Tra sogno e realtà


Prima di leggere "L'interpretazione dei sogni" di Freud, pur avendo un'attività onirica fuori dal comune, per la quantità e la nitidezza del ricordo che di essi ho al risveglio, non ero solita analizzare i miei sogni. L'esigenza di farlo è nata quando, con la rivelazione che gran parte dei miei sogni sono premonitori ,mi sono chiesta se non fosse il caso di tenere sotto controllo la mia attività creativa.

Per questo motivo ho preso l'abitudine , al risveglio, di schizzare su di un foglio la scenetta, un po' come accade nell'arte pittorica, quando, per avere modelli da riprendere, si cerca di mettere su cartoncino le prime idee del mattino. Ricordo ancora quando pasticciavo nel mio lettino con i carboncini dando vita alle mie belle navi con lunghe scie, o ai miei fiori di campo e ancora ai miei amici animali, a tutto quello che mi veniva in mente.


Poi riempivo le mie tele sviluppando le idee degli stessi schizzi. In mio aiuto è giunto anche Lucrezio, autore di un'opera mastodontica:"De rerum natura", dove, tra le altre cose, parla anche dei sogni degli uomini. Forse mi sono innamorata dei miei sogni studiando Lucrezio, il quale mi ha indicato, più di Freud, la poeticità dei pensieri degli uomini anche quando stanno a riposo. Dagli ultimi studi svolti, si é scoperto che un cervello a riposo ha un'attività maggiore, carbura di più, pensa di più, crea di più, e ci sarà una correlazione tra l'attività a riposo del cervello e la produzione dei nostri sogni. Ricordo i miei sogni come tante tele appese nel mio cervello e per ciascuno di essi vi è stato un fatto realmente accaduto, per questo parlo di sogni premonitori. Uno di questi mi lasciò molto perplessa al risveglio e, pur avendone fatto lo schizzo, lo riposi quasi subito, a volermene disfare, perchè era alquanto raccapricciante. Il suo contenuto mi è stato chiaro solo a esperienza fatta.


Due giorni dopo il sogno andai a sostenere l'esame di Storia Romana. Ero preparatissima e ben predisposta, sebbene si trattasse di un esame lungo, pesante, con uno studio di quattro mesi alle spalle, studiato da un testo di seicento pagine. Subito fui chiamata a conferire e alla fine di un esame brillante, l'assistente mi rimandò dalla professoressa di cattedra per il corso monografico col mio bel ventotto sul foglio.Il corso monografico, come mi era stato detto da alcune ragazze, non era da farsi e la mia fu una leggerezza, ma lungi da me voler evitare un altro libro da studiare. La professoressa non credette alla mia versione e mi dipinse come una che si trovava lì per tentare l'esame, ma poi il discorso non le tornava vedendo la mia media alta sul libretto. Mi tuonò dall'alto della cattedra che la Federico II è un'università di fama mondiale e non ci si poteva perdere in queste quisquiglie. Poi, su un piccolo pezzetto di carta, strappato da un foglio, mi scrisse il nome del libro da studiare,e che non pensassi che fosse un pizzino, mi tuonò di nuovo e mi rimandò a casa, malgrado il mio ventotto lì in bella vista. Ebbi un moto di stizza irrefrenabile e partii con la mia arringa:"Lei non mi può trattare così perchè studiare mi costa troppo in tutti i sensi; perchè insegno e devo chiedere giorni di permesso e poi giustificarli; perchè sono solo otto i giorni per esami durante l'anno; perchè non sono la ragazza che di mattina va all'università mentre a casa mammà pensa a tutto; perchè il mio tempo è contato e tra poco nello studio mi ci metterò anche il letto per dormirci; perchè pago le tasse in ultima fascia; perchè il diritto allo studio è una baggianata, perchè se il Parlamento invece di fare comunella legiferasse, si renderebbe conto che se io insegno non potrò mai laurearmi in 4 anni ma sarò una fuori corso e per i fuori corsi non è prevista nessuna agevolazione; perchè se voglio studiare mi devo industriare da sola; perchè gli altri pensano che io abbia un hobby e invece sgobbo più che mai. Lei mi sta uccidendo".

Volevo intendere con questa mia orazione che l'esame era da completare e non da fare ex novo, invece lei azzerò tutto.Il mese successivo appena mi vide, non fece nemmeno l'appello che mi chiamò, dicendo alla schiera dei ragazzi :"Ho qualcosa in sospeso con quella signorina, dopo farò l'appello".Conferii su "Roma imperiale", lo studio monografico, mi mise ventotto e andai via non proprio soddisfatta. A casa, mentre riponevo i libri nella libreria, dal testo di storia uscì lo schizzo del sogno: una donna di gran mole toglieva la testa fasciata a una bambina, che ero io e la riponeva su di un tavolo mentre il corpo era da un'altra parte e poi, rivolta a me, che ero anche supervisore del sogno, mi diceva" E' bellissimo, ma lo riprenderai il mese prossimo". Ancora oggi non riesco a pensare che mi accadde tutto quello che in sogno avevo visto, dove la testa fasciata rappresentava il resto dell'esame da completare proprio a distanza di un mese.



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