"Nuvole e sogni" di Vittoria Giorgi

                                                                                                                                                 


Giovedì 18 settembre 2025, alle ore 17.00, ci sarà la prima presentazione di "Nuvole e Sogni", Hanta Edizioni, con l'Associazione culturale Itinerando, presso il Tennis Club delle Terme di Stabia, viale delle Terme, a Castellammare di Stabia.

L'autrice, Vittoria Giorgi, prende in esame un periodo di dieci anni, dal 23 novembre del 1980, fatidica data del terremoto in Irpinia e nostre zone, descrivendo la vita di alcuni sfollati venuti ad abitare all'interno di un palazzo al centro della città. 

Si concentra sulla vita del condominio, tra difficoltà ed eventi più negativi che altro.

È una storia che quando ho letto per la prima volta mi ha trasmesso forti emozioni, tanto da non dimenticarla più. Non era interessante solo la trama, i fatti riportati, i personaggi vivi, anche lo stile con cui l'autrice conduceva il racconto. 

Dalla prima volta che ho letto il manoscritto a oggi ne è passato del tempo, ma la storia era rimasta indelebile nella testa, con una smisurata voglia di farla leggere agli altri. Non è così? Quando ci accade qualcosa di bello, che sia anche solo una lettura, abbiamo bisogno di condividere le emozioni, non riusciamo a contenerle. E così quel manoscritto di alcuni anni fa è diventato finalmente un libro. 

 Gli occhi della protagonista sono occhi innocenti ma intelligenti, che frugano  negli eventi  e ne traggono verità che non si vogliono nominare; scava nei pensieri delle persone, esamina situazioni e preannuncia cose che accadranno in seguito. L'atmosfera è quella de "La finestra sul cortile", film del 1954 di Hitchcock, con tutte le apprensioni e le suspense del caso. Un libro che ci sbatte in faccia la vita nella sua bellezza e nella sua crudeltà. Leggendolo dà, allo stesso tempo, un senso di impotenza davanti a storie molto forti e riconoscenza per averci resi testimoni di uno spaccato di vita denso e commovente.

E tutto accade sotto un cielo che non mostra di partecipare alla vita di condominio o forse ne è fin troppo al corrente e non si sottrae dal dispensare sogni e fantasie ai giovani del palazzo. Il cielo è l'unico testimone della crescita di questi ragazzi che maturano in un ambiente più grande di loro. Li salva l'amicizia, la voglia di un futuro migliore, grazie alla forza che riescono a innescare insieme, alla solidarietà e alla fantasia.

L'autrice è alla sua opera prima, ama la lettura. La sua penna produrrà cose veramente speciali in futuro per  la sensibilità che si ritrova.




Reiki

 




Mi sono imbattuta in questa tecnica giapponese quando una mia conoscente, entusiasta, voleva approntare questa sorta di guarigione su di me, da cosa poi non lo capii.  Ma fu allora che, insospettita per la sua insistenza, approfondii.

Il Reiki è una pratica, che molti chiamano medicina, con cui si cerca di stabilire l'equilibrio dei vari livelli di cui è formata una persona: fisico, mentale, emotivo e spirituale, attivandone l'energia migliore.

La parola reiki, formata da rei che significa forza spirituale e ki forza interiore, indica un riconnettere la nostra forza a quella dell'universo e creare in noi l'armonia necessaria per disporre di un corpo e una mente in perfetto equilibrio. La pratica prevede quattro livelli di apprendimento attraverso momenti fondamentali come il trattamento base, l'auto trattamento, il trattamento veloce e l'equilibratura dei chakra. Le lezioni insegnano a gestire la forza dell'universo in relazione a quella di ciascuno di noi. Chi esercita la pratica è un maestro che socchiude leggermente le mani con braccia tese a una decina di centimetri dal corpo da trattare per una decina di minuti, il tempo necessario per il passaggio di energia. Il lavoro si svolge su più parti del corpo e la seduta rientra nelle due ore. Ogni trattamento medico o similare, per essere accettato deve avere un suo principio, una storia che ne attesti il percorso. 

