Metti che un giorno guardandoti
allo specchio ti succeda quello che accadde a Vitangelo Moscarda, il protagonista
di Uno nessuno centomila, romanzo del
1925 di Luigi Pirandello, che si sentì dire dalla moglie di avere il naso storto,
fino a quel momento creduto dritto.
Guardandosi meglio scopre altri difetti di
cui non era a conoscenza. Nota per la
prima volta che il suo aspetto non era come credeva e che gli altri vedevano di
lui quello che non pensava di essere. Si poneva non solo un problema di vanità ma anche di
identità, di chi fosse realmente: quello che vedevano gli altri o quello che sentiva
di essere? Cade sotto i colpi di una critica dopo aver creduto per una vita di
essere privo di difetti. E’ come quelli
che affermano “Ho sempre fatto così e continuerò a farlo” convinti di avere la
certezza assoluta come Vitangelo aveva avuto fino a quel momento. Quella
piccola osservazione lo scopre fragile e sconosciuto a se stesso. Spesso, più
di quanto crediamo, prendiamo in giro proprio noi stessi. Vitangelo si guarda
allo specchio, nelle varie parti del profilo e non può che arretrare davanti
all’evidenza. Forse non si era mai guardato come la moglie lo aveva visto o era
passato sul naso adunco facendo finta di sentirsi sicuro del suo profilo? O
forse aveva per tanto tempo nascosto a se stesso volutamente la verità credendo
che gli altri non la notassero? Era più importante essere quello che voleva o come
gli altri, a sua insaputa, lo avevano sempre visto? Ed era sicuro della vista
degli o anche loro erano stati approssimativi e poco oggettivi? E poi, di quale
oggettività parliamo, di quella che vediamo noi o quella degli altri? Spesso
siamo noi e spesso gli altri, i Vitangelo Moscarda, uomini sicuri della realtà che
vedono, come lo sono gli altri della loro e da qui scaturiscono tante incomprensioni
e approssimazioni. Con quanti Vitangelo Moscarda veniamo a contatto facendo noi
la parte della moglie mentre loro sembra ci vedano per la prima volta? Le
persone sono convinte di essere il meglio di se stesse, e solo dopo un
confronto fanno i conti con quello che realmente sono. Persone imperfette, con
qualche problema irrisolto e con la convinzione di stare nella posizione
migliore. La scoperta di Vitangelo è percepire che gli altri non hanno il suo
punto di vista e da qui ne nasce una crisi di identità. Non sa più chi è, per
questo il titolo Uno nessuno centomila,
e come lui anche noi cambiamo personalità continuamente, tanto da spaventarci
quando gli altri non ci vedono come quelli
del giorno prima. I rapporti si caricano di ambiguità per difendersi da
possibili cattiverie o per portare gli altri alle nostre conclusioni. Il
rapportarsi agli altri non è solo
questione di onestà o verità, che talvolta variano con noi e in base al punto da cui si vede. Molti si comportano
con gli altri in modo non riconducibile a
quello che realmente sono, adottando strategie per preservarsi dal
sopruso. La realtà non è oggettiva ma soggetta a cambiamenti e proiezioni
quanti sono i punti di vista che la osservano. Il relativismo pirandelliano
afferma che niente è come sembra e tutto cambia con il variare della
prospettiva. Il fatto che la moglie dica
a Vitangelo di avere un naso
adunco quando anche lei non se n’era mai accorta nella loro vita
coniugale, sottende anche a una sua leggerezza in tutto quel tempo in cui non è
riuscita a scoprire il marito per come realmente era. Anche lei è sottoposta al
continuo divenire della vita e, mentre prima non aveva fatto caso a quel naso, ora non solo lo vede per la prima volta,
ma glielo rinfaccia come se fosse una colpa del marito e non una sua
indelicatezza. La nostra personalità varia come la nostra fisionomia: giorno
per giorno. Come la pelle muta colore, spessore e trama, così anche la
personalità. Quanti incontriamo che, da un giorno all’altro, riportano atteggiamenti
nuovi facendoci credere quasi di essere noi persone strane. Un amico che cambia
modi nei nostri confronti, un altro che prima ci evitava e poi ci tratta da amico,
un altro che trova in noi cambiamenti che non avevamo notato, sono la realtà “mobile”
cui ogni giorno ci imbattiamo. I rapporti cambiano in base al tempo, alla forza
con cui li imbastiamo. Non ci sono spiegazioni, sappiamo solo che quelle
persone possono avere un effetto negativo su di noi e al loro cospetto ci
sentiamo a disagio. Le relazioni vanno ridimensionate continuamente, discusse,
riprese e quello che a volte crediamo possibile è solo un’illusione. Quante
discussioni in nome della verità, della giustizia, della trasparenza, del
merito. Tutto finto. Agiamo e parliamo in base alla nostra esperienza maturata
che è in continuo divenire. Ecco allora che se un giorno notiamo nella nostra
amica un neo che non c’era prima e glielo diciamo in segno della nostra amicizia,
lei può prenderla come un’offesa. Dirà che siamo strane, che non siamo le
solite, solo perché non accetta da noi quell’osservazione. Lo stesso accade quando ci riferiscono sul nostro aspetto
fisico e sulla nostra personalità. I contrasti nascono per credere di essere
sempre gli stessi e per gli altri che si
arrogano il diritto di vederci diversi. Da questa idiosincrasia oserei dire “relazionale” elaboriamo i nostri
rapporti e in essi scorre la nostra vita. E se un giorno una persona ci sembra
buona e in un altro cattiva, è solo perché noi stiamo guardando per la prima
volta quella persona da quel punto di vista. Alla fine del romanzo Vitangelo
Moscarda capisce che niente è fermo e tutto cambia, tutto prende forma da noi
ed è bene vivere in queste continue trasformazioni che ci diamo:“ La
vita non conclude. E non sa di nomi, la vita. Quest'albero, respiro tremulo di
foglie nuove. Sono quest'albero. Albero, nuvola, domani libro o vento: il libro
che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo » Le parole non bastano a
definirci al cospetto degli altri, talvolta risultiamo sconosciuti perfino a
noi stessi e molte relazioni non sono altro che continui errori, uno sull’altro
che non ci fanno incontrare mai. Se conoscersi è un terno al lotto, figuriamoci
pretendere di essere conosciuti dagli
altri. E se la ragione ci viene in aiuto per scoprirci meglio, dall’altra si fa
avanti l’ego e poi l’inconscio, e poi l’orgoglio e ancora la vanità o la
giustizia, la verità, la delusione che aggiustano il tiro e stirano il nostro
essere. E continuando in questo barcamenarci non avremo mai rapporti veri, solo
approssimativi, a volte sì a volte no, altalenanti, fatti di mezze verità,
mezze paure, mezze ritrosie, incomprensioni. E’ il relazionarci che crea i
presupposti per difenderci da tutte queste forme di vite sovrapposte che
rappresentano uno scudo per pararci, non solo dagli altri, ma soprattutto da
noi stessi che, a nostra volta, non saremmo niente se non avessimo il confronto
con gli altri.
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