Il crisantemo



Una volta al cimitero si portavano solo  fiori resistenti al caldo, al freddo, al vento e alla pioggia. Tra questi i gladioli, i garofani, le gerbere, le margherite gialle e i crisantemi. Il crisantemo è un fiore strano, come una coppa chiusa in alto  formata da tanti petali sottili ravvicinati di vari colori, con sepali molto lunghi e dentellati. Un crisantemo ha vita lunga  e per questo relegato a fiore dei defunti. Ma col tempo le nostre tombe si sono riempite di costose e varie orchidee, diventate fiori banali, visto che si prestano ad ogni occasione, indistintamente che sia un matrimonio o un funerale.Risultati immagini per il crisantemo Le orchidee sono tra le preferite, appagano il desiderio di rendere le tombe come i giardini pensili di Babilonia, dimostrando la cura che abbiamo dei nostri morti. E poi sono diventate resistenti col loro gambo nel liquido di lunga vita di cui ognuna è fornita. Per molti anni questo fiore ha fatto strage,  e sui marmi erano le regine. Poi, come reclinavano il capo o perdevano le loro corolle sfarzose, si passava a fiori più ordinari o a quelli finti. Facciamo  la corsa a riempire le tombe, soffocarle, anche solo per alcuni giorni. Qualcuna traboccante di colori e qualche altra scarna. Anche questo fa un certo effetto, così che la tomba presenta il conto di quello che eri in vita. Il problema esisteva già per Napoleone che col suo Editto di Saint Cloud del 1804, sanciva che le tombe fossero portate fuori dalle mura della città e fossero uguali per tutti. Una livella ante litteram. Quanto dura un’orchidea? Una settimana con le dovute precauzioni e a volte nel giro di pochi giorni si vede sfumare quello che abbiamo speso per addobbare la tomba a festa. L’orchidea ha spodestato il crisantemo, d’altra parte siamo nell’era dell’immagine, la bellezza batte la resistenza. Vuoi mettere il profumo di un’orchidea con quello del crisantemo che non sa di niente? Tutto quello che offre il suo colore, un ammasso di petali scompostamente raccolti, le cui chiome dondolano sul gambo resistente. Sembrano tanti opliti spartani pronti a combattere. Un mazzo di crisantemi ti riempie le braccia, le orchidee, per quante ne compri, sono sempre rade e poco raccolte a cui devi preservare le corolle come fossero vasi di cristallo. Un oplita col cristallo! Ma con tutta la varietà di fiori che incontriamo e portiamo ai nostri cari, con tutta la bellezza e il profumo di questo mondo che possono emanare, il crisantemo resta il fiore dei defunti. Lo vuole la tradizione, la memoria, la leggenda. Ho visto questo fiore per la prima volta in terza elementare. Sulla pagina del libro c’era  una tomba di marmo con una donna di spalle dalle cui sue braccia fuoriuscivano corolle immense, di colore arancione, ben disegnate, con gambi e foglie di un verde intenso. Quell’immagine nel mio immaginario costituisce quella per antonomasia dei defunti. In seguito, quando la morte ha toccato la mia famiglia, poche volte ho portato i crisantemi sulle tombe dei miei, anch’io dovevo lasciare fiori profumati e nei colori che più mi colpivano. Anch’io ho portato quintali di orchidee, forse per non sentirmi in colpa di andare poco al cimitero e con loro ci si sente appagati, come se il costo, il colore, il profumo e la bellezza colmassero i nostri vuoti. Fanno la loro figura, ci sentiamo tranquilli di fare il nostro dovere dando il meglio, come se quel tripudio di colori bastasse a noi e a loro per continuare ad amarci come quando erano in vita. Certo che il crisantemo non mi ha mai deluso. Quelle poche volte che li ho portati sulla tomba, per mancanza di altri, quando sono ritornata erano ancora lì, nelle loro corazze da olpiti, ritti, ancora a fare da guardia, con un senso del dovere innato. E poi non c’era alcun olezzo, né perdita di foglie. Anche appassendo, non perdono il contegno: avvizziscono in modo integro, non lasciano cadere resti se non qualche petalo per la troppa resistenza opposta. Quando “spaparazzavo” di orchidee la tomba, ero tutta presa dal lavoro di acqua, pulizia, lucidature, polvere, posizione dei vari contenitori. Quando portavo i crisantemi ero io, il lume e loro. Un incontro ravvicinato, su di una tomba pulita, il cui unico calore era la fiammella accesa e gli occhi del defunto che puntavo  imprecando risposte. Ero più lucida, non sorretta da giardini giapponesi innestati lì davanti a me, ma solo dalla forza dei semplici fiori opliti. Mi venivano tanti dubbi, che cozzavano sul marmo della tomba e rimbalzano in me. Lì, c’è sempre una preghiera non di circostanza ma di disorientamento interiore, e il dubbio e la paura restano i due paladini che ci fanno attaccare alla fede. Quell’immagine di terza mi ritorna con la sua semplicità a ricordare i nostri cari, al cimitero, un luogo silenzioso, dove recarsi per incontrare la morte, che non è tanto quella degli altri, ma la nostra  perdendo quel caro, la sua vita e come eravamo noi quando era qui. La nostra morte è perdere gli altri lungo il nostro cammino. D’altra parte la stessa leggenda del crisantemo richiama la morte. Tra le tante ce n’è una che racconta di una bambina  la cui mamma era ammalata. Si rivolse alla Madonna e le offrì un fiore, confidando in lei e pregando per la sua mamma. La Madonna la ascoltò  e avrebbe mantenuto in vita  la mamma  per quanti petali aveva il fiore donato. Ma i petali erano solo  cinque. Allora di notte la piccola si alzò e trasformò quei cinque petali in una infinità di petali, tirando da ognuno tante striscioline, da rendere quel fiore il più ricco di tutti. Quei petali così assiepati intorno agli stami, raccontano i tanti giorni di vita che la bambina ha strappato alla morte per la sua mamma. Così il crisantemo  resta il fiore del miracolo.

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