La storia del reiki nasce nel 1865 con il giapponese Mikao Usui. Tutto ebbe inizio quando nell'università cristiana dove insegnava, uno studente gli chiese come Gesù avesse potuto fare miracoli. Il professore non sapeva cosa rispondere ma fu la molla per  mandarlo in giro a cercare qualcosa che andasse bene come risposta. Si laureò in medicina a Chicago e tornò in Giappone. Qui rimase per tre settimane sul monte Kurama a meditare e a digiuno. Per avere cognizione del tempo che passava si munì di 21 sassi e a ogni sorgere del sole ne buttava uno giù. L'ultima pietra ritornò a lui sotto forma di luce colpendolo alla testa. E trovò la sua risposta: quella luce non era altro che forza divina e universale con il potere di guarire e fare miracoli. In seguito aprì a Tokio una clinica. 

Un maestro reiki afferma che tutte le malattie  nascono da uno scompenso fisico o psichico e, secondo un oncologo, il cancro infatti è prodotto da una mancanza d'amore e che una dose di tre abbracci al giorno potrebbe curare. Intanto il reiki non va fatto alla testa, all'ombelico e ai malati di cancro alla spina dorsale. La pratica non è solo per l'uomo ma anche animali e piante. Chi diventa maestro reiki guarisce gli altri attraverso l'imposizione delle mani. Può avvenire da vicino e a distanza. Chi diventa membro deve pagare una quota una tantum alla società.

Secondo le notizie lasciate dal dottor Usui, la pratica risalirebbe a Buddha con una storia di più di 2500 anni. Come è possibile possa risalire a un'epoca così lontana se i corsi di reiki si apprendono in un fine settimana.

Ma il reiki, tra scetticismo e attrazione, ha i suoi adepti sparsi in tutto il mondo. La stessa pratica effettuata con le mani ha il suo fascino. Da sempre le mani hanno il potere di trasmettere emozioni ed energie positive, anche per la religione cristiana l'imposizione delle mani ha il significato di infondere calore e amore, e da qui il suo valore terapeutico. Ma nella stessa religione cristiana chi impone le mani deve essere una persona pura e di grande spiritualità per far sì che il tocco abbia la sua efficacia.  

Secondo la filosofia taoista se un uomo non è all'altezza di quel compito ma usa i mezzi giusti, questi agiscono in modo sbagliato.

Il reiki, pur riferendosi al potere delle mani come mezzo di guarigione, ha dato al tocco il significato di un'azione magica, travolgendo alcune verità, mettendo a segno un metodo che tutti possono apprendere  al di là delle loro qualità.

Intanto il reiki riscuote grande successo, poiché la forza interiore di ciascuno ha i suoi cedimenti e il fisico le sue cadute, e nei momenti peggiori ci si  affida a tutto ciò che può essere di aiuto in quel momento. E se questo può servire a trovare la guarigione, può essere un'esperienza positiva.

Le mele

 


La mela è conosciuta sin dalle origini del mondo, quando apparve nel giardino dell'Eden come frutto proibito ed Eva ne mangiò. Il suo gusto, la consistenza della polpa, la sua rotondità, i colori variegati della buccia, a seconda della specie,  la sua presenza costante durante tutto l'anno, la rendono un frutto prezioso per le sue sostanze nutritive. La troviamo sulle nostre tavole ogni giorno.

"Una mela al giorno toglie il medico di torno" dice il proverbio per decantarne le proprietà miracolose. Spesso non le diamo la dovuta importanza, proprio per trovarla in tavola tutto l'anno, ma approfondendo si scoprono i suoi benefici con effetti terapeutici in chi la mangia costantemente. Si presta a molte ricette di dolci, spesso si mangia aggiungendo gocce di limone per non lasciarla ossidare, ottime quelle disidratate, cotte per scongiurare, con aggiunta di altri ingredienti, malanni delle vie respiratorie. 

