Varcare la soglia dei diciotto
anni è un momento indescrivibile, carico di emozioni e trepidazioni per entrare
nel mondo degli adulti. Gli adulti! Se sapessero quale confusione regna in
questo reparto, non vorrebbero mai entrarci. Le matricole di oggi sono
certamente ragazzi svegli, giudiziosi e
capaci di grandi riflessioni. Sono cresciuti a pane e computer, in famiglie
nuova generazione, complete di benessere e difficoltà, difensori dell’immagine,
figli di Narciso, poco legati alle regole che si infrangono prima ancora proprio
in seno alla famiglia. A casa i genitori si scambiano facilmente i ruoli, con
mamme impegnate e papà permissivi, talvolta sfuggenti. Di questo nessuna colpa ai
giovani, sono i grandi che non sono più i curatori della famiglia come una
volta.
Riescono appena a relazionarsi figuriamoci se si ha il tempo di parlare
di temi importanti come la politica. Essa viene chiamata in causa quando le
cose non funzionano. Per esempio quando si riscuote uno stipendio per niente
soddisfacente, quando ci si arrovella per le tasse, quando un mutuo costa un
accidente o quando una legge è contro gli interessi di molti cittadini. La
politica è vista piuttosto un servizio da erogare che non una mentalità da costruire.
Durante le elezioni ci si ricorda, memore delle difficoltà incontrate, e ci si
vende al miglior offerente: al personaggio di turno che meglio incarna le
aspirazioni di tutti. Così facendo cresciamo i ragazzi nell’approssimazione,
mentre dovrebbero acquisire dei comportamenti desunti da stili di vita propositivi.
Dovrebbero esercitarsi sin da piccoli, per poter diventare come i castori,
“costruttori di dighe”. E pensare a quando
noi, vecchia classe, abbiamo compiuto diciotto anni, è come ritornare alla
preistoria: pieni di timori, sotto l’egida materna più che paterna, rispettosi,
ligi al dovere, già pieni di progetti per l’avvenire in testa. Ma non eravamo
migliori. Si era assuefatti agli stili e alle idee di famiglia e non si usciva
da quel recinto. I ragazzi di oggi sono molto più aperti, pur amando la
famiglia, si creano spazi e amicizie come se fossero mondi distinti e separati.
Sono autonomi e sanno cosa vogliono. La famiglia è un contenitore dove le cose
taciute diventano oscure e mai più comprese. Quello che si apprende
discutendone in famiglia non lo si può fare in altri contesti. Maturare è
questo: ascoltare, confrontarsi, capire
e decidere. Tutto quello che
avviene in famiglia è di grande rilevanza. I nostri giovani vivono la politica
come quando si va ai grandi magazzini: al miglior offerente danno il voto, osservando
poi cosa succede. Giunti dove siamo, impossibile capire cosa scegliere in un
contesto poco leale. Scegliere per un bene che non sia personale, scegliere per
ideali e non per vendersi, scegliere per progredire e non cadere in ritorni al
passato, scegliere per costruire. E solo dopo aver conosciuto. Sono
disorientati da quello che sentono e che vedono. Vanno a istinto, a quello che
propinano gli stessi parenti, amici,
conoscenti. La scuola e la famiglia dove
devono formarsi, sono tra loro contraddittori. Non si vota per compiacere gli
altri, né per timore di non essere più amico di, e nemmeno per non deludere.
L’unico di cui tenere in considerazione è se stessi. Diamo peso a questo
diritto che nel tempo ha perso valore. Le sorti della politica possono essere
cambiate proprio grazie alla forza dei giovani in un paese anziano.
Il fallimento della società è dato
da quella grande percentuale di giovani indecisi e distanti dalla politica e in cui non credono.
Ai loro occhi è torbida, non chiara e complicata e continuano a rilevare che
ogni volta è un azzardo alla sperimentazione con gli uomini di turno. Ma ancor
di più è preoccupante quella parte di giovani che ha scelto di non votare per
non avere referenti in cui identificarsi. In questo caso votare comunque,
scegliendo chi farà meno danni, adesso e in futuro. Diffidare di quei politici
che perorano le cause solo di determinate categorie, perché rappresentano la
maggioranza dell’elettorato. Diffidare di chi corrompe con agevolazioni ad personam, diffidate di chi è entrato in
politica per salvaguardare i propri interessi o di chi spera di avere in mano
il comando prima ancora di essere eletto. Molti vogliono salvare solo se stessi,
la maggioranza non vuol perdere privilegi, e altri non lasciano le poltrone
nemmeno quando sono spudoratamente in fallo. Per muoversi nei meandri della
politica bisogna chiedere, informarsi, farsi spiegare, sottolineare le cose e
avvicinare solo chi parla una lingua chiara. Molti politici fanno leva proprio
su chi va a votare per la prima volta, ritenendolo facile preda. Non si è persa
la cattiva abitudine di chiedere il voto come quando si portano i confetti per invitare
a un matrimonio, e se necessario promettendo l’inverosimile. Prima di votare
avvicinarsi ai fatti salienti di storia, approfondire la conoscenza del proprio luogo, della vita dei genitori, di
chi li ha preceduti e quelle che erano le loro aspettative. Ormai gli ideali di
partito di una volta non esistono più. La vera rivoluzione sarebbe quella di
cambiare il sistema di pensiero, di fare politica per ordinare e non scombinare
i piani delle vite altrui, di semplificare le cose e non complicarle, di
snellire e non incrementare. Ma un conto
è capire come stanno le cose, un altro rimboccarsi le maniche e partecipare. Ai
giovani indecisi e a quelli che vorrebbero astenersi dico che è meglio votare. I detentori del
futuro devono votare sempre e comunque per esprimere quello che altri mai
potranno fare per loro e soprattutto per
affermare un loro diritto oltre che dovere.
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