Molte storie televisive, tra quelle di maggiore successo, si fondano sul sentimento di vendetta. Una caratteristica che distingue soprattutto le serie straniere. Essa si costruisce su un danno materiale o morale da infliggere privatamente, che ripaghi il torto subito. Vendetta e giustizia non sempre vanno d’accordo, spesso la vendetta può oltrepassare la soglia del danno ricevuto. Questa sproporzione innesca meccanismi sempre più contorti. D’altra parte l’oltraggio va pure rimosso con una punizione. Solo così si può ristabilire l’equilibrio e placare l’inquietudine da cui si era attanagliati. L’impresa può rivelarsi molto più faticosa del danno portando a estreme conclusioni. E se da un lato attenua la rabbia e il rancore, dall’altra può suscitare nuovi odi e risentimenti. Da una vendetta non si torna illesi, e il male non ricade solo su chi deve essere punito, anche su chi lo ordisce. Si moltiplicano i contrasti e le incomprensioni.
E’ figlia poi dell’ira,
dell’incapacità a riflettere prima di prendere qualsiasi decisione in merito. E
lo scambio di offese non si placherà se a quel primo male non si risponderà col
bene. I sentimenti andrebbero educati attraverso la conoscenza, l’esperienza e la
riflessione prima di imparare a gestirli. Ma tutto s’impara al momento e a oltraggio
ricevuto è già tardi per capire come reagire, mentre la mente si annebbia e
chiede solo vendetta, la più naturale delle tentazioni. Un sentimento così
intenso da poterci costruire su una trama efficace con decisioni inaspettate,
sorprese, ricatti, ritorsioni che tengono col fiato sospeso a lungo. Visionare
un film con questi ingredienti può servire a comprendere ciò cui si va incontro.
Non solo il cinema e la tv, anche la letteratura si fonda in buona parte su
questo sentimento. Alexander Dumas padre ci ha appassionato con Il Conte di Montecristo, dove il
protagonista, Edmond Dantes, trascorre la vita a vendicarsi di tutti quelli che
lo avevano mandato in prigione ingiustamente. E non è forse ciò che fa Ulisse
tornando a Itaca quando rende giustizia alla sua casa e alla sua sposa uccidendo
i proci? E l’Iliade con Achille che prende di nuovo le armi per combattere? Per
non parlare delle tragedie di Shakespeare, tra cui l’Amleto. Qui il principe deve
vendicare la morte del padre, il re di Danimarca. La tempesta del dubbio, “essere
o non essere”, deriva proprio dall’incertezza tra riflessione e azione che si
contrappongono in lui. Goethe e Coleridge hanno definito l’Amleto il dramma dell’introspezione e della speculazione, dove
tutto si fonda sulla passione che anima il protagonista, al quale non basterà
l’apparizione del fantasma del padre per mettere in atto la vendetta, vuole
comprendere e come gli altri è impegnato a spiare per capire. Il sentito dire
diventa importante e pericoloso al contempo. Servirà la maschera della pazzia e
non solo l’orecchio a portare alla luce il detto, il conosciuto dei fatti. E I Promessi Sposi non attendono trentotto
capitoli prima di poter contrarre il matrimonio che Don Rodrigo ha impedito nel
primo per vendicarsi di Lucia che ha osato rifiutarlo? E Dante non ha attuato
una vedetta nei confronti dei suoi contemporanei incontrandoli all’Inferno? Là,
in Shakespeare, il dubbio amletico si trasforma in azione, qui, in Dante, la
vendetta è tutta letteraria e funge lo stesso da valido strumento offensivo.
Nel medioevo la vendetta era un dovere per ogni uomo d’onore.
Era un modo per circoscrivere un conflitto. Le sue radici affondavano nella
pratica dell’ordalia, consuetudine germanica, in cui ogni contrasto poteva
essere risolto con un duello. Pur essendo una contesa tra due persone richiedeva
dei mediatori, testimoni, pacieri, quindi attenersi a un rito. Lentamente al
duello si sostituì, all’interno della nascente burocrazia dei Comuni, il
processo. Lo stesso Federico II di Svevia proibì l’ordalia nel 1231.
Vendicarsi scatena una tempesta da cui non ci si libera
facilmente. Si presta bene da un punto di vista cinematografico. Ma la letteratura
resta il luogo privilegiato della vendetta. Un misero sentimento è capace di
innescare grandi azioni, gesta, messe in scena.
Con l’arte e per mezzo dell’arte si può dire tutto. E come
dice Alessandro Piperno “L’arte è il dono che Dio ha dato ai letterati di
vendicarsi senza spargimento di sangue”.
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