Fu una vacanza con la famiglia al completo e in
compagnia di amici. Affittammo un camper che faceva il nostro caso, con tutte
le comodità, mentre quello dei nostri amici era un po’ più piccolo, e ci giravano
l’Europa da anni. Ci affidammo a loro, esperti di strade e consuetudini dei
paesi che visitavano, di pedaggi, aeree di servizio...
Noi eravamo in sei, loro in
cinque. Portammo provviste per due settimane. La stiva del camper era stracolma
di ortaggi, sembrava un mercato ortofrutticolo itinerante. Quando facevamo le
nostre soste e aprivamo il vano sottostante, era una fiera. C’erano casse di
pomodori, peperoni, insalate, scarole, melanzane…Mio padre mai avrebbe
accettato di comprare prodotti dell’orto che non fossero quelli della sua
terra.
Il nostro camper era super
accessoriato, mancava solo del sistema d’allarme. Ero consapevole di affrontare
un viaggio per niente comodo ma sicuramente originale.
Io e mio padre eravamo gli unici a proiettarci nell’avventura, gli altri brontolavano, abituati com’erano alle comodità e a essere serviti. Avevano accettato malvolentieri e ad ogni piccolo problema, si lamentavano. Per non far sentire loro la mancanza di casa, cercavo di mantenere le nostre abitudini. Il mio campo di battaglia era l'angolo di cucina. Caffè a tutte le ore, colazione, pranzo e cena, come nei migliori ristoranti, con piatti senza pretese ma ben cucinati, serviti a tavola con tovaglia e stoviglie. Per poter agire, dovevo assecondare i movimenti del camper in accelerazione e frenate. Talvolta ero catapultata in un angolo e facevo fatica a ritornare nella mia postazione precedente.
Cucinare col veicolo in movimento non è possibile. Noi, invece, quando sostavamo nelle aree attrezzate, avevamo già tutto pronto per il pranzo. Ero allenata a non perdere l'equilibrio durante gli spostamenti. I nostri amici, una coppia con tre figlie, si affacciavano alla nostra finestra per augurarci buon appetito mentre loro avevano già finito. Il nostro amico si chiedeva come facessi a preparare a tutte le ore come se mi trovassi nella cucina di casa. Con tre figli, due maschi e una bambina piccola di cinque anni, non potevo servirmi di cibi confezionati.
La prima tappa fu Ventimiglia, il diciannove luglio. Ci
fermammo giusto il tempo di un pasto, poi partimmo alla volta di Marsiglia, dove avremmo pernottato.
Arrivammo di sera, verso le
nove. Faceva caldo. Disponemmo i due camper l'uno accanto all'altro in modo da avere le rispettive
porte anteriori di fronte. Cenammo e, dopo aver scambiato quattro chiacchiere,
andammo a dormire. Mi sistemai nel letto a castello. Scelsi di stare lì per la luce proveniente dal
lampione esterno che mi permetteva di leggere senza dare alcun fastidio.
Erano passate le undici e nel silenzio della sera,
mentre gli altri già dormivano, io guardavo fuori. C’era la luna che illuminava
la fontana al centro. Seduto sul bordo, un ragazzo che fumava, dando
l’impressione di aspettare qualcuno. Con una gamba sull’altra, lo sguardo perso
nel vuoto, mirava nel buio e rimase molto tempo in quella posizione.
Immaginavo già la scena della ragazza che arrivava, sedeva accanto a lui e si scambiavano
chiacchiere ed effusioni. Con la mano tenevo alzata la tenda per guardarlo, ormai
aveva catturato completamente la mia attenzione da non riuscire a leggere. La
mia vena sognatrice stava ormai al galoppo e avrei continuato a sorvegliarlo se
non fossi stata raggiunta dal sonno che mi prese di sorpresa, facendomi reclinare
il capo sul cuscino.
Fui svegliata dal frastuono di
mio marito, alle sette di mattina, che girava all’interno del camper alla
ricerca di chiavi e tessere, quando si accorse che la porta era stata forzata. Ci
fu un gran baccano dei miei che andavano a controllare le carte di credito e portafogli, lasciati in fila sul piano. Si fiondarono fuori a cercare l’amico per capire se fossero entrati anche nel suo camper. Intanto mancavano dei soldi, un orologio e un
bracciale più uno zaino. Allora compresi che l’innocuo innamorato della sera
precedente, seduto sul bordo della fontana, era il ladro in attesa che ci addormentassimo. Le cose lasciate sulle scale avevano
impedito che la porta si aprisse del tutto. Il nostro amico rimase incredulo di non essere stato preso in considerazione. Il suo camper era più piccolo e molto più
vecchio. E questa fu la sua fortuna, poiché nessuno lo toccò durante tutto il
viaggio.
Quest’episodio mise il malumore, facendoci perdere un po’ l’entusiasmo della partenza. Attraversammo la Francia meridionale nell’arco di poche ore. Il ricordo di Marsiglia è rimasto indelebile. L’area era piena di camper parcheggiati e probabilmente non fummo i soli ad aver avuto visita. (Continua)
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