Sin da bambina sentivo parlare di Padre Pio. Prima dei dieci anni credevo fosse un monaco del territorio come ce n’erano tanti che frequentavano casa nostra per la
questua. Se ne parlava come un fenomeno più che un frate. Mia
nonna, quando decideva di raccontarmi una sua storia, prendeva la sedia di
paglia, la metteva al centro della cucina, si aggiustava il foulard che
raccoglieva i suoi capelli lunghi a chignon e poi, con i palmi delle mani
appoggiati alle ginocchia, prendeva a dire i fatti.
Mi raccontava di un uomo
buono, misericordioso, giusto, con un tono sommesso, come se stesse parlando dell’Innominato, per poi
alzare lentamente la voce quando si avvicinava alla parte importante del racconto.
Io la guardavo negli occhi senza perdermi le sue espressioni facciali con cui
accompagnava le parole. Poi alzava al cielo le
mani quando, secondo lei, rivelava ciò che di soprannaturale accadeva per opera del frate.
Alla fine era stremata: la fatica gliela si leggeva sul volto, anche se sorridente, e negli occhi, nonostante le brillassero. Non capivo la sua emozione. Tutto
sommato non era che un fatto accaduto ma mia nonna, al cospetto dell’estasi di Santa
Teresa d’Avila di Gian Lorenzo Bernini, un’opera di tutto rispetto, era di gran
lunga più immersa: un'invasata.
Io, per uscire dall’incantesimo, mi rifacevo con uno spuntino.
I fatti aumentavano nel tempo, così come vedevo sempre più spesso sue immagini in giro. Quando lo guardavo, mi faceva paura quell'aria afflitta, altre volte lo vedevo burbero, e temevo che emergesse da un momento all’altro dal ritratto davanti venendo verso di me ad accusarmi.
Molti erano i racconti sul suo
conto relativi al suo rapporto con i fedeli e cominciai a preoccuparmi quando
sentivo che redarguiva quelli che gli raccontavano le loro vite non proprio integerrime.
Nel tempo mi costruii l’idea di un frate superbo. Credevo si confrontasse solo con persone senza peccato, dopo i racconti di quelli che tornavano a casa avviliti dalle sue parole dure.
Tra i fatti ascoltati da mia nonna
ce n’era uno che non riuscivo a dimenticare. La storia era questa:
C’era una donna proveniente da una famiglia di malavitosi che un giorno decise di andare da Padre Pio. La sua famiglia era gravata da tali e tanti misfatti che, quando comprese di non poter aspettarsi più niente di peggio, decise di andare da Padre Pio.
Mia nonna, nel raccontare la storia, si aggiustava più volte sulla sedia, come se stesse sui carboni ardenti.
Poi si ricomponeva e riprendeva a raccontare.
Continuò dicendo che quando arrivò al cospetto del Padre, questi la guardò in modo quasi minaccioso e, senza che essa avesse lamentato alcuna cosa, le ricordò di doversi comportare bene poiché era da un bel po’ che non faceva un bell’esame di coscienza. Potete immaginare la faccia di quella donna quando si sentì dire di essere una 'poco raccomandabile'. Le crollò il mondo addosso. Il colloquio finì lì poiché il Padre la liquidò così. Lei si alzò staccandosi dalla sedia con grande difficoltà. Poi, come a voler fare ammenda, gli elargì una grossa somma di denaro.
Il Padre, dopo averla guardata, sempre in modo torvo, le disse:
"Questi sono soldi che non posso accettare, sono intrisi di prepotenza e cattiveria, puoi portarteli, perché qui non sappiamo che farcene!"
La donna andò via amareggiata e delusa, senza capire come il Padre conoscesse i risvolti della sua famiglia e perché ce l’avesse con lei.
Col tempo Padre Pio è
diventato una presenza attiva. Lo vedevo in ogni luogo emergere da un
dipinto, un’immagine, un oggetto, una raffigurazione. Il suo sguardo serioso e accigliato
usciva ora da un ritratto in camera da letto, che al risveglio riceveva il primo sguardo; ora da un cartoncino appoggiato in qualche angolo di
salotto, da seguirti con gli occhi; altre volte da quadri
religiosi, di quelli che si trovano nei conventi, posti in un cantuccio ma
all’occorrenza ti ricordavi di lui e andavi a visitarlo.
La sua chiaroveggenza e la fede lo ponevano quasi a oracolo: conosceva la vita di tutti. Da adulta lo osservavo incantata, ponendomi davanti all’immagine e parlandogli come se fosse stato mio amico. Ma mentre cercavo un dialogo che finiva puntualmente in un monologo, mi rendevo conto della mia stupidaggine. Allora cambiavo tono e cominciavo a raccontare i miei fatti come se lui ne fosse già a conoscenza e a chiedergli questo o quell’altro e perché mi guardasse come un generale dal pezzo di carta su cui era affisso invece di aiutarmi. E poi, quando mi esortavano ad andare in pellegrinaggio dalle sue parti, mi chiedevo a che pro se era al corrente già di tutto. Sarei andata solo per presentarmi a lui e avere una ramanzina per qualche situazione che non gli andava a genio?