 Le torte con le mele sono tra i dolci più buoni, tra ricette moderne e antiche, buonissima quella della nonna. È il primo frutto che mangia un bambino durante lo svezzamento, perché facilmente digeribile oltre che gustoso. Si spende non solo per i dolci, molto anche in altre ricette.

La coltivazione delle mele nel nostro paese abbonda in quattro regioni: il Trentino Alto Adige, il Piemonte, il Veneto e l'Emilia Romagna. Importante anche la coltivazione della mela Annurca in Campania. L'Italia è il secondo produttore di mele in Europa dopo la Polonia, mentre per l'anno in corso, nel nostro paese la produzione è stata di due tonnellate circa.

La maturazione avviene tra luglio e novembre: le prime tra luglio e agosto, le altre tra settembre e ottobre, le tardive tra ottobre e novembre.

Sebbene la raccolta si protragga dall' inizio di luglio a novembre, si possono mantenere per tutto l'anno rispettando determinati metodi. Spesso vanno in celle frigorifere, altre volte sono tenute su tavole ricoperte di paglia, in luoghi asciutti. Per mantenerle a lungo hanno bisogno di trattamenti soprattutto nel periodo della fioritura, altrimenti i fiori possono cadere riducendo di molto il numero dei frutti che matureranno e, tra questi, molti saranno bacati, e in parte marce. A volte le mele, in questi casi, sono piccole, farinose e senza sapore  e anche facilmente deperibili. 

Vi è una grande varietà di mele. Ce ne sono per tutti i gusti: nel mondo se ne contano settemila, in Italia più di duecento.

La più osannata è la mela Annurca per essere più piccola delle altre, compatta, con una buccia rossa e di sapore intenso; le Renette, le Pink Lady, la mela Verde, Granny Smith, Golden Delicious, mela Imperatore, solo per menzionarne alcune. Le mele apportano notevoli benefici: abbassano la glicemia, regolano l'intestino, si rivelano un toccasana per cuore e vasi, la pectina in essa contenuta è un regolatore del colesterolo e ricca di antiossidanti. Una mela andrebbe mangiata ogni giorno per apportare benefici significativi. Dà una buona protezione alla pelle, rendendola liscia, luminosa e priva di eruzioni, omogenea. Dal momento che è uno dei frutti più trattati con i pesticidi, va lavata in modo accurato: nella buccia si accumulano sostanze nocive.

Dalla mela rimedi per ottenere capelli setosi, tisane, usata anche come conservante per altri alimenti. È un ottimo ingrediente per la cosmesi, utilizzata in creme per trattamenti antiage, nutriente e per diverse maschere per la pelle.




I propositi di settembre






Settembre è il mese degli inizi, dopo la pausa estiva comincia il lavoro e partono  tante idee nuove. Si entra in un'altra stagione, le giornate  sono più fresche, il lavoro incombe, partono iniziative e tutta una serie di cambiamenti che definiamo "buoni propositi". Se c'è una dieta da cominciare, un lavoro nuovo, un'attività fisica da intraprendere, un viaggio da compiere,  settembre accoglie tutte le nostre richieste. È il mese delle promesse, del prenderci cura di noi stessi. 
Rimandiamo tutto a questo mese, con le sue novità, gli screening, le realtà che prendono forma dopo il loro concepimento in estate, idee nate al mare, con gli amici, coi parenti, come sfida a se stessi. Settembre è anche il mese del caos, per i tanti impulsi che abbiamo, stentiamo a cominciare e a intraprendere ciò che ci siamo prefissati. 
E mentre ci si prepara al lavoro, sentiamo ancora l'esigenza di cogliere le belle giornate che ci invitano all'aria aperta. Non mancano le piogge, come in questi giorni, ma non accettiamo che l'estate stia per concludersi.  L'aria serena e calda ci invita ad andare al mare ma spesso, nello stesso giorno,  piove di mattina ed esce il sole di pomeriggio.  

