Lo shopping impulsivo

 




Acquistare oggi è così facile da farci perdere il gusto di spostarci per andare al negozio con un'idea approssimativa o una lista.  Il lavaggio mentale  avviene ogni volta che accediamo ai social, con una massiccia pubblicità. È magico come capiscano i nostri gusti e i bisogni. Una volta fatta una scelta online, il logaritmo ci prende di mira e ci fornisce continue proposte di acquisti ad hoc. 

Il click ci dice che abbiamo acquistato, il pagamento virtuale va a buon fine e noi siamo felici poiché, senza muoverci, davanti allo schermo, abbiamo comprato.  Ma può accadere anche di essere delusi. E in quel caso dobbiamo, invece, alzarci dalla scrivania e fare il grande sacrificio di preparare il pacco del reso che verranno a prelevare. Online si può acquistare di tutto. Se si decide di andare di persona nel negozio, sappiamo già dove e cosa comprare, a meno di non entrare nei grandi magazzini dove si spende  a ruota libera.

Mia madre, buonanima, amante dello shopping, usava tirarci dal letto in occasione di una spesa e, trascinandoci come somari recalcitranti, ci costringeva a seguirla, di negozio in negozio, fino a quando non trovavamo quello di cui avevamo bisogno. Si rientrava a casa solo ad acquisto fatto, nel pomeriggio, e sembravamo pellegrini tornati dalla Terra Santa. Tutto era scelto con cura, non c'era bisogno di alcun reso, si comprava ciò che si vedeva e solo quello di cui eravamo sicure.

Oggi accade anche di sbagliare taglia, di cambiare oggetto, di comprare troppo e cose che non si useranno mai. La tentazione di acquistare è un modo per sentirsi vivi, di accedere a ogni cosa, senza precludersi niente. Ma a volte non ci rendiamo conto di quanta roba accumuliamo e di cui non ci serviremo mai. Oggetti che restano nei cassetti, abiti mai indossati, che vanno a riempire i nostri armadi, utensili per il gusto di averli. Una volta si comprava solo l'indispensabile, ciò di cui non si poteva fare a meno. Se si usciva per comprare per un figlio, un altro doveva aspettare il suo turno, che significava rimandare al mese successivo. 

Oggi si spende per noia, per emulare qualcuno, per volere le stesse cose degli altri, per non privarsi di niente anche quando le condizioni non ce lo permettono. Davanti a una vetrina irresistibile si compra a qualunque costo anche se, spendendo quella cifra, si sa già di non arrivare a fine mese. Tanto ci pensano gli istituti di credito che dilazionano la cifra in tante rate. Il must è avere tutto, non deve mancarci nulla, dall'abito firmato al viaggio in terre lontane, perché così fan tutti e il confronto con gli altri viene prima del nostro portafogli.

Una volta prima di un acquisto  ci si chiedeva se fosse necessario, conveniente e solo dopo si decideva. Ogni cosa comprata era come una reliquia. Un maglioncino, un abito, delle scarpe prendevano una cura che oggi non c'è più. Se il golfino nuovo si sfilava, lo si rimetteva a posto, se si cresceva, si allungava l'abito, così come ci dispiaceva lasciare le nostre scarpe vecchie tenute così bene ma piccole, per le nuove. 

Oggi non ci basta niente. L'orologio, dopo sei mesi è vecchio, subentrano modelli nuovi; la moda esige il colore dell'anno e nuovi capi; la tecnologia vuole che si stia al passo con i tempi, fornendoci l'ultima trovata. Comprare è sinonimo di accumulare. Non tutto ciò che si compra sarà usato. Molte cose, anche costose, restano là dove le abbiamo relegate, e la cosa grave è che acquistare un nuovo capo o un'auto o una casa ci lasciano quasi sempre indifferenti, aspettiamo subito di passare a quello prossimo per sentirci meglio, o almeno sperare di essere più felici. Ma la felicità non è data dalle cose nuove o dalla quantità di cose che riusciamo a comprare. Non c'è nemmeno il tempo di desiderare che già abbiamo provveduto.

Il desiderio è il preludio di ogni cosa, quando manca, niente può avere valore per noi. E acquistare sarà solo un modo di adeguarsi alla realtà che vuole acquirenti seriali.


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