La finestra sul cortile

 



Non è il titolo del film di Hitchcock del '54, ma la mia finestra nello studio che affaccia sul cortile di casa. Nel vecchio studio, a piano terra, dava sulla strada, ora, al secondo piano, dello stesso stabile, dà sul cortile interno. Una finestra di 90 cm per 150 cm che fa entrare, oltre alla luce, un piccolo pezzo di casa esterna con piante rampicanti. Quando la apro, cosa che faccio appena entro, ogni mattina, la brezza che giunge da fuori mi porta i profumi delle piante e i canti degli uccelli facendomi svegliare. La cosa più bella e insolita, il canto degli stormi mentre scrivo. Più che canto, un vocio infinito, simile più a un ciarlare che a un cinguettio o canto di uccelli. 

Spesso, quando alzo lo sguardo per controllare  e valutare lo scritto sul monitor, un'ombra copre la luce della finestra. Allora mi distraggo e osservo fuori, attirata dai tanti volatili che vanno nei loro nidi sulla muraglia di confine. Dal cemento emergono sfiatatoi circolari creati per mantenere asciutto il muro. 

La verità è che gli uccelli scelgono solo gli scoli asciutti, facendoci identificare quelli umidi. 

Spesso mi incanto a osservare come portano all'interno gli sterpi e i rametti per il nido ed è veramente impressionante il lavoro che fanno. Qualche ramoscello talvolta fuoriesce e subito lo inseriscono all'interno con piccoli movimenti del becco, in modo da non lasciare niente che penzoli. A vedere il muro, quando non sono al lavoro, non emerge niente che possa far pensare a dei nidi nel cemento. Fanno un lavoro pulito e, una volta sistemati i loro covi, si danno da fare per il cibo. A volte dai buchi, perfettamente circolari, emergono beccucci di passerotti in attesa di essere imboccati da madri svelte a rimpinzarli. La loro è una staffetta inesauribile: volano via dal nido, tempo alcuni minuti e ritornano carichi di cibo che calano nelle bocche affamate. Lo fanno con cautela e lentezza, contrariamente al loro volare forsennato di quando si allontanano per recuperare vermi e altro. Verso la fine del muro penzola un lungo groviglio di edere e rami che si calano giù dal terreno sovrastante. Quell'ammasso, che a giorni sarà tagliato, crea un po' di frescura e un riparo alle loro corse senza freno. Col vento di questi giorni i cespugli appesi al muro svolazzano facendo disperdere polvere, foglie  e pulviscolo per l'aria prima di planare al suolo. In fondo, vedo un ritaglio di collina a terrazze che degrada verso la strada. Lì, in alto, dei papaveri si ergono tra la folta erba come punte di colore e, in ultimo, uno sprazzo di cielo turchino. Mi sembra un quadro impressionistico, tra colori e punte, insetti, qualche geco dormiente e ancora lento nelle sue corse lungo i muri. Il silenzio è rotto, da questa parte di casa sempre in agitazione,  dalle madri che imboccano i figli. Ma quanto mangiano questi uccellini? 

Se poi c'è una pausa nel lavoro di trasporto, allora i giovani stormi adottano un altro registro: il loro vociare assume proprio una cadenza del parlare e io immagino le loro conversazioni. Cosa potranno dire? Che oggi, per esempio, è bel tempo ma ventilato, che qualche figlioletto avrà fatto indigestione con tutti quei vermi, che in giro c'è poca roba o forse sono stanchi del loro girovagare. Ma potrebbero essere conversazioni anche più civettuole! I momenti di silenzio ci sono, di solito, verso la seconda parte della giornata. Ma sebbene manchino le voci non altrettanto accade con i movimenti: talvolta ne vedo qualcuno in picchiata dall'alto verso il  suolo, uscire con una fretta pazzesca dal buco, altre volte farfalle come piccole aliene svettano lungo la muraglia, incuranti degli ospiti che si aggirano nei paraggi. Se proprio stanno in silenzio per qualche ora, vedo piccoli sciami di api, mosche e altri insetti librarsi nell'aria. La primavera è anche qui lungo il cemento di casa ma ricco di verde, giù e su. Immaginavo i nidi solo sugli alberi come una volta quando ero bambina nel terreno dei nonni. Anche gli uccelli si sono adattati ai cambiamenti ma credo più ancora alla nostra presenza. Vogliono stare in compagnia e sentirsi protetti, forse anche solo dai nostri sguardi, che ancora apprezzano le meraviglie del mondo naturale. Dimenticavo i piccioni che si appollaiano lungo la mensola di acciaio, alla sommità del muro, a mo' di tettoia che ripara dall' acqua e dai detriti. 

I piccioni arrivano in picchiata e si lucidano le penne, poi a piccoli passi si inoltrano nel cespuglio fino a volare via e di nuovo tornano. Quest'angolo di finestra mi offre uno spettacolo che spesso mi distrae. Mi ricorda che, mentre scrivo e leggo, fuori la vita continua e mi viene a trovare bussando con suoni, colori e profumi.

Oggi non ho potuto fare a meno di prenderla in seria considerazione.

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