Settembre ricorda anche eventi tragici, come quello dell'11 settembre, un'orribile pagina di storia rimasta indelebile nelle menti. Viviamo un benessere fittizio, una pace instabile, una tecnologia che ci fagocita, una politica in cancrena, una gioventù disorientata, un progresso che più che migliorarci ci sta abbrutendo.
E non possiamo distogliere l'attenzione dalla guerra che ci preoccupa e al solo pensiero ci distoglie anche dai buoni propositi. C'è nell'aria un senso d'angoscia, sottile ma insistente, come fili di ragnatele che ci imbrigliano e, per quanto leggerissimi, hanno il potere di prendere il comando anche su ciò che di positivo ci prefiggiamo.

 Settembre  è ancor più triste degli altri anni, anche se ci diamo quella spinta necessaria a non pensarci. La fine dell'estate aumenta questa consapevolezza. Non basta più il mare con i suoi colori, la montagna con la sua tranquillità, la bellezza della natura a darci forza, tutto parte da noi, dalla nostra energia interiore che sembra minata da questo malessere profondo.
I passaggi migliori li facciamo ricordando come una volta era tutto più reale, più sentito e vissuto. La scuola era la nostra casa, gli insegnanti i nostri educatori, i nostri progressi  erano la conferma che il lavoro procedeva sereno e in forma scorrevole. C'erano le feste in campagna, quando la terra aveva ancora i suoi lavori e il nostro paese era prevalentemente agricolo, con la vendemmia, la raccolta delle olive, la bacchiatura delle noci... Erano momenti di condivisione irrinunciabile. 
Oggi tutto avviene in forma solitaria, non esistono più le tradizioni di un tempo e, se anche ci fossero, non se ne ha voglia, la nostra attenzione è rivolta ai social. Siamo tenuti ai tempi di attesa e di risposta, di controllo storie e immagini su Instagram e faremmo prima ad andare dalle persone arricchendole della nostra presenza.
Fortunatamente settembre ha il suo fascino, una natura più dolce che dà un senso di lentezza alle cose, di riposo, incentiva a modificare anche i nostri ritmi. I colori della terra e del mare sono indescrivibili, l'aria e i suoi nuovi sapori ci riportano agli odori della nostra memoria. Riprendere vecchie abitudini, rifare cose che conosciamo bene, prenderci i nostri tempi sono quelle azioni che da sempre ci fanno amare settembre.  
Questo mese mi ricorda sempre le mie letture scolastiche con quelle immagini che, a distanza di anni, stanno ancora lì come note intoccabili. Passavano sotto i miei occhi la vite, le castagne, la terra coi colori ruggine, giallo, arancione e rosso, la scuola sempre in prima linea con i bambini che entravano con le loro cartelle, i fiocchi al collo e lo sguardo sorridente, i genitori ai lati quasi non volevano lasciarli, insegnanti col sorriso a riceverli, e più in là il frantoio con secchi di olive da schiacciare, Maria che faceva capolino da una teca e le foglie al suolo, la vecchina ai giardini col nipote  e sempre un gregge con i versi de I Pastori di Gabriele D'Annunzio: "Settembre, andiamo. È tempo di migrare" e poi qualche pioggia a risvegliare la terra, il mare con le sue onde e gli ombrelloni chiusi con spiagge vuote, bambini a giocare nei cortili di casa, il ritorno dei piatti più nutrienti ricchi di verdure e legumi a tavola.



