
Ha i colori composti e meno accesi dell’estate, ma per non
essere da meno si serve di una tavolozza di tutto rispetto. Un paesaggio
ottobrino ha l’incanto di una scena racchiusa in un quadro. Il sole è più
vicino alla Terra ma i suoi raggi scivolano su altre mete come in cerca di
spazi per poter sognare. Lascia le radure, le colline e i fianchi delle montagne
in un torpore. Al mattino si alza con comodo e stenta a riscaldare quella
coltre di nebbia che offusca i colori in un risveglio lento e pigro. Quando
finalmente assorbe l’umidità mattutina, acquista una nuova forza emulando
l’estate. Mantiene al caldo la sua figliolanza nei boschi, nell’acqua, nelle
valli, sui monti. E’ così delicato che stenti a credere che sia quello che un
mese fa arroventava i ciottoli e la sabbia stremando chi era in riva la mare.
Il suo risveglio lento è un dono per la natura che non ha più l’ansia di
apparire, e si svela nella sua vera bellezza. I colori sono ancora carichi ma
non più accesi, e tutto si mimetizza al passaggio di stagione. Il bosco, regno
autunnale, ruba il posto al mare e diventa la sede dell’autunno. Qui il sole
resta fuori e può solo immaginare quello che accade nell’intricata boscaglia,
perdendone la regia. L’ombra e i suoi raggi pallidi curano ogni dettaglio,
tirano fuori il meglio. L’erba si ritrova secca, rada, imbrigliata nei ricci di
castagne e foglie, insetti e fiori. Questi ultimi sono piccoli e scuri, con
steli esili, che, se arriva la pioggia, reclinano il capo come soldatini al
cospetto del generale. L’erba diventa tappeto per insetti e animali, percorso
obbligato per andare alle tane, rifugio veloce di rettili ancora in cerca di un
raggio, di uccelli che sperano di trovare chicchi caduti ai più ingordi. Il
sole si affaccia e sorride, e pur non
partecipando ai traffici sotto le chiome fitte degli alberi, sa che tutto
procede per quegli spiragli di luce che lascia filtrare ovunque. Ottobre mese
di odori e di suoni. Profumi intensi che aprono la nostra memoria, riportano i
ricordi, i cicli delle stagioni. L’odore dell’erba al mattino non è lo stesso a
sera e ogni cosa muta. Inconfondibili i passi autunnali quando calpestano le
foglie secche, le castagne, arboscelli, sterpaglie e sassi lungo i sentieri. E’
un tonfo sordo, un suono preciso. L’uva diventa protagonista, il suo odore
cambia a seconda della specie e della consistenza dei suoi acini. La vite regna
sovrana nei terreni, il suo profumo è quello più amato. Quello di mosto
sbriglia gli sciami di moscerini, mosche e zanzare, che a frotte vanno facendo
incetta di succhi prima della loro fine. Ottobre sembra un cancelliere che
vidima sulle foglie il resoconto dell’estate, che centellina ogni piccolo
fruscìo, controlla il raccolto e l’annata di tutti i frutti, che conta le
zucche e gli ultimi pezzi dell’orto, annusa il vino e dice la sua sull’esito
della vendemmia, che pesa le olive e dispensa i litri controllandone la qualità.
Ottobre è un sognatore che, mentre si lascia incantare di ciò che ha fatto alle
foglie, in quali colori è stato capace di intingerle, sta già chiudendo i
battenti per l’incipiente inverno. Gli uccelli vanno alla ricerca di luoghi
dove riparare e provano rami, sommità di alberi, grondaie e tane nei muri. Sono
gli ingegneri della terra, ne conoscono ogni centimetro, ogni meandro, così
come il peso dei rami, l’elasticità delle foglie, i migliori rametti per farne
nido, il miglior albero su cui appoggiarsi. Gli uccelli saggiano gli umori del
cielo, il peso dell’aria, i capricci del sole, la benefica pioggia quando
giunge a togliere il velo di fumo o l’afa che opprime. E’ il mese dei noci. Si
stagliano a gruppi, a filari, alla rinfusa con le loro chiome che vanno dal
verde chiaro al marroncino inciampando nei gialli. Prima si caricano di frutti,
poi, quando i rami cominciano a scendere per il peso, attendono al parto. Sono
felici quando i loro figli finiscono al suolo e gli uomini ai loro piedi fanno
pulizia di ogni loro dono. Allora i loro rami, diventati leggeri, riassaporano
di nuovo gli aliti di vento, le brezze marine, salite dal mare a ritemprarli
come prima della bacchiatura. Ottobre lo si può ancora scorgere lontano dalle
città, in terre dove il tempo non ha cancellato abitudini e tradizioni, dove le
stagioni appaiono ancora suddivise in quattro. In penisola questo mese ha un
richiamo particolare: non c’è terreno o specchio di mare che non riporti il suo
segno autunnale. Il mare, la terra e il cielo si tingono di sfumature nuove e
di silenzi. E’ il luogo dei pittori, ladri di scene e di attimi da immortalare
con poesia. Il pennello si incanta, tergiversa, ritorna e rimodella quello che
non si può riprendere con occhi frettolosi o distratti. Qui ottobre ha una
peculiarità tutta sua che non corrisponde a nessun altro luogo pur riportando le
stesse caratteristiche. Certi luoghi restano intatti e non avvertono di questi
cambiamenti. Qui c’è uno stretto rapporto tra suolo, aria, mare, colori,
abitudini, passione. Un rapporto intenso tra uomini e terra.
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