Mi metteva una tale paura che più che un uomo di
Chiesa era diventato per me un orco.
Ma è anche vero che ciascuno vede fuori di sé proprio ciò che prova dentro. La paura nasceva forse dal fatto che cercavo di sfuggirgli.
A scuola molti ragazzi portavano il suo nome e, ogni volta che facevo l’appello, uno di loro ci teneva a sottolineare che era Pio di Pietrelcina. Poi mi raccontavano il motivo per cui avessero il suo nome. Le storie avevano le sembianze di un romanzo d’appendice e, prima di arrivare alla fine, attraversavano varie situazioni drammatiche, facendoci scappare anche le lacrime.
Un giorno un ragazzo, quando già il Padre era diventato Santo, dopo l’appello, si avvicinò e mi chiese di raccontare il motivo per cui portasse quel nome. Non potei fare a meno di assecondare il suo desiderio. Sedette accanto a me in cattedra e, con una voce sotto tono, cominciò:
«Mia madre non poteva avere figli e in famiglia decisero di portarla da Padre Pio. Partirono in quattro in una giornata d’inverno. Non si faceva illusioni, pur assecondando sua madre e sua nonna che, in ultima analisi, dopo averle provate tutte, decretarono che c’era sempre una speranza con Padre Pio.
In macchina mia madre stette
male, un po’ per il mal d’auto, un po’ perché spaventata di
andare da un frate a raccontare la sua odissea. Avvicinandosi al posto, le condizioni del tempo divennero impossibili. C’era una nebbia che
non lasciava vedere a pochi metri, nonostante si andasse lentamente. Mia madre
prese la cosa come un brutto presagio e divenne molto ansiosa. Mio padre, alla
guida, cercava di rasserenarla ma invano. Voleva tornare indietro, diceva
di non essere pronta a parlare a un frate dei fatti suoi.
Mia nonna e sua madre la tranquillizzavano, senza alcun risultato. L’agitazione raggiunse livelli molto alti tanto che mio padre stava per fermare l’auto. Così, girando bruscamente in una stazione di servizio e poi frenando per non sbattere in un muro davanti a loro, finirono nella corsia opposta contro un furgone in sosta. Furono trasportati all'ospedale.
Dei quattro mia madre riportò maggiori danni. Fu sedata per il pericolo di emorragie interne. Al momento di decidere
per un eventuale intervento, il medico disse loro che però dovevano dare l’assenso poiché
mia madre era incinta.
Frastornati e increduli e senza capire cosa fare, chiesero consiglio, spiegando la volontà di avere quel figlio a tutti i costi e il medico rispose: "Qui ci vuole solo un miracolo".
Mia madre non subì alcun intervento e tornò a casa dopo tre giorni.
Adesso che era incinta, temeva per il bambino e non si mosse più dal letto. Intanto io crescevo e pure tanto e, quando nacqui, arrivarono parenti da molto lontano come i Magi con i loro doni. Festeggiarono come non mai.
Dopo qualche tempo mia madre volle andare al suo cospetto, e prima ancora che parlasse, il Padre rivolto a me, ancora neonato, mi disse: "Che hai combinato guagliò! Per poco tua madre non ci lasciava le penne!"
Mia madre lo guardò incapace di parlare. Quando si riprese, dallo choc lo ringraziò.
"Il merito non è mio ma viene dall’Alto!"
Da allora mia madre non ha
avuto più paura di Padre Pio e sono iniziati i nostri periodici
pellegrinaggi. Lei dice che oltre
alla fede ci deve essere anche la gratitudine, poiché tutto accade per opera
anche degli altri».
Il racconto del ragazzo in classe mi rese molto sensibile a questi discorsi di Padre Pio. Tornando a casa, sedetti sul lettino nella stanza di mio padre a guardare il bel dipinto di famiglia del frate: il suo viso pieno, gli occhi introspettivi sembravano di indagare nel mio animo. Per un po’ osservai, poi gli parlai:
«Lo so che per te è difficile farti i fatti tuoi. Sei un frate! Anzi, mi correggo, ora sei un Santo. Ma
mi spieghi come fai a conoscere la vita delle persone prima che vengano da te?
Aspettavo una risposta. Ma più lo guardavo più temevo che non sarebbe arrivata. Poi mi parve dicesse: "Le risposte sono dentro di te!"
Ero io a parlarmi o lui attraverso di me?
Il lettino su cui sedevo era quello di mio padre che avrebbe subito un intervento importante. Capii il motivo per cui ero lì: mi ero affidata a lui.
Da allora Padre Pio è per me più di un santo.
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