perdevo
di vista la pagina e salivo con lo sguardo attirata dalla forma delle nuvole, per
poi ritornare tra le righe con grande difficoltà. Questa posizione mi sembrava
funerea, per cui mi sono seduta alzando lo schienale. A quel punto sono stata
costretta a inforcare gli occhiali per la mezza distanza, che di solito uso al computer. Ma quando il sole mi accecava, facendomi perdere il segno, ho
dovuto prendere quelli da sole. Che andavano anche bene se non mi avessero scurito
le parole. Allora mi sono seduta di lato, con il libro appoggiato sulle gambe, effettuando
un altro cambio di occhiali. Non riuscivo a trovare una posizione adatta.
Esausta, dopo tanti passaggi e spostamenti, l’ho posato e sono andata a fare il
bagno. Si vedeva che ero contrariata e a chi mi ha chiesto cosa fosse successo,
ho cominciato col dire:
“Ricordo quando la regina della spiaggia era la sedia a sdraio. Intanto avevo salva la schiena e i gomiti sui braccioli, leggevo quotidiani, libri, risolvevo i cruciverba, lavoravo il filo con l'uncinetto, scrivevo, disegnavo. Era come una postazione da ufficio e soprattutto non mi alzavo mai rotta. Dopo avevo salva la schiena ed ero soddisfatta di aver compiuto ciò che desideravo.
Ora, quando
mi alzo dal lettino, devo fare stretching per riabilitarmi nella posizione
eretta, cammino come un pinguino e non finisco mai di leggere. Poi c’è sempre
un ospite che viene a sedersi per fare quattro chiacchiere, una crema da spalmare,
i bambini che salgono e scendono come se stessero sul letto di casa, il telo che
va continuamente ripulito dalla sabbia e riposizionato e tu ad aggiustarlo come
chi si prepara il giaciglio per la notte. La sdraio fa parte dei nostri ricordi di una
volta, quando ci accoglieva come un nido.
Ci si poteva anche dormire, anzi poteva addirittura dondolarci e, quando ci
prendeva il freddo, tiravamo addosso il telo senza fare troppa attenzione se
pieno di sabbia o bagnato. Ci preservava dalla brezza e dalla sabbia che
immancabilmente qualcuno alzava.
Un primo modello nacque nel 1903, poi fu perfezionata nella forma che conosciamo nel 1938. La portavamo da casa con l’ombrellone. La sdraio è per chi è vigile, osservatore, mentre il lettino è l’ideale per chi si chiude nella sua bolla, tra sole, sonno e telefono. La maggior parte dei lidi usa solo i lettini, e senza la sdraio anche la lettura langue. È da tanto che non si vede in giro un giornale da leggere, tanto più sulla spiaggia, ma che non si possa leggere un libro è troppo. Qualche volta che ho portato il giornale in spiaggia, finiva per diventare un groviglio di fogli, umido e pieno di sabbia, come se avesse attraversato una tempesta.
E poi? Di cosa parli oggi con un vicino di ombrellone? Quasi di niente, l’amico più sincero resta il telefono e abbandonarlo anche solo un minuto sembra impossibile. Le notizie te le invia l’etere e tu le devi solo raccogliere, ogni confronto con una persona reale sembra superflua. Pensiamo di essere informati attraverso questo gettito continuo di notizie, imbrigliati in chilometri di spazzatura tipo cosa fanno i ricchi a Montecarlo, l'ultimo sapientone che snocciola le sue teorie, in apparenza uno scienziato, di fatto uno che non ha conseguito nemmeno la terza media, opinionisti che presentano la politica secondo il loro Vangelo, in modo approssimativo e superficiale a mo' di pettegolezzo e poi i tormentoni dell'estate che quest'anno toccano a Raoul Bova e i protagonisti della camera "Kiss me".
Abbondano le ricette, i cuochi, i tutorial per ogni cosa, anche come sturare un lavandino, ma se chiedi della situazione in Medio Oriente, la riposta più gettonata è che lì si combatte da sempre e si combatterà a vita. Punto.
E poi mi chiedono se conosco un’estetista per la colata, alla
modica spesa di venticinque euro, suscettibile di aumento in base ai territori da
bonificare e, una volta avute le unghie da strega, con quegli artigli sei
dispensata da qualsiasi lavoro per non rovinarle. E poi ci sono i capelli, il
trucco, il cibo, la vacanza…
Qualche giorno fa una mia
vecchia conoscente mi dice: “Da quando la conosco, in spiaggia o legge o scrive,
non l’ho mai vista fare altro”.
“Oddio, faccio anche il bagno!” E ridiamo.
Immagino una fila di sdraio in prima linea, subito dopo il
bagnasciuga, per bagnanti alle prese con la lettura. Tra una pagina e l’altra
il lettore osserva i vari movimenti della spiaggia e, se si addormenta, può sempre
appoggiare il libro al viso e passare per avere una vista da talpa.
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