Librerie

Da ragazza, quando entravo in libreria, la sentivo come una sorta di santuario. C'era massimo silenzio, un odore intenso di colla e carta e una religiosa percezione di quello che era scritto nei libri. Come se tutti gli autori e tutte le parole corressero, in fila, a presentarsi a chi entra. Oggi in libreria è tutto colorato, illuminato, attrezzato, preordinato. 

Non è solo un luogo di lettura e presentazione, ma anche di una serie di attività per attirare la clientela. I librai sono dei manager, conoscitori della carta e del loro contenuto, ma anche dei profitti e delle mode. Ce ne sono di belle e attrezzate, soprattutto tra quelle messe su da giovani, che fanno della libreria un lavoro e una passione da seguire. Non tutte, però, hanno queste prerogative. Ci sono librerie che non espongono libri di autori emergenti, per esempio, ma li tengono in soffitta anche per anni, facendo doppio dolo, all'editore, da cui hanno ricevuto, e all'autore, il quale dopo la presentazione, dei suoi libri sugli scaffali non vede manco l'ombra. Ci sono librerie che affidano le presentazioni a persone esterne, che si arrogano il diritto di chi scegliere, in base alle proprie esigenze e simpatie. In queste librerie c'è un'aria fredda e distaccata, quasi avversa, per cui dopo aver sostato un po', non vedi l'ora di uscirne. Ci sono poi quelle piccole, appena ospitali, dove i proprietari sono mal disposti, che già avvertono, per la crescita dei megastore, una possibile chiusura della loro libreria. I librai che decidono di non chiudere, devono lavorare molto e  con animo non sempre sereno, preoccupati che, da un momento all'altro, le perdite possono risultare più dei guadagni. Di solito devono chiudere anche per l'umore sempre nero  e contrariato, per il pessimismo cui vanno incontro e che chi entra, avverte. In queste piccole librerie, anche prendere in mano un libro, diventa un'impresa. Il librario deve essere una persona solare, che invogli a leggere, a prendere in mano i libri, a sfogliarli, a sedersi per consultarli. Deve consigliare, mai essere invadente, sorvegliare ma lasciare quella libertà di scelta che induce poi a comprare. Deve essere paziente, socievole, sapersi rapportare agli altri, ben predisposto. Di solito un libraio del genere, anche in uno spazio piccolo, fa presentazioni piacevoli, ospita in modo attento, partecipa e interagisce col pubblico, invita e partecipa con interesse. Il mondo libri è una catena! Non si vende là dove il libraio vive la giornata come una di lavoro qualsiasi, come se facesse un orario d'ufficio, come uno perennemente afflitto. Il libraio deve portare per mano i suoi libri, deve essere presente in ogni cosa, è il burattinaio che muove i fili, che accoglie la clientela e sa anche rinvitarla, che consiglia e mette tutti i libri in esposizione. Chi ha il pregiudizio che si vendono solo i libri  di grosse case editrici, non vede oltre il suo naso. Provasse a mettere sui primi banchi anche i libri di autori locali, tutti in bellavista. Li sistemasse in ordine coerente, che tengano conto dei giovani, del loro mondo, quello degli adulti, dei bambini. Che mettano quello che hanno letto ed è piaciuto, senza seguire la classifica nazionale e internazionale. Molto spesso la classifica locale è ben diversa dalle altre, ma questo non significa non vendere. Bisogna capire quello che piace nel proprio territorio. Così un libro, che ha avuto successo a Milano, può non piacere a Napoli e viceversa. E' questione di gusti, di stili di scrittura, di interessi, di curiosità. La lettura è un incantesimo e non ci sono ricette da somministrare per vendere, ma saper creare opportunità e situazioni che aiutino le vendite e tengano conto di tutto quello che gira intorno al libro.

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