Relazionarsi è un’impresa ardua. Spesso viviamo
solo nella nostra testa. Lì restano i discorsi, un parlamento di voci in lotta. Ogni giorno partoriamo
idee, giuste o sbagliate che siano, su cui costruiamo la nostra vita. Molti
hanno la presunzione di credersi infallibili, affidandosi alla ragione, ai
calcoli, ai fatti. Ma proprio la ragione produce fallimenti, delusioni,
avversioni, negligenze. Tutto si basa sul dialogo: parlo io, parli tu, ci comprendiamo, prendiamo decisioni. A
volte ci comportiamo sull’onda delle emozioni o delle avversioni, delle paure,
escludendo il confronto, lasciando spazio alle varie possibili interpretazioni dei fatti e deduzioni sbagliate. Le parole sono uno strumento
formidabile ma le usiamo più per ferire che per spiegarci.
Il nostro orgoglio preclude alla parola il suo vero uso:
svelare le angustie del nostro animo, alleggerire le pressioni interiori, manifestarci
agli altri. Ragioniamo pressappoco così: “E’ inutile dire questa cosa, perchè
la sa già!” Oppure: “Glielo devo dire io che le cose stanno in questi termini?”
O anche: “E’ un suo dovere sapere, perchè devo spiegarglielo io?” Queste sono
le frasi orgogliose, che impediscono qualsiasi tipo di confronto.
Noi non siamo il centro del mondo. Siamo anche il risultato delle parole non dette, evitate, siamo per metà quello che abbiamo creduto,
quello che non abbiamo voluto vedere o sentire. Le relazioni, i rapporti soprattutto
con le persone della nostra sfera, funzionano così. Quanti schemi mentali su
cosa, come e perchè dirlo, e forse alla fine non dirlo. A volte, mentre
possiamo sembrare sensibili, evitando di provocare la suscettibilità, le incomprensioni,
i dispiaceri, le infelicità nell’altro non parlando, offendiamo proprio col nostro
mutismo.
Ma alla base c’è anche altro: spesso siamo proprio noi a non
comprenderci e la confusione dentro si traduce in silenzi. Proprio in questo caso servono parole. Non si parla solo quando abbiamo le idee chiare. L’indecisione assume contorni migliori esprimendosi, la paura può
passare parlando, la preoccupazione può scemare condividendola. C’è chi ha sempre risolto i problemi da solo, evitando perdite di tempo nel raccontarli ad altri.
La vita è fatta di momenti e lasciarsi dietro una serie di incomprensioni,
credendo che il tempo risolva tutto, è un modo infantile di agire. Non
spiegarsi è la forma per alimentare illazioni e interpretazioni errate, che non
fanno altro che remarci contro. Se si sceglie di vivere tacendo, preferendo di vivere al buio, non si può esigere dagli altri quello che noi evitiamo. La vita va sempre condivisa, un dovere verso se stessi e verso gli altri.
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