Giuseppe è il papà di Gesù che
tante volte abbiamo disegnato a Natale, messo nei nostri presepi, vestito nelle
rappresentazioni varie. Non si sa molto di lui, non abbiamo notizie oltre quel
poco che basta a presentarcelo. Lo abbiamo visto sempre nella capanna, simbolo
di casa e di famiglia, col suo bastone, come un re accanto a Maria, nei suoi
abiti colorati ricchi di drappi, con quella barba segno di saggezza.
E tutto quello che abbiamo pensato di lui è che era un vero padre. La paternità
non è semplice definirla, ma tutti sappiamo cos’è. Lo abbiamo appreso dai
nostri, che forse al cospetto di Giuseppe possono sembrare da meno, soprattutto
meno santi, ma non è così. Ogni padre racchiude in sé l’amore per i propri
figli anche se
non sa esprimerlo o deve impararlo proprio da loro
.
San Giuseppe, il padre per antonomasia ma anche paradossale per la sua
paternità putativa: non ha concepito con Maria quel figlio. E prima
ancora fu un fidanzato “nei guai”, come diceva Matteo. Sì, perché quando seppe
che Maria attendeva un figlio, mise in dubbio la sua verginità, lungi da lui il
pensiero che fosse opera dello Spirito. Voleva ripudiarla, cosa che fece in
cuor suo pur non ammettendolo. Ma un angelo gli apparve in sogno e lo dissuase.
Troppo semplice detto così, ma possiamo immaginare quello che provò, e che
dovette superare. Intanto nessuno può incarnare il ruolo di padre se non
Giuseppe. E quel gesto che molti possono contestare, è forse quello che gli
conferisce maggiore credibilità. Che padre sarebbe stato oggi Giuseppe, o che
uomo, che marito? Difficile saperlo. Eppure quel falegname è entrato nel nostro
immaginario come il padre per eccellenza. Un padre buono, comprensivo,
affettuoso, esemplare. La sua fu una vita di obbedienza, senza mai ribellarsi.
E se i dubbi non lo avessero
attanagliato per molto tempo, prima di sposare Maria, sarebbe stato difficile
credere al suo lato umano. Una paternità non sua ma accettata lo rende moderno,
ancora più vero come padre. Oggi il caso di Giuseppe non è novità, ci sono
esempi vari, ma di sicuro ci sarebbe bisogno di una paternità più sentita. I
padri sono sempre a combattere con un ego troppo grande o troppo piccolo o
troppo in formazione per accogliere i figli secondo i loro bisogni. La prole
passa in secondo ordine rispetto ai loro bisogni e un figlio arriva anche
troppo tardi o prestissimo, due tempi non consoni alla paternità. Chi accetta oggi
di sposare una donna con un figlio non
suo? Sarebbe sintomo di debolezza per i
più, reprensibile per molti, per altri non si pone proprio la domanda. E se
anche un padre oggi accettasse una paternità non sua, quella decisione
rappresenterebbe sempre motivo di discussione e ripensamenti. Giuseppe ha fatto
sua quella paternità, e l’ha esercitata meglio di un padre vero. Che rende un padre
vero o cosa deve fare per essere tale? Deve crescere suo figlio vedendo in lui l’uomo che sarà, educandolo e
fornendogli esempi. Un figlio chiede
tutto: dall’affetto, al consiglio,
all’aiuto, alla presenza, all’abbraccio, al supporto. La grandezza di Giuseppe è quella di aver
preso sulle spalle quel figlio e non averlo mai ricusato. La paternità non è avere
lo stesso gruppo sanguigno, i tratti somatici uguali, il carattere simile,
appartenere allo stesso albero genealogico. La paternità è vestire un ruolo da
rispettare e onorare sempre e non qualche volta. Quanti giovani padri oggi
ripudiano i loro figli solo perché non sono pronti, non se lo aspettavano, non
lo volevano, non era il momento. Spesso sono capaci di ritrattare anche l’amore
pur di evitare un figlio. Molti rifuggono il ruolo per sentirsi eterni
ragazzini. Il padre oggi è una figura latente e non si stenta a credere, come
dice Papa Francesco, che se oggi Giuseppe avesse saputo di Maria che era in
attesa di un figlio non suo, sicuramente avrebbe avuto bisogno dello
psichiatra. Giuseppe rappresenta la fede silenziosa, il capire che l’ubbidienza
è la prima regola per amare. Il padre ha
una funzione fondamentale, è quello che permette, secondo Lacan, la costruzione
della soggettività del figlio, staccandolo dal rapporto incestuoso con la madre
e ad andare oltre. Interagisce tra i due, si inserisce nel rapporto e lo modera,
lo modella, lo lima. Il padre fa
emergere la soggettività dei vari componenti della famiglia mettendoli in
relazione col mondo esterno. Giuseppe è il padre buono che sa ascoltare, che è
paziente ed è presente. La difficoltà più grande di essere padre è quella di
esserci sempre.
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