Il paradosso è che in Italia si
scrive molto e si legge poco, anzi pochissimo
e la lettura riguarda solo metà della popolazione. Le donne leggono più
degli uomini. Il Nord più del Sud e i giovani più delle altre fasce. I dati
sono sconfortanti, metà della popolazione italiana non si confronta, preferisce
restare nelle proprie convinzioni, soprattutto quelle legate alle reminiscenze
scolastiche. Leggere, contrariamente a quanto si crede, è avere una vita
sociale, rapportandosi col pensiero altrui. Diventa un programma di crescita
anche quando siamo adulti. “Crescere” significa imparare, acquisire nuovi punti
di vista, sviluppare nuovi modi di sentire anche attraverso le esperienze degli
altri e di quello che non vivremo mai.
Le nostre conoscenze non possono mai
dirsi concluse e abbiamo bisogno sempre del confronto. In quello che leggiamo ci
rispecchiamo, vediamo noi stessi con la nostra vita anche in storie lontane da
noi. Contrariamente ai lettori, i libri sono più di quelli che se ne potrebbero leggere. Scrivono scrittori
professionisti, giovani e meno giovani, affermati ed esordienti, giornalisti e
registi. La scelta è vasta e varia con grande successo per i romanzi, tra cui
molto forte quello storico, seguono i gialli, le inchieste, rivelazioni, fantasy.
Forse l’area che presenta qualche vuoto è la letteratura per ragazzi. Non è semplice
scrivere per loro, che tra l’altro sono anche quelli che leggono di più. Quella
dei ragazzi è una letteratura che deve attenersi a scopi educativi e il margine
di libertà per gli scrittori non è molto, ecco il motivo per cui è difficile
scriverne. Si legge di buon grado l’autore italiano come quello straniero senza
alcuna differenza. Per un libro è fondamentale la pubblicità, a cui pensa, per
gli autori affermati, la casa editrice e sempre la stessa gli organizza tour di
presentazioni e serate che assicurino le vendite. Se volessimo spiegare
l’ispirazione alla scrittura degli autori italiani forse è da vedersi nell’aria
di arte e cultura che si respira nel nostro paese. Qui si è prolifici. Si
scrive per tradizione, per bisogno di raccontare e per la fervida fantasia che
ci contraddistingue. Sono molti poi gli autori giovani che hanno largo seguito
per la capacità di interpretare le mode e le esigenze del momento. Ma chi è il
potenziale lettore italiano? In prima linea ci sono gli studiosi e persone del
campo che leggono per lavoro e sono sempre aggiornati e preparati su autori,
argomenti, nuove uscite. Poi ci sono gli appassionati, per i quali non è tanto
l’argomento da leggere quanto leggere per leggere, per informarsi e saperne
sempre di più. Ma quelli che detengono il primato sono gli “insaziabili”.
Leggono a tutte le ore, sanno leggere, sono guidati dalla curiosità, dalla
voglia di vivere le storie in cui si addentrano. Ambiscono ad ampie conoscenze,
a rapportarsi con quello che non conoscono. Sono quelli che nei libri ci
crescono, si pascolano, li bevono, li mangiano, li leggono e li rileggono
trovandoci sempre qualcosa di utile, di vero. Chi legge lo fa da sempre. Il
problema resta chi non prende un libro in mano nemmeno se lo costringi o glielo
offri. E tra costoro ci sono anche professionisti, quelli convinti che, una
volta presa la laurea, non ci sia più bisogno di sapere, né confrontarsi. Lo
scibile, per loro, finisce con quello che hanno imparato. Sono quelli
che abbassano le percentuali. Cosa si può fare per questo pubblico? In Italia molti di quelli che si dedicano, durante il tempo libero, al calcio e alla politica, ritengono la lettura noiosa. Storie di sesso e di ironia hanno sempre largo
seguito, mentre argomenti più impegnativi hanno difficoltà a farsi strada tra coloro che preferiscono letture leggere. Per questi lettori c’è molto da scrivere per
attirarli. Il vero supporto della lettura
è la curiosità e chi legge è uno che ama
la vita così tanto che una sola non gli basta e continua a chiudersi in
personaggi e storie che possano portarlo lontano. Leggere è un po’ come il
paradiso che riserva tante delizie, una dopo l’altra, allungando la vita. L’educazione
alla lettura non è da vedere solo come un piacere ma anche una necessità. E’bene
apprenderla in famiglia, dove basta un solo componente per trasmettere
indirettamente l’abitudine anche agli altri. Un modo per risvegliarla è parlare
dei libri nelle librerie, a scuola oltre al passa parola. La scuola è il luogo più
adatto alla divulgazione, si dovrebbe poter parlare non solo di libri di testo
ma anche di tutti gli altri, dando le giuste
informazioni. Ma la scuola resta anche l’unica agenzia oggi dove si parla di
libri, per il resto tutto è affidato alle presentazioni degli autori. Per non
parlare di “quelle librerie” che mettono in bellavista solo i libri che
interessano ai fini economici, nascondendo, se possibile, o evitando, tutti gli
altri libri. A volte i librai sono i peggiori divulgatori. Dovrebbero fornire elementi e notizie in modo imparziale, ma molto spesso si comportano come i tifosi allo stadio. Non da ultimo il
costo del libro è fondamentale. Ci sono lettori che spendono per ogni bene di consumo
ma non cacciano un euro per un libro, pur essendo buoni lettori. Ce ne sono altri
che spendono solo soldi per libri e ne
comprano a prescindere se li leggeranno o meno. Altri ancora, che non possono
permetterseli, trovano mille strategie pur di fornirsene. I libri dovrebbero
avere un costo contenuto, accessibili a tutti. Anche in questo ci sarebbe tanto
da dire. Il concetto è che la lettura non deve essere un lusso ma una necessità
e invece risulta quasi un bene di consumo per pochi. Allora legge chi se lo può
permettere e a questo punto cade anche il motivo per cui si scrive se la fetta di pubblico a cui si indirizza un
contenuto non può leggerlo. Intanto mancano tutte quelle politiche per ovviare le
difficoltà e consentire la lettura a tutti.
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