C'è sempre posto per un sogno?

Sognare, c'è chi lo fa di giorno e chi solo di notte; chi crede che serva a farci perdere tempo, tanto non accade mai niente di quello che sogniamo, e c'è chi attende una vita intera per quello che spera. In ogni caso sognare non ha controindicazioni, né possiamo definirla una debolezza o ancora un aspetto del carattere.
E poi ci sono sogni e sogni. Ci sono i sogni eterni, quelli che abbiamo in mente e non si realizzano mai, ma ci sono anche quelli inaspettati, che accadono malgrado tutto. Sognare, diciamo la verità, è anche una parola abusata da quando le abbiamo trasmesso un alto valore, quello di rappresentare ciò che non c'è, che non possa accadere e che reputiamo impossibile. Tutto ciò che crediamo impossibile resta ascritto nel sogno e se poi accade, crediamo di esserci sbagliati e che quello era solo un fatto realizzabile.
 
Credo che la presentazione di questa parola e il suo apprendimento avvenga nella scuola d'Infanzia, quando le insegnanti, pur di vedere rappresentato il mondo del bambino sul foglio, raccontano tante storie in cui il piccolo si identifica a tal punto da non poterne fare più a meno. Impariamo, in questo tempo, a distinguere ciò che viviamo da ciò che pensiamo e manteniamo questi due piani distinti e separati come due mondi che si completino a vicenda.
Le storie, che abbiamo ascoltato nella nostra infanzia, hanno alimentato questa sfera insegnandoci a costruire, mentalmente s'intende, il nostro mondo. Ecco che se ci attardiamo a rispondere o a seguire, subito ci riprendono dicendo che siamo nelle nuvole e sogniamo ad occhi aperti
Ma legata a questa sfera c'è anche l'altro mondo del sogno, quello in cui non siamo coscienti e avviene durante il nostro sonno. In questo caso il materiale adottato è quello costruito con l'ascolto delle storie, quando abbiamo fantasticato e immaginato i nostri eroi con tanta passione. E lo viviamo così intensamente che possiamo svegliarci ridendo o piangendo, afflitti o felici come se quell'azione l'avessimo vissuta.
Ma in ciascuno di noi c'è un battesimo dei suoi sogni sin da piccoli, cioè un momento in cui si è avuto bisogno così insistentemente di crearsi un mondo alternativo, che se facciamo uno sforzo possiamo dargli una data.
Anch'io l'ho fatto e mi sono ricordata che alla scuola dell'Infanzia dovevo sempre seguire le compagne più lente nei lavori quando io finivo prima. In quel caso lasciavo la compagna a colorare quello che le disegnavo mentre rappresentavo il mio mondo fatto di prati, aquiloni, animali, mare e quando il foglio era strapieno, mi raccontavo da sola quella che avevo rappresentato. Ne uscivano storie che, le compagne a me affidate, ascoltavano senza fiatare mentre l'insegnante, visto il mio successo, me ne mandava altre. A questa situazione, che non mi andava più bene, poiché limitava la mia attività fantastica, ovviai non andando più a scuola materna e restandomene a casa dove avevo maggiori possibilità di costruire con ogni mezzo il mio mondo interiore. Nessuno obiettò, né le insegnanti che sapevano di limitarmi, né i genitori che conoscevano quello di cui ero capace. Riempii la casa di fogli rappresentati,  di costruzioni, di modellini da riprendere...Quando ero intenta a disegnare i miei nonni si affacciavano e dicevano tra loro:" Lasciala stare, sta sognando".
Ho capito che sognare è anche assecondare la propria indole, il processo interiore, con la necessità di scoprirsi e costruire di nuovo. Sognare è fare proiezioni su quello che già sappiamo, montare e smontare il futuro, rivedere il passato, prenderne spunti...E poi credere in quello che amiamo, che desideriamo, di cui siamo capaci di costruirci. Sognare non è poi così lontano dal vivere e non poggia nel vuoto. Sognare ha sempre una base reale, vicino a noi, una base su cui siamo già saliti. Sognare è esprimersi al meglio cogliendo l'essenziale, quello che realmente siamo e non come ci vedono gli altri.
Fare una disamina della propria vita serve a capire anche la natura dei nostri sogni e quanto essi siano legati alla realtà.
 
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