Filomena Baratto, autrice del
romanzo “L’albero di noce”, Graus Editore, giugno 2017, nuova versione di “Rosella”, sarà a Firenze
il 28 giugno prossimo, nella verde cornice dell’Orto Botanico, Giardino dei
Semplici, per la sua prima presentazione.
D− Come
mai una nuova versione di Rosella?
“L’albero di noce” è la nuova
versione di Rosella, pubblicato la prima volta nel 2012. E’ la storia di mia
madre, che aveva bisogno di una rivisitazione, una lettura con occhi diversi.
Questo accade quando un romanzo resta dentro e fa parte di te, come quei figli
che hanno bisogno di cure continue. Così ho chiesto al mio editore di farne una
versione nuova a cominciare dal titolo, così come la copertina e il contenuto.
D−
Quindi, una necessità?
Una necessità anche in
previsione del fatto che vorrei diventasse un film, visto che si presta molto a
una sceneggiatura. Ci sono temi interessanti come la condizione femminile degli
anni 50/60, la descrizione di una società maschilista e piena di pregiudizi, il
tema dell’adozione e i suoi risvolti psicologici. Tutto questo intorno alla
storia d’amore di due adolescenti che non hanno vita facile.
D− Perché
questo nuovo titolo?
Alla luce di una nuova lettura
del romanzo, analizzandolo da un altro punto di vista, ho riscontrato che c’è
un albero di noce che ritorna sempre, dall’inizio alla fine della storia.
Mentre prima lo leggevo, oltre a scriverlo, come la storia di mia madre e
basta, a distanza di 5 anni, da quando è stato presentato per la prima volta,
lo rileggo come una grande storia d’amore che inizia con un albero di noce. Non
più solo la vita di una donna, ma anche la storia di due ragazzi alle prese con
l’amore, ma soprattutto col mondo adulto che si rivela fatto di pregiudizi e
superstizioni, praticità e a tratti falso.
D− Come
mai la scelta di presentarlo prima a Firenze?
L’idea è nata a Genova, nell’ aprile scorso, quando sono andata a
presentare Just Job alla Biblioteca Berio. Lì ho incontrato un critico d’arte,
architetto, curatore di molti eventi interdisciplinari, Beth Vermeer. La
storia, il titolo, la protagonista del romanzo ben si inseriva nel contesto
dell’evento che stava preparando. Design of the
Universe, di cui fa parte Beth
Vermeer, è un gruppo indipendente di architetti e curatori, con base in
Francia, che concepisce e realizza progetti multi ed interdisciplinari su
piano internazionale, per incrementare il dialogo tra le scienze e le arti
e per ottimizzarne la sua comunicazione.
D− Un motivo per leggere
questo libro?
E’ una storia
vera, accaduta nel territorio vicano, una storia che fa parte del passato e rivisitarlo non fa
mai male. Rileggere fatti e situazioni di un tempo aiuta sempre a capire il
nostro presente.
Da Vicoequenseonline
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