Una storia nata un'estate di tanti anni fa. Ero in vacanza e un pomeriggio, entrando in casa, nel residence dove soggiornavamo, un geco fece capolino sulla parete, di fronte alla porta. Tanto bastò per non farmi entrare più in camera durante la giornata, se non a sera per dormire. Fuori la porta d'ingresso c'era un tavolo tondo di cemento con sedie intorno. Era così comodo e ampio che, mentre gli altri riposavano, io scrivevo. Un albero con quattro foglie mi riparava dal sole e il silenzio permetteva la concentrazione. La storia era già in mente, dovevo solo trascriverla sui fogli.
Qualche tempo prima avevo visto un film con Kevin Costner e Kelly Preston. Mi ispirò talmente che sovrapponevo, alle immagini che mi scorrevano davanti, la creazione di un'altra storia. Fu così che nacque Jacopo Stazio, capitano della penisola sorrentina che intraprende la via del mare in età giovanissima.
La storia cresceva un po' ogni pomeriggio e di tutta la giornata di mare io amavo quelle tre ore di scrittura solitaria. Quando andavo in acqua, ripensavo a ciò che avevo scritto, alle azioni dei personaggi e dopo pranzo, seduta all'ombra, riportavo le modifiche prima di procedere.
Tornata a casa, dopo circa venti giorni, il romanzo aveva ormai una vita sua.
Lo rividi e cominciai daccapo a rifinirlo, per poi abbandonarlo una volta completato.
Certo la storia sarebbe nata lo stesso, anche senza il pretesto del geco, viaggiava in me già da un po'. La paura delle lucertole mi aveva concesso del tempo per la scrittura, fatta con continuità, tutti i pomeriggi, alla stessa ora. Sul tavolo qualche bibita, il quaderno e la penna, una matita per scarabocchiare sul foglio quando le idee languivano.
L'ispirazione cresceva. Gli attori, che avevano attirato la mia attenzione con la loro performance, pian piano finivano nei fatti che andavo costruendo. Non so se fosse la storia a chiamare quei personaggi o gli attori a fornirmi la trama.
Se non fosse comparso quel geco, forse avrei scritto lo stesso in camera: era tempo che la storia venisse fuori. Quando la trama e i personaggi furono delineati, quasi non pensai più alla vacanza. Ero presa dalla creazione, attirandomi le critiche dei miei che non riuscivano a coinvolgermi nelle giornate di sole e di mare.
Le azioni, in cui mettiamo l'anima, per gli altri non sono meritevoli di interesse se non hanno un fine utilitaristico imminente.
Sono anche consapevole che, in quel caso, non sarei stata così originale, se non avessi spaziato liberamente. Fu un'estate indimenticabile!
Al largo di Santa Cruz è la storia di un capitano, di un sogno, di una scommessa, ma principalmente la storia di Jacopo e Rose.
Ora il romanzo ha una forma, una copertina, eseguita da me, per una casa editrice nuova, Hanta Edizioni.
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