La primavera mi porta sempre una gran voglia di scrivere.
Di solito scrivo su di una cosa e persevero fino a quando non l'ho portata a termine. Qualche volta le idee si affollano e non so a quale dare priorità. Ma il momento più felice è quando una fatica giunge a termine e non devi più costringerti a leggerla e rileggerla per correggerla e cancellare e limare e rivedere. Poi, quando l'hai mandata a destinazione e aspetti di vedere la sua nuova veste, allora la mente si libera completamente della trama e sembra che non ti appartenga più. Mentre prima avevi una certa apprensione e desiderio di accompagnare e vivere i personaggi che l'hanno mandata avanti, ora devi fare fatica a capire che fine abbiano fatto.
Ieri, mentre mettevo in ordine, cercavo di ricordare e passare in mente la trama del nuovo romanzo e dovevo fare mente locale per ricordarmi. Era come se ricordassi un'opera letta e non una creatura a cui ho dato vita. Questo accade non perchè non ci interessi più il contenuto, ma solo per liberarci di qualcosa che ha occupato la nostra mente per lungo tempo così come il nostro cuore. E' una forma di difesa per poter vivere ora senza i fantasmi della storia.
E, a questo punto, un'altra idea prende forma e attende di essere sviluppata. Ma a volte le idee sono tante e si perde del tempo prima di scegliere quella giusta per noi.
Ci si perde tra i progetti, la voglia di scrivere, di dare ospitalità ad altri compagni di viaggio che giungono a farci compagnia al posto di quelli lasciati.
Se dovessi dare una definizione alla scrittura avrebbe qualcosa a che vedere con la solitudine da non confondere con quella che conosciamo ma formata da un mondo tutto nostro dove vivono storie e personaggi autonomi da noi, figure a cui diamo forma e che, per un certo periodo, decidiamo di tenere in vita, perché sono proprio loro a mancarci. La nostra solitudine vive della nostra fantasia e la nostra fantasia si pone al servizio della nostra solitudine. Una "conditio sine qua non" per cui l'una alimenta l'altra.
Quando avrò tra le mani il mio nuovo romanzo, credo che sarà per me come uno sconosciuto, qualcosa che già non mi appartiene più, così come tutte le emozioni per scriverlo sfumeranno via lasciandomi i ricordi dei vari passaggi e i tempi d' attesa, le peripezie e le trovate e tutto quanto ho inserito all'interno.
Prossimamente, non sarò l'autrice del mio libro ma la lettrice di me stessa e ancora una volta dovrò leggere la storia e notare che è diversa da quella scritta.
Tra i personaggi quello che mi è rimasto nel cuore, nato dalla mia fantasia, costruito da me eppure di vita propria, è il pescatore.
Mi è rimasto così tanto dentro che, quando ho finito, mi è dispiaciuto di non vederlo più passeggiare tra i miei pensieri. Così, per dargli ancora uno sprazzo di vitalità, ho chiesto al mio amico pittore di metterlo su tela. Ora, prima ancora di leggere il romanzo, ho già messo in bellavista il mio Lucio, questo il suo nome, a ricordarmi tutto il tempo passato in sua compagnia e tutta la storia che gli ruota attorno.
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