La signora Singer

 



 Un giorno cercavo su whatsapp cercavo la chat della mia amica per scriverle un messaggio, ma non c'era più. Ho fatto un'attenta ricerca controllando il numero e finalmente è uscita una piccola macchina per cucire. Sono scoppiata a ridere per aver individuato un elemento che ben la rappresenta. Da quel giorno è diventata per me la signora Singer. 
Assomiglia all'attrice Lauren Bacall, stessi colori, occhi verdi, alta, slanciata, ma il marito non ha niente di Humphrey Bogart, è più vicino al Bell'Antonio di Brancati, per dire un tipo fisicamente vicino ai siciliani, con baffetti, sveglio, energico, preciso, grande imprenditore.
La signora Singer, col fare da gatta soriana, mantiene tutti sotto tiro: lei non si arrabbia, ti fulmina, non ti minaccia, ti toglie anche il minimo sindacale, non comanda, decide per tutti. È una donna dalle mani di fata, ti riempie una casa. Da uno scampolo di stoffa ne trae presine di lusso, da una copertina, un capolavoro da carrozzina, fiocchi per nascituri, tende, lenzuola, tovaglie...
Non c'è cosa che non sappia fare. Anche in casa lavora come una manager: conosce le pasticche migliori per la lavastoviglie, i metodi per sturare i lavandini, come scrostare le pentole, compresi i lavori che di solito fanno gli uomini. Ha un'eleganza innata, gusti fini e il dono di trasformare ogni piccola cosa nella sua forma migliore. È una donna tutta casa e chiesa vecchio stampo, con la passione del cucito e della maglia. Questa è l'attività che ha iniziato dopo aver lasciato il lavoro nell'azienda di famiglia, passando da imprenditrice a donna di casa. 
Ora produce corredi per bambini e per la casa favolosi, dei veri capolavori con il debole per i corredini di neonati che sono delle chicche. Oltre al lavoro che ha abbracciato negli ultimi anni non manca la sua partecipazione attiva in parrocchia dove si occupa un po' di tutto e organizza ogni tipo di evento. A casa resta lo stretto necessario per il cucito e la cucina e, se non si trova da nessuna parte, di sicuro è in chiesa. 
Dei corredi è la maestra tanto da diventare petulante anche quando viene a casa. Osserva, controlla le tovaglie, i centrini, le tende, sembra una stilista con la puzza sotto il naso. Si posiziona sulla sedia e dove appoggia gli occhi ne cava qualcosa. 
 Una volta andavamo per mercati senza toglierci il gusto di contrattare: a volte la spuntava lei, altre volte io. Quando tornavamo a casa facevamo il conto di quello che eravamo riuscite a portare secondo i nostri prezzi e ci divertivamo tanto. Spesso i commercianti ci accontentavano per pietà: non ce la facevano a sentirci di abbassare il prezzo, altre volte eravamo noi, dopo ardua contrattazione, a lasciare la merce sul banco e andare via. In quest'ultimo caso, dopo poco, ci rincorrevano per accettare la nostra richiesta ed era un successo. Dopo anni i nostri acquisti sono ancora ben tenuti, biancheria rimasta inalterata.  La storia non finiva lì. Tornate a casa  raccontavamo le nostre peripezie e gli altri a prenderci in giro.
La signora Singer è anche una buona cuoca, una maniaca della casa che organizza come se stesse ancora in azienda. In famiglia tutti eseguono i compiti che assegna, ha il potere della gestione facile e si fa ascoltare da tutti. Una leader insomma. Ma per incombenze esterne è ancora più efficiente: banca, poste, enti, ospedali, non c'è niente che non riesca a sbloccare, ultimare, pagare, controllare. Una rompiscatole. Ma la sua passione per il cucito l'ha resa felice: non c'è un neonato nelle vicinanze che non abbia ricevuto almeno due paia di lenzuola, fiocco per la nascita, camicie, lenzuoline per culla e carrozzina. Conosce tutte le donne incinte del luogo, raccoglie  le loro date presunte del parto e fa l'elenco dal prossimo al più lontano. E se la chiami ti dirà che ha una consegna da fare e non si può muovere. 
Quando compra qualche stoffa pensando a miei gusti, mi cuce un bel cuscino per le poltrone e divani. Non ho mai avuto tanti cuscini in vita mia. Di quelli ricevuti da lei, Positano e Frida sono i miei preferiti.
Mia figlia, quando mi vede perdere tempo ad aggiustare i centrini, l'ordine delle piante, la tovaglia di pizzo sul tavolo capisce che sta per arrivare la signora Singer e ride. E quando arriva, vabbè che non ci sono più le suocere di una volta, ma onde evitare le sue considerazioni a cominciare da come cade la tovaglia a come scende la tenda, passo in rassegna tutto il corredo di casa. A vederla sembra un'oziosa inglese che non ha altro da fare che prendere il tè, flemmatica, accomodante, ma è solo una parvenza.
 Una volta in vacanza, il ragazzo del villaggio che dal residence ci portava al ristorante non si frenò dal dirle che sembrava un bradipo. Ma vi assicuro che tra il sembrare e quello che è realmente c'è un abisso.
 Ovunque vada può cacciare dalla borsa le forbici, il cotone, il metro e non sai se sia più una sarta o un operaio. In quella borsa ci mette di tutto. Qualsiasi mattonella, lampadario, tenda passa sotto i suoi occhi ne trae spunto per i suoi lavori. Io la vedrei in una grande azienda a confezionare i suoi modelli con un marchio italiano scintillante, del tipo "Lauren Singer".

