Le domande, quelle serie



La fattoria, Joan Mirò, 1922


Stamattina mi sono svegliata con idee troppo grandi, nel senso che mi pongo domande a cui non so rispondere. Mi chiedevo come sarà la nostra terra, il luogo in cui viviamo, tra cent’anni, ma anche solo cinquanta.

Queste sono quelle domande che nascono quando hai fatto una bella dormita e ti svegli con tutte le antenne accese. Be’, che dire. Il detto chi vivrà, vedrà, non mi basta. Di sicuro non ci sarò, come voi d’altra parte, ma  questo non ci evita di chiedercelo.

Più che pronostici, restano solo domande. Intanto il verde esisterà ancora? Voglio dire, lasceremo quello vero o si creeranno aiuole sintetiche, finto inglese, abolendo gli alberi? E le scie chimiche avranno modificato il nostro cielo? Potremo godere ancora dei colori che ci circondano? Ma poi, mangeremo qualcosa di genuino, ancora il latte, la mozzarella, la frutta o sarà tutto sintetico anche quello? E il sole avrà subito qualche variazione? La sua luce sarà diversa? E come si viaggerà, ancora con l’auto o potremo atterrare con l’elicottero personale sull’attico. Il cielo sarà oscurato dagli aerei, droni e quant’altro da farlo sembrare buio e tenebroso come quello nel dipinto della Gioconda? E il mare? Prenderà gran parte delle spiagge, troveremo ancora la costa di oggi, o rientrerà inglobando tutti quegli scempi costruiti nel tempo?

   Ma chi lo può dire? Come possiamo immaginare di non trovare i monumenti nel posto che occupano oggi o come cambierà la geografia dei luoghi, e le strade saranno ancora asfaltate? E il mare? Sarà di un altro colore, forse sulle tonalità di nero, poiché il cielo sarà buio e cambieranno poi anche i nostri pensieri guardando il mare o forse non lo vedremo più? E forse non ci saranno più le belle giornate di sole ma tutto sarà foschia, tetro e immobile come quando ci s’immerge in un sonno? Io mi preoccupo dei fiori e degli alberi, degli uccelli e delle api, certo detto così mi sento un po' San Francesco, ma immagino i luoghi che abito e non posso vederli diversi da quelli di oggi. Siamo così assuefatti ai paesaggi e ai panorami che ci circondano che anche l'immaginazione si rifiuta di lavorarci. 

 Ci sarà un inverno dei luoghi dell’anima con un buio anche dentro? E mangeremo ancora ciliegie, ci saranno ancora le rose, gusteremo ancora la pizza o non la avremo più per mancanza d’ingredienti? E se poi ce li propinano sintetici, voi li mangerete? E se andranno via i sapori e i profumi, come ci orienteremo? Possiamo semplicemente dire che noi non ci saremo e toccherà ai posteri scoprire tutto questo. Ma i posteri verranno dopo e quello che penseranno dipende da noi, oggi. Ed è per questo che i pensieri vanno curati, coltivati, ascoltati e noi siamo i precursori degli uomini di domani.

 Svegliarsi dopo una bella dormita può essere anche pericoloso se mi ritrovo con riflessioni del genere, che m’impelagano in discorsi così profondi. Sarà bene dare una risposta a ciascuna domanda,  se il domani si fonda su quello che decidiamo oggi.

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