È un'opera dal contenuto moderno che vede anche noi protagonisti quando ci lasciamo irretire da interessi e aspetti venali lasciando languire la nostra sfera emozionale e sentimentale. Se Filippo II avesse conosciuto le sofferenze del figlio e se ne fosse fatto carico, non avrebbe cercato l'amore di una giovane fanciulla che poteva essere sua figlia, per suggellare un accordo politico, così come Carlo quinto, se non avesse indotto suo figlio Filippo a crescere in fretta e in nome della politica, avrebbe potuto vivere una paternità migliore invece di essere solo grande uomo politico europeo del suo tempo. A volte le situazioni che ci ritroviamo a vivere non sono altro che l'eredità di quello che ci lasciano e siamo costretti a coprire piaghe e ferite che difficilmente rimarginano e per questo far soccombere i nostri sogni.
L'eroe perdente
C'era una volta...
E' un incipit più che noto, che evoca tutto un mondo da scoprire e fa pendere dalle labbra di chi racconta , come se a proferire quelle parole fosse un oracolo.
Sono le parole che hanno alimentato il nostro immaginario, che hanno dato vita alla nostra carica esplosiva di fantasticare a tutto tondo, che hanno lasciato crescere in noi sentimenti di amore e odio, facendoci discernere il bene e il male.
"C'era una volta" sottende una storia che vuol prendere forma dentro di noi, che lentamente si farà strada fino a rapirci completamente come ascoltatori e a influenzarci come futuri raccontastorie. C'era una volta ci fa credere che di sicuro esisterà quel luogo immaginario anche se solo nella nostra fantasia e forse ci vuole portare lontano per staccarci da situazioni che ci fanno male o forse ci trasporta in quelle storie che non potranno mai accadere o in quelle che sono esistite e sono come se non le avessimo mai vissute.
I miei "C'era una volta" sono tantissimi, così tanti da costruire storie a misura di situazioni dove sgomitolo fatti reali trasfigurati, elevati su un piano irreale e leggero. Una parola magica a scuola è proprio "C'era una volta" con la quale si ottiene un silenzio e un'attenzione religiosa. I bambini amano immedesimarsi nei loro personaggi e partecipano con tutte le loro emozioni. Ho raccontato tante storie che sarebbe impossibile ricordarle tutte, ma quello che ricordo bene sono gli occhi sgranati dei bambini attraverso i quali leggevo, attimo per attimo, le loro emozioni che corroboravano ancora i più la mia fantasia.
I bambini sono i migliori testimoni e giudici dei sentimenti degli adulti ed esternano i loro senza freni inibitori, con una freschezza e un'autenticità che sarebbe un miraggio presso gli adulti.
Stamattina, a una bambina che mi ringraziava per aver assegnato sul suo quaderno, ho detto che era molto bello da parte sua dire grazie per ogni mia azione nei suoi riguardi. Lei mi ha risposto: "Io ti dico sempre grazie perchè tu sei bella" e io le ho risposto che questo è un altro discorso e che si ringrazia perchè è giusto ed educato che si faccia.
Ho compreso subito che per bella intendesse gentile, mentre io mi ero fermata a un aspetto esteriore del valore della parola. Ho cercato di spiegarle questo concetto e che nel suo piccolo diceva una cosa giusta e lei mi ha risposto:"Tu sei bella per questo!"Questa volta ha lasciato me ancor di più a riflettere sul concetto di bellezza.
C'era una volta la bellezza... e si potrebbe continuare...Che fine ha fatto?Potrebbe essere il titolo di una storia se solo ci impegnassimo a non ritenere il mondo disarmante dei bambini come un momento transitorio nella vita dell'uomo, ma piuttosto un tempo di cui dovremmo prendere atto ed esempio per tutta la vita. E' questo il tempo della semplicità e della bellezza dove un universo in miniatura risulta essere più aderente di noi adulti alla realtà.
Se solo amassimo di più la bellezza della vita non avremmo tempo per tutte le sue brutture!
La violenza, espressione di superbia?
Terenzio, un autore latino ricco di humanitas,diceva "Homo sum, humani nihil alienum puto" "Sono un essere umano, non ritengo nulla a me estraneo " e la frase continua dicendo:"Quel che fai è giusto? Lo farò anch'io. Non lo è? Te ne dissuaderò" e pertanto ogni fenomeno, ogni aspetto di ciò che accade, dovrebbe farci comprendere qualcosa o indurci a cambiare qualcosa.
In una società civile, fatti così gravi vanno presi in seria considerazione e non trovarsi come gli struzzi con la testa sotto la sabbia, dicendo che tanto sono cose che accadono sempre e da che mondo è mondo. Se invece di giustificare ogni nostro atteggiamento reprensibile(consuetudine di noi italiani) prendessimo l'abitudine di vagliare, forse tante cose si capirebbero molto prima degli esiti nefasti.
La violenza è forse un atteggiamento comune di tutti noi come espressione di una superbia che ci porta ad affermare i nostri credi, le nostre idee, modi di fare sempre e comunque, o piuttosto il sintomo di una società difficile da gestirsi in questo momento storico?
Siamo pieni di sondaggi in ogni ora del giorno, psicologi ad ogni angolo, filosofi in ogni dove,ma ognuno è rintanato nella sua nicchia da cui osserva e valuta. Non basta comprendere e conoscere, talvolta bisogna agire. Mi chiedo: una società civile prende atto di quello che avviene al suo interno? E come cambiare le storture della società? Abituandoci? Convivendoci? Eludendole? O affrontandole? Una volta esisteva l'educazione, oggi esiste la faccia tosta con la quale si giustifica tutto perchè è opinione comune che sia l'atteggiamento giusto di chi si fa rispettare, tanto che la "malacreanza" è arrivata in Parlamento.
Che fine ha fatto il self control che tanto faceva signori? Il povero Monsignor Giovanni Della Casa col suo Galateo si starà rivoltando nella tomba. Oggi siamo nell'epoca dell'antieducazione, a tutti i livelli, in tutti i ceti sociali, in ogni ambiente di lavoro. E allora perchè scomporsi per questa violenza? Difatti essa non scompone più nessuno, perchè tutti sono abituati alla zuffa che fa tanto tendenza. Litigare fa audience, riempie i giornali, c'è materiale da vendere, da dire, da zittire.
Quando un popolo zittisce con argomenti spazzatura è perchè ci sono altri problemi a monte molto più seri. La violenza è l'espressione più immediata dell' affermazione della propria personalità a tutti i costi, senza rispetto per le regole, nè per l'altro. Nell'Utopia di Tommaso Moro, una sferzante satira alla società del XVI secolo, con particolare riferimento all'Inghilterra di quel tempo, l'autore vagheggia una società fondata sulla cultura, sull'educazione , sulla filosofia, sul piacere, per uccidere la tirannide, ma soprattutto per uccidere la superbia.
L'incanto della pittura
Non so di preciso per quanto tempo ammirai la tela, ma ne passò molto, visto che rimasi quasi da sola accanto al dipinto.