Remora

 



La parola remora, dal latino, significa "ritardo", indugio, freno, così come "mora" a cui si è aggiunto il prefisso "re" per indicare un ulteriore  freno, ma ben presto fu dato questo nome al pesce echeneis, per la sua capacità di attaccarsi alla carena  della nave e rallentarne la corsa.

Echeneis dal greco "echein" che significa 'tenere premuto' e "naus" per 'nave', rende bene il suo significato. È un pesce di colore grigio cenere, che si confonde con i colori marini, munito di una placca a ventosa sul capo con cui aderisce a qualsiasi cosa e lo fa tanto per essere trasportato. Oltre alle navi può legarsi ad altri pesci e anche ai subacquei.

Ne parlava già Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, preannunciandone le caratteristiche e affermando di costituire un freno per le navi. Plinio continua spiegando che per le stesse ragioni alcuni se ne servono per le fatture e a creare caos nei processi e nelle cause. A questi motivi  se ne aggiunge un altro più mite: quello di trattenere nel ventre materno il feto fino al parto.

Borges, l'autore argentino, lo inserisce nell'elenco degli esseri immaginari. Non è commestibile e per alcuni, come Aristotele, era fornito di piedi. Secondo Trebio Nigro è largo cinque dita e lungo un piede e aggiunge che, se messo sotto sale, ha poi la funzione di attirare l'oro nei pozzi, proprio a mo' di calamita.

Nella lingua spagnola la remora è il pesce mentre in senso figurato rappresenta l'ostacolo. Sempre attraverso Plinio il Vecchio, apprendiamo che fu grazie a una remora che cambiarono le sorti dell'Impero romano, quando nella battaglia di Azio si attaccò alla galera di Marco Antonio  e quando  fermò quella di Caligola forte di quattrocento rematori.

Si legge ancora: "Soffiano i venti e infuriano le tempeste ma la remora frena la loro furia e costringe le navi a interrompere la corsa" afferma Plinio, "ottenendo quello a cui non valgono le gomene e le ancore più pesanti".

In proposito lo scrittore spagnolo Diego de Saavedra Fajardo diceva:"Non sempre vince la forza più grande. La corsa di una nave è fermata da una piccola remora".


