Mi piace festeggiare il Natale: mi piace farlo come quando ero bambina, e mi piace anche trasmettere agli altri quella stessa emozione intatta, così come l’ho custodita nel cuore.
Ricordo le prime volte in cui sentivo mia nonna esclamare: «Oh Gesù, Giuseppe e Maria!» Non lo diceva riferendosi alla Sacra Famiglia, ma per stupore o meraviglia, e io immaginavo che si trattasse di persone reali, forse conoscenti suoi. Ogni volta che risuonavano quei tre nomi, le chiedevo chi fossero; lei, distratta dalle faccende quotidiane, mi rispondeva con parole che poco avevano a che fare con la mia domanda.
Compresi davvero chi fosse la Sacra Famiglia un giorno in cui passammo all’emporio per acquistare alcuni pastori. Avevo circa cinque anni. Chiesi espressamente di vedere Gesù, Giuseppe e Maria, e davanti a quelle statuine sul bancone mi misi a riflettere: era mai possibile che portassero proprio gli stessi nomi delle persone cui alludeva sempre la nonna? Dunque, conclusi, dovevano essere loro.
Rimasi in silenzio fino all’uscita dal negozio; poi, con quella franchezza limpida dei bambini, domandai: «Ma sono loro, Gesù, Giuseppe e Maria?»
Lei sorrise e rispose: «Adesso che andiamo a casa li sistemiamo nel presepe.»
Durante il tragitto aggiunse qualche spiegazione. Mi raccontò che Gesù era il Bambinello che sarebbe nato a breve, il 25 dicembre; Maria era sua madre e Giuseppe suo padre. Le nostre passeggiate di ritorno erano sempre piacevolmente lunghe, e parlavamo come due vecchie signore all’ora del tè: io chiedevo, lei rispondeva con una pazienza che ora, col tempo, riconosco come amore puro.
Le mie domande, però, nacquero solo dopo le sue precisazioni.
«Maria era una santa donna,» disse, «e l’angelo le annunciò che avrebbe avuto un Bambino, figlio di Dio.»
«No, di Giuseppe», obiettai con convinzione.
Lei sospirò appena: «Dici bene, ma la questione è più complessa…»
«Cioè?»
«Cioè… Dio è Padre di tutti noi, ma per Gesù volle un padre vicino, e gli diede Giuseppe. Solo che Giuseppe non sapeva che sarebbe diventato suo padre, anzi non conosceva nemmeno Maria. Ma siccome lei fu avvisata dall’angelo, si fecero i preparativi per il matrimonio.»
Già mi sembrava tutto complicato. E ancor più complicato mi apparve quando mia nonna, con voce abbassata come per sussurrare un mistero, aggiunse:
«Maria era una santa giovane donna, che si ritrovò incinta per opera dello Spirito Santo, senza aver mai visto il marito.»
Io, con la tranquillità disarmante dell’infanzia, risposi: «Sì, perché lei aveva visto Dio.»
Ricordo la risata in cui scoppiò mia nonna in mezzo alla strada. Poi, riprendendosi, mi spiegò: «Ma tu lo vedi Dio? Lui è dappertutto, sa tutto, conosce tutto, è Onnipotente! Come poteva Maria vederlo?»
Infine, tornò seria: «Dio guarda da lontano; non si avvicina mai. Maria ebbe il Figlio da Giuseppe.»
Cercai di mettere ordine in quel labirinto: concepimenti, angeli, matrimoni annunciati, una gravidanza che, a detta sua, non veniva né da Dio né da Giuseppe. Arrivai quasi a casa con la testa colma di meraviglia e confusione.
Quando allestimmo il presepe, mia nonna ripose il Bambinello in un contenitore nella credenza. Pensai si fosse rotto e che lei volesse sostituirlo, poiché non lo aveva deposto nella sua culla accanto a Maria e Giuseppe. Mentre ancora fantasticavo, sentii la sua voce:
«Gesù non è ancora nato. La notte del 24 lo adagiamo nella culla.»
«Perché?» Domandai. «Non è un bambino vero, è una statuina: possiamo metterlo nella capanna.»
Lei mi spiegò che la nascita si festeggia il 25, e non prima. Appresa la lezione, ogni giorno aprivo la credenza, prendevo il Bambinello, lo accarezzavo, lo tenevo un po’ con me e poi lo riponevo. In quei momenti gli ricordavo che non era ancora nato e doveva aspettare, quasi chiedendogli scusa per quel tempo sospeso.
La sera del 24, infreddolita e con il sonno che mi appesantiva le palpebre, attesi la mezzanotte. Solo allora lo posai nella sua culla, tra luci tremolanti, angeli silenziosi e pastori immobili, come se il mondo intero, per un attimo, trattenesse il respiro.
