E’ nel momento del bisogno che
abbiamo la percezione degli altri. Tutto bene fino a quando la nostra salute
regge, poi inevitabile il bisogno degli altri e ci accorgiamo di loro.
In
questo caso si sperimenta la necessità di avere qualcuno che ti bussi alla
porta solo per dirti se ti serve qualcosa, che ti porti un sorriso o
alleggerisca le tensioni. Quando guardiamo gli altri nella loro sofferenza,
subito crediamo che a noi non sarà così,
che noi siamo diversi! Noi siamo gli altri, non diversi, ma identici, uguali e
con gli stessi sentimenti a cominciare dalla paura. Quella di dipendere dagli
altri, di vivere in modo diverso da come abbiamo vissuto. Un uomo in piena attività, di fronte a una
malattia, si sente impotente e deve cambiare il suo stile di vita, rientrare in
schemi nuovi. Ne vedo tanti, troppi di volti scavati dalla malattia e con
quanta forza quegli occhi guardano la
vita che hanno bevuto fino in fondo e, proprio per conoscerla bene, non la
sciupano ora. Sorridono! Cosa vorrà dire,
un arrendersi, una leggerezza, un esorcizzare?
C’è la consapevolezza di quella che è stata la loro vita e quello di
voler dire agli altri di non perdersi in chiacchiere, pettegolezzi, speranze,
inerzie e indifferenze, ma vivere, pensare a vivere. La vita è progetto che ci
diamo e a cui dobbiamo tendere con tutte le nostre forze, senza mai mollare. E’
energia che dobbiamo sempre far veicolare, scorrere tra di noi. Energia pura
che non deve lasciarsi scalfire dalla malinconia di perderla. Sorridono! Tutti
quelli che soffrono, sorridono. Non sono stupidi, né deficienti da non capire,
ma costruiscono la loro energia, se la impongono, la invocano e sorridono per
dire questa è la vita a cui non possiamo nulla se non ringraziarla per quello
che ci dà. E quanto supportano i sani
questi sorrisi! Quanto sono d’aiuto a chi l’energia ce l’ha ma non la usa.
Ultimamente riconosco questi sorrisi, sorrisi di cuore e di occhi e non di
smorfie, di dolcezza e lotta e mai di resa. Sorrisi come affermazione e
vitalità anche con un problema di salute. Chi soffre ha resettato il suo
vecchio schema modulando su una frequenza più diretta, più piena. Conosce il
valore di un’ora, di un gesto semplice, di una boccata d’aria. Indispensabili
pur nell’invalidità. Sempre ultimamente (e da questo mi nasce la riflessione)
ho visto con quanto piacere alcune persone augurano il male agli altri, e ho
visto come, mentre l’altro stava male, rideva ed era palese il suo piacere. Una
visione inquietante, quella di vedere l’altro diverso da noi e il male un
maleficio che giunge a colpire chi vogliamo stia male. Il male ci vede uguali e
non sceglie né risparmia quando colpisce. Ne ho avuto una visione ieri e mi
sono sentita bloccata come accade nel gioco delle statuine. La sofferenza non è
un castigo ma un modo della vita di procedere, un suo modo di inglobare tutto,
di non perdere niente e così le foglie diventano concime, gli uomini energia, e
noi? Non resta che prendere il giorno, il sole, l’aria, i fiori, l’amore, il
carpe diem di Orazio che non vuol essere una poca considerazione della vita.
Significa averne rispetto e viverla a pieno senza sprecare nemmeno un attimo
del tempo che ci viene donato. Passiamo
molti giorni, anni della nostra vita a stare tristi, indifferenti, apatici,
arrabbiati, astiosi, puntigliosi, ostinati! Quanto tempo perdiamo in questo
modo! E non è già questo una perdita della vita, un venir meno alla costruzione
che dobbiamo regalarci in questo spazio e questo tempo? Si risorge sempre, dal
buio e dal dolore, dalla bruttezza e dal morire in vita. I malati, spesso hanno
una visione migliore, che non è fatta di malinconia, ma di consapevolezza. Ci
insegnano, quando sfoggiano quel sorriso, di voler richiamare la forza della
vita, che l’unione tra noi è più forte del dolore e della malattia del singolo.
E’ un po’ come il gioco salta cavallina: c’è chi fa da ponte e chi passa su, ma
dopo, chi è stato ponte diventa cavallo al galoppo e ci si avvicenda
all’infinito. Anche per noi un eterno gioco. Non siamo solo ponti o solo
cavalli, ma un ciclo continuo che gira sempre e trasporta tutti dentro. Quando
saltiamo, se non ci fosse chi ci fa da ponte noi non potremmo spiccare il salto. Il malato è un ponte che
serve al sano per capire e il sano vede nel malato quello che sarà. La vita è
tutto un doppio: non c’è bene senza male, non c’è forza senza malattia. Tutto
fa parte di noi.
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