Sul mio pianerottolo, a destra, gli operai
hanno posto uno steccato con tre assi e quattro chiodi per arginare un muro che
va rifatto.
Tanto è bastato per riportarmi ai miei
disegni di steccati di quando ero scolara. Chi di noi non si è trovato a
disegnare uno steccato alla fine della casa sul foglio, come un’appendice su
cui poggiarci fiori, rami, persone affacciate. Assi affossate nel terreno per
delimitare un solco, uno spazio, un confine. Ogni mia casetta ne aveva uno,
disegnato con cura. A volte erano approssimativi, altre solo accennati, ma
sempre presenti. Un dovere aggiungerlo là dove non sai cos’altro mettere.
Cambia in base al legno, alla forma, all'uso che se ne fa. Mi piacciono quelli
un po’ screpolati, abbattuti, divelti, hanno sembianze umane nelle nostre varie
condizioni. Dicono ciò che hanno subito, quando sono stati costruiti, che
cosa hanno attraversato. Un paesaggio, dal vivo o sul foglio, acquista valore
se contiene uno steccato. Si percepisce la presenza dell'uomo in quel
miscuglio di naturale e antropico.
Un mio dipinto ne mostra uno tra massi
laterali a dividere due parti di un prato. Mi è costato molto limare quei sassi
intorno, uno sull'altro e dare il colore giusto al legno. In un dipinto che ho
prodotto in Cornovaglia, invece, ho perso più tempo a dipingere lo steccato che
a rifinire i fiori. La difficoltà era dosare la giusta luce per proiettare la
reale ora del giorno. Ma il fascino dello steccato risale alla mia infanzia: ce
n’erano tanti nei campi e lungo i sentieri che portavano ai monti. Una volta
mio nonno ne costruì uno piccolo sul sentiero del bosco: serviva ad affacciarmi
e ammirare il mare dall’alto. A guardare giù avevo le vertigini al pensiero
che, se non avesse retto, mi sarei trovata giù.
Altro ricordo indelebile le mie
passeggiate, da bambina, per i sentieri intorno alla casa dei nonni. Mi
intrattenevo spesso a giocare accanto agli steccati, avevo maggiori possibilità
di destreggiarmi. Altre volte rovistavo il legno scoprendo corridoi di
formiche, tane, file d’insetti, gocce di resina, buche in cui appoggiavo i
polpastrelli per capirne la profondità. Altre volte, con un punteruolo incidevo
nel legno rappresentando quello che vedevo nei campi. Raramente l'ho visto in
veste di divieto, come sul mio pianerottolo. Eppure molti hanno questa
funzione. In questo caso indica un pericolo da evitare, mentre altre volte un
confine da non varcare. Il mio steccato è un modo affettuoso di accogliere e
preservare. Ogni altra sua funzione non la sento mia.
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