Ognuno ha un cantuccio del suo paese o della sua città che preferisce
più di ogni altro luogo. Ci ricorda qualcosa, o lì abbiamo vissuto un’esperienza
importante, ci ha ispirati, ci ha fornito dei piacevoli stati d’animo o semplicemente
è in sintonia col nostro spirito. Una
panchina su cui abbiamo riparato per molto tempo, un percorso che abbiamo
scelto per la sua bellezza, una vista irresistibile cui non potevamo rinunciare
o un semplice sentiero su cui abbiamo sparso i nostri pensieri nel tempo. Li
chiamano i luoghi dell’anima e sono loro a sceglierci, non li abbiamo cercati. Rappresentano la nostra casa.
Anch’io ne ho uno e non ho bisogno di andarci per sentirlo mio,
mi basta tirarlo fuori dai ricordi. Se poi lo attraverso, le emozioni
amplificano fino a esplodere. La vita che quel posto ci ha regalato, o meglio
quella che abbiamo conosciuto attraversandolo, vivendolo, ci appartiene. Per tanti
anni non riusciamo a staccarcene, si resta appiccicato e anche quando ce ne allontaniamo,
è non essersene mai andati. Resta intatto in noi, dove ritorniamo quando ne
sentiamo il bisogno.
Se invece siamo fortunati e quel posto continuiamo a
frequentarlo da non subirne mai la mancanza, l’abitudine lo renderà una nostra
estensione e con noi crescerà. Forse migliora, diventa un luogo diverso e riusciamo
a sovrapporre le sue immagini nel tempo con gradualità, accettandolo nelle sue continue
versioni. E’ lo stesso tra madre e figlio, crescendo l’uno e invecchiando l’altra
il rapporto non cambia, restano sempre madre e figlio, anche con le rughe l’una
e la barba l’altro. Saranno sempre il bambino da cullare e la mamma che
accudisce. Così i luoghi per noi.
Resteremo a vita incantati dai posti che racchiudono le
nostre esperienze di vita e fatto conoscere noi stessi.
Il mio è un luogo speciale, ricco di storia. Mi ha visto
crescere, ha ascoltato i miei discorsi lungo il suo percorso, mi ha dato
sensazioni di benessere, di contrarietà, di avversione. Ha condiviso momenti
importanti, ha maturato sentimenti, mi ha dato per anni degli scenari stupendi
in ogni stagione, mi ha fatto riconoscere i miei stati d’animo. Significa che ad
ogni passo su quel sentiero, cresceva o moriva qualcosa in me. Che cosa mi ha
lasciato? Il chiacchiericcio degli alberi al passaggio del vento, l’ ascolto dei
miei pensieri su quei fruscii, i profumi di siepi e fiori, di frutti, di odori
che ancora oggi mi riportano sugli stessi passi, la fatica di quando lo
percorrevo velocemente in inverno per il freddo,
e lentamente in estate per il caldo, di agitazione per una
notizia, di corsa per una paura, di apprensione per qualcosa. E’ stata la mia
casa in cui ho abitato per un lungo periodo di vita, assistendo quotidianamente
alla mia crescita. Saprebbe, ora, ridarmi le mie giornate di allora, i miei
bronci, i miei sorrisi, ricordarsi dei miei abiti, le scarpe, come mi muovevo,
che cosa guardavo e sono quasi gelosa di avermi avuta quando piccola. Da
qualche parte custodisce ancora i miei discorsi ad alta voce quando percorrevo
il tratto, giocando sotto la pioggia con i piedi nelle pozzanghere, lasciando
che l’acqua mi scrosciasse addosso, o quando il vento mi sferzava sotto il
cappotto e il berretto sollevandomi e facendomi avanzare o retrocedere con
forza. Sono cresciuta lì, su quel passaggio, una soglia su cui mi affacciavo
ogni giorno, è lì che m’intrappolavano le mie domande più difficili e le mie
risposte più contraddittorie. Ora quel luogo rappresenta un cantuccio del mio
animo ricco di ogni cosa. I nostri luoghi sono porti che ci accolgono sempre e
la forza che ne traiamo, forgia il nostro modo di ragionare, sentire, immaginare.
Mi riporta la mia storia, chi sono, da dove vengo, cosa ho vissuto, cosa sarei
senza il suo conforto. I luoghi elettivi non lo diventano per la bellezza
fisica, ma per quello che ci hanno trasmesso. E la bellezza di un luogo è fatta
anche di quello che ne fa di noi.
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