Diario di bordo

Stamattina sono stata in barca con papà per  il primo bagno  della stagione. Ci siamo avviati verso la costa in direzione Punta Campanella. Appena seduta in barca mi sono guardata intorno uscendo dal porto. Mi piace lo scenario che lasciamo alle nostre spalle, lo conosco a memoria, ma ogni volta lo guardo con occhi nuovi. A destra una famigliola di anitre che scivolava sull'acqua tra le barche, senza timore di essere investita, a destra yacht e barche più grandi, sugli scogli qualche pescatore. Man mano che si procedeva, il vento riusciva a bloccare il caldo afoso che non ci lasciava respirare. Papà seduto al centro, al timone, da vero comandante, stava di spalle, mentre io, dietro di lui, ne osservavo la sagoma che conosco così bene, controllavo le spalle con leggera e impercettibile differenza. Non sono gli occhi che  guardano, talvolta è l'anima che fa essa stessa occhio e mi parla del tempo che passa. Forse, ogni volta che esco con lui, in tanto silenzio che sa di pensieri affettuosi, di prendere quello che ci viene dato, lo vivo come un privilegio. Quante volte siamo usciti per andare a fare il bagno insieme, ormai un rituale, eppure ogni volta è come se fosse la prima volta, con emozioni nuove, con sensazioni diverse, con pensieri cambiati. Stamattina erano pensieri sereni, filiali, di chi guarda il padre e pensa di voler bloccare quel momento. Guardavo mio padre ed ero contenta di stare lì con lui, anche se parliamo poco, anche se da uno sguardo comprendiamo tutto, anche se crescendo cambiano i modi di scambiarsi l'affetto. Oggi osservavo il suo fisico asciutto come se avessi voluto scrutare ogni segno del tempo che passa e la stanchezza dei suoi occhi. Leggevo la rassegnazione di chi non si aspetta niente e vive di momenti, di chi non chiede ma da uno sguardo ti dice tante cose. Abbiamo parlato dei suoi dolori alla schiena, del suo braccio con cui è caduto e non ne ha voluto sapere di operarlo, per cui da quella parte non riesce a essere autonomo. Si lamenta del dolore che alle due di notte lo sveglia puntuale e non lo fa dormire, un dolore dovuto alle posizioni assunte nei lavori della vigna e dell'orto. I nostri silenzi, a tratti, si colmano di risposte e che non diciamo apertamente. Ma la bellezza di mio padre, a parte i suoi occhi brillanti, è il suo sorriso, sempre gioviale, allegro, pronto ad essere un valido compagno. Dopo aver fatto il bagno, in una cala dopo Sorrento, ci siamo seduti l'uno davanti all'altra sul tavolino consumando un panino, zucchine e albicocche. Ci siamo divertiti, abbiamo riso tanto. Mio padre mi spiega delle cose che, se volessi apprenderle da sola, non saprei dove andare a cercarle. Per esempio come funziona il motore della barca, o per quale motivo le patate con la buccia viola sono le migliori, ma il colmo è stato quando mi ha raccontato una battuta di caccia di un'aquila a Punta Campanella, lì si è superato. Ha descritto il volo del rapace per raggiungere il nido di un piccolo gabbiano ma, nel momento in cui lo ha afferrato tra le zampe e  si è dato alla fuga, sono accorsi i gabbiani, non si sa se genitori o parenti ( e qui giù a ridere) che volevano riacciuffare la preda. Lei, regina incontrastata, continuando a volare lo ha  buttato giù voracemente. Tutta la scena vista dalla barca puntando lo sguardo verso la montagna. Come racconta mio padre una storia, non sa farlo nessuno. Poi ci siamo stesi a prendere il sole ed io mi lamentavo di non poter scrivere per aver dimenticato le penne. E lui a prendermi in giro dicendomi che  non riesco a stare senza far niente, nemmeno in barca. Poi al ritorno abbiamo scattato tante foto, in tante pose, con tanti panorami. E poi di nuovo il silenzio tra noi fino al porto.
Arrivati all'attracco, noto che  il sole è ancora caldo, la mia pelle arsa e le spalle bruciate. Finalmente al nostro posto, dopo la manovra, ci siamo soffermati ancora a guardare il sole e ho pensato di aver trascorso una bella giornata, fatta di bei pensieri, di sorrisi, di chiacchiere e di mio padre.

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