La terra fonte di cibo

 


L'agricoltura in Italia ha subito notevoli cambiamenti rispetto al passato. Una volta si basava su metodi tradizionali e su una gestione familiare. Negli ultimi decenni sono stati introdotti macchinari agricoli moderni e nuove tecnologie, incrementando la produttività e l'efficienza. L'agricoltura italiana si è integrata sempre di più nel mercato globale, con un aumento dell'interesse per quella biologica e sostenibile.

Nonostante i cambiamenti, l'agricoltura rimane un settore di grande importanza per l'economia italiana, ponendosi al terzo posto in Europa dopo la Francia e la Germania.

Parallelamente allo sviluppo dell’agricoltura, si sono assottigliati i terreni. Di questi, gran parte restano incolti, col pericolo di diventare discariche quando non lasciano il posto al cemento. Le nostre pianure risentono dei cambiamenti climatici con alluvioni e dissesti idrogeologici. Sfide che hanno costretto i contadini a costruire terrazzamenti, bonificare zone, rassodare e spianare. Anche la Pianura Padana, la più estesa d’Italia, va incontro ad allagamenti e bonifiche ricorrenti. Molti i terreni espropriati, da nord a sud, trasformati in abitazioni, strade e autostrade. Difatti, l’unico modo per assicurare la vita a un appezzamento di terreno è coltivarlo, altrimenti, prima o poi, sarà occupato dal cemento. Il futuro della Terra è dato dalla quantità di cibo che riusciremo a garantirci già nei prossimi anni.

I contadini vedono il loro lavoro ridotto a spiccioli, perdendo anche quella piccola speranza di salvare un’alimentazione naturale. Accanto ai finanziamenti ormai ristretti, dobbiamo ricordare gli scempi che avvengono nelle coltivazioni con l’uso massiccio di pesticidi e sostanze varie per accrescere la produzione o mantenere a lungo i prodotti, oltre ai semi modificati.

La concorrenza di mercato vede prodotti provenienti da vari paesi, con il rincaro dei prezzi e l’abbattimento dei profitti, altrimenti si assiste al macero di frutti e ortaggi. I consumatori mangiano banane perfette, dopo che queste ultime hanno sostenuto lunghi viaggi, o mele farinose, o arance che appena riposte nel cesto fanno la muffa, fragole che sanno di niente, limoni che spremuti non danno succo e pere che, appena sul tavolo, si mostrano marce. Un frutto non si riconosce più dal profumo. Se non fosse per la differenza di polpa, sarebbero tutti uguali tanto da ingurgitare qualsiasi cosa senza sapere se si tratta di mela o di pera o di altro. Quanti trattamenti ci vogliono prima di mangiare un frutto? Venti giorni per liberarsi del veleno ricevuto come quello riservato ai parassiti. E le erbacce? Ogni tre giorni bisogna passare e ripassare nei solchi per tirarle, ma la mano d’opera costa e ci si affida al diserbante che, una volta nel terreno, arriva anche alle piante. Nel passato sapevi che le arance erano di Sorrento o di Sicilia, l’olio di Sapri, parlando della Campania, ma oggi? Un’arancia può venire dal Portogallo o dal Marocco o da Creta, tutto tranne che dal tuo paese e non c’entra il nazionalismo, solo la freschezza del prodotto. Se arriva da paesi lontani, sarà pessima e senz’altro finirà nella spazzatura. Avete idea del cibo che finisce nell’umido? E di questo, gran parte sulla tavola non ci arriva poiché, prima di essere cucinato o mangiato, deperisce. La legge di mercato impone di acquistare i prodotti provenienti da altri paesi, perché se ti mangi le tue arance, non fai commerciare quelle del Congo e intanto le tue, quelle a quattro passi da casa, non sono più curate come una volta, tanto ci sono quelle del Portogallo, della Turchia, e dove prima c’erano le nostre arance di casa, oggi ci sono le strutture ricettive: si guadagna di più, ma intanto si mangia peggio. E se vado in Svizzera, mangio kiwi italiani al modico costo di un euro e cinquanta l’uno, circa venti centesimi a fettina, mentre in Italia ci sono quelli che arrivano da paesi lontani.

Questo è il mercato. E ancora, dei frutti esotici importati che passano più tempo nelle stive delle navi che sulle nostre tavole e costano più dei nostri frutti, ne mangiamo la metà, l’altra marcisce durante il viaggio o subito dopo. Ma c’è il rischio che arrivino anche in perfetta forma, segno di aver subito trattamenti prima dell’imbarco. Qualcuno crede che basti il piccolo orto di casa per stare tranquilli, finirà anche quello, inglobato dal grande business, ma poi ci toccheranno le pillole di cavoli o di carote magari fornite de grosse aziende farmaceutiche a caro prezzo per renderci le nostre vitamine quotidiane senza passare per alcun terreno. La preoccupazione di oggi non è l’atomica, come si pensava nel passato, il futuro è già qui e ci dice che sarà la fame, per mancanza di terre da coltivare mentre gli abitanti della Terra saranno appena dieci miliardi. I paesi del mondo stanno già oggi andando a caccia di terre da coltivare, lo fanno già i cinesi, che si sono spostati in Africa con la speranza di colonizzare nuove terre. Pescano nel mare del Senegal assicurandosi parte della costa atlantica così come altri paesi si stanno adoperando per trovare luoghi dove dirigersi. E si stanno facendo ricerche per quando sulla Terra mancherà del tutto la possibilità di sfamarci, studiando il cosiddetto piano B. 

Lester Russell Brown sostiene che la più grave minaccia agli equilibri geopolitici sta “nel mix esplosivo tra competizione per le scarse risorse idriche e agricole, alti prezzi del cibo, aumento degli affamati, effetti del cambiamento del clima e pressione demografica. Ogni sera si siedono a tavola a cena 216.000 persone in più rispetto al giorno prima, ed è una crescita destinata ad accelerare". Si pensa, da più parti, a colonizzare Marte, il pianeta che più si adatta a ospitare l’uomo, ma non è stato ancora sperimentato. Sembra fantascienza ma ci siamo già dentro, quando assistiamo all’abbattimento di alcuni prodotti solo per il gusto di non venderli, viste le condizioni di mercato, allo sperpero di quello che facciamo a tavola, agli schizzinosi davanti a un frutto che presenta una piccola parte marcia e lo buttiamo mentre altrove qualcuno cerca il cibo tra i rifiuti. Dovremmo avere più cura del terreno come fonte di cibo per la vita. E anche lo squilibrio tra paesi ricchi e poveri diventa uno schiaffo alla miseria mondiale. Se a questo aggiungiamo una politica marcia, peggio di una mela bacata senza possibilità di cavare dall’interno il verme, siamo oltre la fantascienza.

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