Il respiro

 

                        Santa Maria del Castello, Vico Equense, Napoli

Respirare è un'azione così vitale  che non ci facciamo nemmeno caso. Fa parte di quei meccanismi che avvengono indipendentemente dalla nostra volontà attraverso il sistema nervoso  autonomo. Il respiro è vita. Se malato, si va in affanno. La vita va contata dai respiri che effettuiamo e non dal tempo che passa. Oggi respiriamo con difficoltà per  cause quali il fumo, l'inquinamento, sostanze nocive con cui entriamo in contatto quotidianamente in casa e negli ambienti che frequentiamo. Una buona respirazione prelude a un buon funzionamento del nostro corpo, ma la qualità dell'aria è pessima e nessuno prende atto di un cambiamento necessario a renderla migliore. 

Il respiro non è solo ciò che ci mantiene in vita, ma la nostra stessa essenza vitale. Mia nonna usava la parola "respiro" mai per riferirsi alla respirazione, sempre per definire qualcosa che può mancare, per cui era solita dirmi:"Tu per noi sei un respiro", e capivo che lei e il nonno non potevano fare a meno di me. 

Il senso della parola l'ho sempre vissuto in questa sua accezione, cioè qualcosa che, se viene a mancare, rende la vita impossibile. Ognuno può essere il respiro di un altro, un filo anche sottile ma di cui non si può fare a meno. 

Mia madre la menzionava quando metteva i soldi da parte e poi si giustificava dicendo che era per avere"un respiro" su cui contare. 

Mia zia aveva un'altra concezione in merito: pronunciava la parola solo quando diceva che la casa deve essere ampia per permettere ai suoi componenti i loro spazi, in modo che non si sentano i loro respiri, come se respirare fosse qualcosa di intimo e personale  e non un'azione comune a tutti.

Da mamma ho vissuto i respiri dei figli attraverso i quali avvertivo il loro stato di salute: malesseri, malattie, febbri. I loro respiri diventavano i miei. Ci sono poi i respiri torbidi e rumorosi dei malati. Ma per gran parte della nostra vita non ci curiamo dei respiri altrui. La modalità della nostra immissione ed emissione d'aria racconta tante cose, mostra le condizioni fisiche e psicologiche in cui versiamo: c'è quello ansimante dell'ansioso, in apnea di chi ha paura, i piccoli respiri di chi trattiene a lungo l'aria per essere cauto e quelli che quasi non si avvertono, come le statue.

 Mio nonno Domenico Antonio fumava sigarette fatte col tabacco della sua terra che aspirava con ampi e lunghi respiri per poi avere il fiato corto quando parlava. Potremmo conoscere le persone dai respiri, dalle pause che effettuano durante i loro discorsi, da come il loro petto si contrae  e si estende quando parlano. 

Molto spesso sentiamo solo il nostro e non riusciamo nemmeno a comprenderlo.

 Una mia amica di Università, in tempi di esami, appena entrate in facoltà, diceva:"Fai un bel respiro!" Durante tutto il tempo dell'attesa era sempre corto, labbra arse, gola secca, senza capire se si respirasse o meno. Ma la mancanza può avvenire sia per la gioia che per la paura e di solito ricordiamo i respiri affannosi dei momenti brutti, come se le sensazioni piacevoli fossero da cancellare o avessimo un difetto di memoria.

Mio nonno Aniello, che era una  persona semplice e geniale, diceva che il respiro non vuole sussulti, deve essere costante, sempre uguale per non dare scossoni all'apparato. E sicuramente intendeva  di non lasciarsi prendere dalle emozioni. 

Il nemico del respiro non sono solo le malattie dell'apparato respiratorio ma di più le emozioni. Per quanto mio nonno avesse ragione, che vita sarebbe senza emozioni. Esse  modulano l'intensità dei nostri respiri che scongiurano la monotonia.

È il pazzo che è in noi, dice il filosofo Emil Cioran, a obbligarci all'avventura; se ci abbandona, siamo perduti: tutto dipende da lui, perfino la nostra vita vegetativa, è lui che ci invita, costringe a respirare.

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